Leonardo DiCaprio il fenomeno. DiCaprio il predestinato. DiCaprio lo sfortunato. DiCaprio l’incompreso. DiCaprio il sottovalutato. DiCaprio il protagonista.

Probabilmente vi aspetterete di leggere una lunga e approfondita disamina sul perché, stavolta, quello che è a tutti gli effetti l’attore più rappresentativo, talentuoso e riconoscibile degli ultimi 20 anni, meriti finalmente di vincere quella stramaledetta statuetta dorata. E invece no. Perché nell’ultimo film di Alejandro Gonzalez Inarritu, uno che gli Oscar li conosce fin troppo bene (con Birdman, lo scorso anno, se ne è portati a casa tre), c’è veramente molto di più e magari non è nemmeno sempre qualcosa di positivo ma sicuramente non c’è la sola prova, ammirevolissima, di Leonardo DiCaprio.

The Revenant 6

Siamo nel Nord Dakota nella prima metà dell’800 ed una guida di montagna di nome Hugh Glass viene assunta da un gruppo di cacciatori di pelli. Sulla strada del ritorno la spedizione viene attaccata da una tribù di pellerossa, il cui capo è alla ricerca di sua figlia (rapita invece da un gruppo di cacciatori francesi). Nell’attacco perdono la vita circa trenta uomini. Il resto della compagnia si ritira fra le montagne. Proprio qui, Hugh viene aggredito da una feroce femmina di Grizzly intenta a difendere i suoi cuccioli. L’uomo riesce ad abbattere l’animale ma, ridotto in fin di vita, Hugh viene lasciato lungo la strada insieme a suo figlio Hawk (un giovane pellerossa avuto dalla moglie Pawnee), ad un ragazzo alla sua prima spedizione e al veterano Fitzgerald. La sete di denaro e l’istinto di sopravvivenza di quest’ultimo lo spingeranno ad abbandonare definitivamente Glass e ad uccidere il figlio, occultando ovviamente l’inumano gesto al resto della compagnia. E’ dalla fossa che era stata scavata per lui, però, che Hugh “resuscita” ed inizia il suo percorso di vendetta.

Già, la vendetta. Un qualcosa di talmente grande, un compito così gravoso da compiere che forse sarebbe meglio lasciarlo fare a Dio. Inarritu ci mostra cosa è capace di fare un uomo per amore e cosa invece è spinto a fare dall’odio. Revenant è un film che parla della vita e della morte e lo fa mettendole costantemente sullo stesso piano. Il confine tra il vivere e il morire è talmente sottile che spesso non ci è possibile comprendere pienamente quale delle due opzioni sia la meno distruttiva, per il protagonista. Redivivo è però anche un film che parla dell’odio, dell’odio che un uomo è capace di provare verso suo fratello, un sentimento forte quanto l’amore ed in grado di salvare delle vite quanto di distruggerle, in degli attimi che sembrano eterni. Eterni come i silenzi che dominano questa pellicola, antitesi totale di Birdman e dei suoi taglienti e lunghissimi dialoghi. Inarritu ci mostra il volto oscuro del sogno americano ma stavolta succede qualcosa di strano, a tratti di disturbante. Nel suo osare, ancora una volta, non riesce a risultare geniale. Il messicano da indubbiamente vita a 3-4 sequenze di grandissimo cinema, roba che rimane impressa nelle mente anche ore dopo la visione. Per il resto del film, però, la sensazione generale è che l’intento principale del regista sia quello di confezionare un prodotto su misura per le inumane doti recitative di Leonardo DiCaprio, con l’unica finalità di permettergli di vincere quella cosa lì. E’ una ricerca spasmodica e a tratti perfino ansiosa della grande interpretazione, del ruolo della vita. DiCaprio in effetti offre una prova di una generosità disarmante, probabilmente la più impegnativa della sua carriera. Eppure anche nelle sue urla, nelle sue smorfie di dolore, nelle sua ansimanti corse verso l’ignoto, c’è qualcosa di “artefatto”, tanto che il Fitzgerald di Tom Hardy (mostruoso, ancora una volta) riesce quasi rubargli la scena, vestendo i panni di una nemesi a lui speculare nel volersi sostituire a Dio, nel dare la morte alle persone che lo ostacolano in questo caso. Inarritu, dal canto suo, realizza qualcosa di visivamente incredibile ma il più grande limite del suo capolavoro registico è la consapevolezza. Inarritu comincia presto a piacersi troppo e spesso si specchia eccessivamente nella rappresentazione della violenza (e della sofferenza) umana ma soprattutto nella splendida fotografia di Manuel “Chivo” Lubezki (lui il terzo Oscar lo vincerà a mani basse). Il ritmo, purtroppo, risente di questa incessante vanità, che dilata negli splendidi e sterminati panorami canadesi la durata del film.

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Detto questo è doveroso fare una precisazione: non siamo parlando di un brutto film, anzi. Probabilmente Revenant rappresenta l’apice registico di Inarritu. Peccato che stavolta il suo talento non si sia esteso a macchia d’olio anche sulla sceneggiatura, l’elemento più controverso e magari meno digeribile del film. Ogni regista ha bisogno del suo colossal e probabilmente Inarritu ha sentito questo impellente bisogno di grandezza assoluta prima del tempo, prima di essere veramente pronto a fare la storia del cinema. Paradossalmente il messicano paga, in un certo senso, la sua generosità nei confronti di DiCaprio al quale cuce addosso il film senza però metterlo in condizione di rappresentarne il valore aggiunto. Arrivati a questo punto della recensione vorrete sicuramente un nostro pronostico sugli Oscar. Vorrete sapere se effettivamente DiCaprio ce la farà, stavolta, a vincere quella statuetta che avrebbe meritato a più riprese e che fino ad ora gli è sempre sfuggita. Noi questa soddisfazione non possiamo e forse non vogliamo darvela. Per il semplice motivo che non aggiungerebbe praticamente nulla al nostro giudizio sul film che non può essere entusiastico ma che non è nemmeno negativo.

re_select_5.00002709 Tom Hardy hunts for the person he had left for dead, in THE REVENANT. Photo Credit: Courtesy Twentieth Century Fox. Copyright © 2015 Twentieth Century Fox Film Corporation. All rights reserved. THE REVENANT Motion Picture Copyright © 2015 Regency Entertainment (USA), Inc. and Monarchy Enterprises S.a.r.l. All rights reserved. Not for sale or duplication.

Inarritu è come i protagonisti del suo film: cerca più volte di sostituirsi a Dio ma le sue azioni lo riportano sulla terra, tra i comuni mortali. Questa volta non saranno delle statuette dorate a decidere se questo sia o meno un grande film. Mai come questa volta conterà cosa ognuno di noi cerca in una pellicola…E come reagisce quando poi lo trova, sia pur in mezzo ad una landa desolata coperta di neve e macchiata dal sangue di chi ha lottato per i propri ideali.

Simone Bravi
Nasce nella capitale dell'impero tra una tartaruga ninja, un Mazinga e gli eroi del wrestling dell'era gimmik. Arriva a scoprire le meraviglie del glorioso Sega Mega Drive dal quale non si separa mai nonostante l'avvento della PlayStation. Di pari passo con quella per i videogame vanno le passioni per il cinema, le serie Tv e i fumetti. Sembra Sheldon di The Big Bang Theory ma gli fanno schifo sia Star Trek che Star Wars. E' regolarmente iscritto all'associazione "Caccia allo Juventino".