Stay Nerd ha avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con Toni Bruno, in quel di ARF! 2017, autore per BAO del graphic novel Da quassù la Terra è bellissima, che ci ha raccontato qualcosa del suo metodo come autore completo e anticipato qualcuno dei suoi progetti futuri. Vediamo com’è andata, nel resoconto della nostra intervista!

Innanzitutto, grazie per questa intervista. Cominciamo con una domanda veloce: cosa ne pensi di questa terza edizione di ARF!?

Mi sembra una fiera, anzi, un festival in crescita. Sta crescendo veramente bene. Ogni anno si vede la qualità sia dal punto di vista organizzativo sia per quanto riguarda la partecipazione di autori, case editrici e lettori, che è impressionante. È un festival a misura d’autore e a misura di famiglia. Mi piace perché lo vivi in maniera facile, tranquilla, c’è la possibilità di scambiare serenamente due chiacchiere con chiunque e di parlare. Diciamo che è decisamente più vivibile di altri. È una delle fiere che preferisco, sia per quello che offre che per come lo offre.

Da quassù la Terra è bellissima è il tuo graphic novel per BAO ambientato in un periodo preciso, quello della Guerra Fredda, che presenta anche e soprattutto un profondo sviluppo psicologico dei personaggi. È stato difficile conciliare questi due aspetti?

Guarda, posso dire che mi è venuto naturale perché alla fine ho avuto lo stesso approccio che ho con la quotidianità. Le problematiche e le gioie che affronti tutti giorni fanno parte di un contesto spazio-temporale e spazio-culturale che ti lancia continuamente degli stimoli, da cui attingi per superare degli ostacoli. Più o meno, ho usato questo approccio, prendendo un periodo che potesse aiutarmi nel creare delle metafore che poi fanno parte della vita reale. Ci ho solo cucito sopra una storia e dei personaggi che ho realizzato prendendo molto da me stesso, da quello che volevo dire, dalle mie paure da esorcizzare mettendole su carta. Tra l’altro, il primo soggetto che avevo presentato a BAO parlava sempre del disturbo post-traumatico da stress ma era molto diverso, una sorta di horror ambientato in un mondo post-apocalittico. Chiaramente, Michele Foschini mi disse: “Guarda, io ho capito di cosa vuoi parlare, ma il contesto non ti aiuta moltissimo. Chi si aspetterà un fumetto di intrattenimento, si ritroverà un’altra storia e chi invece cercherà un’altra storia si ritroverà in mezzo”. Questa cosa mi ha fatto riflettere, fu uno dei “no” più formativi della mia carriera. Non a caso, in appena una settimana avevo elaborato un altro soggetto. Lo inviai e andò bene. Poi cominciai a studiare documentazione, ambientazioni, etc. Per coinvolgere il lettore in quello che sta leggendo ritengo importante non solo l’aspetto storico ma anche quello culturale. Ad esempio, nel fumetto parlo tanto del rapporto psicoterapeuta-paziente, e ho dovuto studiare molto al riguardo, per vedere a che livello erano in quell’ambito nel 1961. Un lavoro di ricerca che mi ha aiutato tantissimo per cucire poi tante altre cose che riguardavano non solo i personaggi primari ma anche quelli secondari.

Se posso chiedere, perché questo focus sul disturbo post-traumatico da stress?

Ho cercato di raccontare questa storia nel modo più onesto possibile. Volevo parlare di cose che ho vissuto direttamente senza ricorrere all’autobiografia, perché non sono bravo. Mi perdo in didascalie, non riesco bene a concentrarmi. Diciamo che, un po’ come gli attori dell’antica Grecia, nascondersi dietro a una “maschera” è utile a raccontare meglio esperienze personali e, nel mio caso, dinamiche che conosco e di cui volevo parlare. Sento spesso in giro che ci si sente soli nel vivere determinate esperienze, come fossero un’esclusiva. Per quanto possa essere un disturbo che fa soffrire, la solitudine del chiudersi, del non voler raccontare, è una problematica considerevole. È stato anche un modo per dire: “Sappi che non sei solo, non sei l’unico, è un problema che affligge molte persone, non vergognarti, non rintanarti in te stesso”. Per questo mi ha aiutato molto la metafora della Guerra Fredda, perché allora si aveva paura di qualcosa che non vedevi. Non si è mai vista una bomba, non si è mai visto un ordigno, per quanto si sapesse che una nazione era armata. Si viveva nel continuo stress che qualcosa potesse succedere. Soffri sempre di quell’ansia, del terrore che possa accadere un evento terribile, ma non lo provi mai, non lo vedi concretamente. Secondo me, la Guerra Fredda calzava perfettamente su questo tema.

Da quassù la Terra è bellissima ti vede come autore completo. Come vivi questo doppio processo di creazione? Parti dall’immagine per poi aggiungere i testi o viceversa?

Sono due cose che camminano parallelamente. Ci sono delle sequenze che non riesco a vedere se non faccio recitare i personaggi, dunque lavoro più sui dialoghi, e da questi riesco a creare mimiche che mi permettono di raccontare la scena. Altre volte, invece, quando si parla di sequenze più oniriche, meno razionali, mi faccio guidare più dalla parte grafica. In generale, quando lavoro ho comunque una scaletta. So cosa succede e quali sono i punti principali. Poi, naturalmente, quando mi metto all’opera, succede che mi vengano altre idee o altri spunti per arrivare dove voglio arrivare.

È anche un modo per non annoiarsi, per soprendersi.

Mi annoio di meno, anche perché se facessi una sceneggiatura rigida la cambierei di continuo. Poi, stranamente, le storie si evolvono, anche diversamente dal modo in cui stanno agendo dentro di te. Possibilmente una sequenza che avevo immaginato in una certa maniera cambia a seconda degli eventi che ho vissuto in quel periodo. Chiaramente, lavorando in questo modo, tante volte apro degli interrogativi che mi segno con un post-it, per ricordare che quell’interrogativo prima o poi dovrò anche chiuderlo, anche se in quel momento non so ancora come.

Interrogativi di che tipo?

Ad esempio, se la storia comincia con l’introduzione di un personaggio per cui lascio intendere una vicenda particolare di background, quando quest’ultimo compie un gesto particolare dovrò spiegare perché lo fa. Ho la tendenza a pormi questo tipo di interrogativi sia per il plot principale sia per i personaggi del sub-plot, secondo me almeno altrettanto importanti e che spesso mi permettono di gestire la trama.

Quali sono i progetti futuri di Toni Bruno?

Sto lavorando al prossimo libro per BAO, previsto in uscita per la fine del 2018. Poi sto lavorando come disegnatore ad un albo della serie regolare di Dylan Dog.

Wow! Puoi anticiparci qualcosa?

Posso dirvi qualcosa sul mio prossimo graphic novel: sarà ambientato durante una spedizione in Antartide della fine dell’ottocento. Parto di nuovo da un contesto spazio-culturale e ci tesso sopra delle trame. C’è un personaggio che secondo me merita di vivere una storia del genere, perché si tratta di una figura che viene citata spesso ma di cui si conosce poco, che quindi merita di avere un racconto tutto suo.

Perfetto. Grazie mille ancora per quest’intervista da parte di Stay Nerd!

Grazie a voi!