C’era una volta, a Roma, il Romics…

…Poi un giorno ci fu l’ARF, e Roma ebbe finalmente una fiera di fumetto. Tanti fumettisti e fumettari lo approcciarono timidamente, quasi con diffidenza, eppure era reale: un posto dove incontrare e chiacchierare con autori, famosi o esordienti, senza sgomitare, dove seguire conferenze interessanti e soprattutto scoprire meandri finora inesplorati del fare e fruire fumetto.

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Poi, l’anno dopo, l’ARF tornò, migliore di prima, e tutti quelli che l’avevano già conosciuto tirarono un grosso sospiro di sollievo, godendo del fatto che non si erano illusi, non era stato solo un felice “incidente”, o meglio, che se lo era stato, da rospo si era trasformato con un colpo di bacchetta in principesco appuntamento.

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Intendiamoci bene: questo è un articolo che vuole premiare la fruttuosa associazione dei cinque fondatori-organizzatori dell’ARF (Mauro Uzzeo, Stefano Piccoli, Daniele Bonomo, Fabrizio Verrocchi, Paolo Campana), non entrare in polemica con le precedenti e ancora parallele fiere del fumetto romano. Però è innegabile che il Romics fosse in modo palese e sincero una fiera commerciale di fumetto, videogiochi, giochi di ruolo e gadget vari, rivolta alle masse. L’ARF, pur non auto-ponendosi limiti di sorta, è una fiera artistica di e sul fumetto, con sfumature dedicate ai fumetto-derivati (cinema e giochi di ruolo).

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Il merito è radicato nel concept stesso, oltre che nel modo in cui si manifesta. Il fumetto è un’arte. Si può vendere, comprare, ma non è questo il punto. Il punto rimane che è un’arte in ogni sua eterogenea declinazione. Una volta lo si considerava comunemente sub-cultura, l’ARF si erge a roccaforte di chi vuole restringere sempre di più quel “comunemente”. Evitando parentesi su come in realtà la definizione di sub-cultura può essere (e viene) sfruttata positivamente per ingannare l’utenza e allargare il mercato, la differenza sta nel fatto che non solo l’ARF piace a tanti, ma si comporta in maniera tale da guadagnarsi il rispetto anche di coloro che, per motivi sconosciuti e nefasti, non fanno uso di fumetti nella vita.

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Ma ora, dopo simili elucubrazioni filosofiche (il cui intento implicito spero sia colto e apprezzato), veniamo a questa edizione dell’ARF, appena conclusa. Tre giorni: venerdì, sabato, domenica. Il luogo, dall’Auditorium del Massimo (zona Eur) che era l’anno passato, è diventato il Macro (Testaccio), ambiente forse meno arioso e più arzigogolato del precedente ma sfruttato in maniera impeccabile. La diversità degli spazi si è fatta varietà, mettendo bene in risalto l’upgrade vistoso di contenuti.

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Esposizioni e panel di autori grandi e grandissimi (Rita Petruccioli, LRNZ, Ortolani e, beh, Hugo Pratt, quest’ultimo nella splendida mostra dedicata “Incontri e Passaggi“) si aggiungono, in spazi appositi, all’alternarsi di conferenze a tema (per citarne giusto un paio: una sui cinefumetti, una su reboot e rilanci, una sul fumetto indipendente, una su Andrea Pazienza…) e di Masterclass, o “Masterclarf”, ovvero mini-corsi di 3 ore a pagamento non eccessivo di alcuni big del fumetto (stavolta voglio scriverli tutti: Recchioni, Gipi, Artibani, Ortolani e Bevilacqua, LRNZ, Annalisa Leoni e Lorenzo De Felici). In più, la “fossa” del torneo di Bruti (gioco di carte ideato e realizzato da Gipi, che seguiva personalmente il torneo) e l’Area Kids, con attività divertenti e didattiche. Confermata anche l’iniziativa Job ARF!, che offre l’opportunità, superata una pre-selezione, di incontrarsi con numerosi editor e proporre un proprio progetto a fumetti. E poi, naturalmente, gli stand delle case editrici, la stragrande maggioranza, oltre a un paio di fumetterie e altrettante scuole di fumetto.. Senza contare che se siete dei fanatici della dedica, non soltanto la probabilità di beccare l’autore dei vostri sogni è sempre alta, ma capita spesso anche di farci una chiacchierata tranquilla. Ve lo giuro, tranquilla!

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Fosse solo questo il bello, sarebbe già più che abbastanza. Ma non vorremmo che non coglieste il sentimento. Avete presente le mostre cui la gente va in gruppo, con qualcuno che tende a “trascinare” e qualcun altro a “essere trascinato”? Ecco, all’ARF tutti si trascinavano a vicenda, nessuno era scontento di trovarsi dov’era.

Indubbiamente, quest’anno è stato la seconda riuscita di un ottimo esperimento, che non possiamo non augurarci di ripetere gli anni venturi, sempre più in grande, sempre nella maniera giusta.

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Ultimo ma nient’affatto meno importante: quest’anno per la prima volta si è consegnato il Premio Lorenzo Bartoli, personalità gigante del fumetto italiano che, nonostante la recente scomparsa, come nessun altro è ancora presente e fortissima nell’eredità artistica e culturale che ha fondato, lanciando e collaborando decine di giovani talenti, oggi cresciuti e rivelatisi tutti scommesse vinte. Il premio, orgogliosamente sponsorizzato da Verticomics e da noi di Stay Nerd, destinato alla migliore promessa del fumetto italiano, è stato vinto dopo una competizione serratissima da Bianca Bagnarelli (oltre a lei, i finalisti erano Giulio Rincione, Martoz, French Carlomagno e Fabrizio Des Dorides), cui ora sono forniti i mezzi economici oltre che mediatici per produrre liberamente una propria opera a fumetti. Oltre ai dovuti complimenti alla vincitrice e a tutti gli autori in gara, è importantissimo e bellissimo poter continuare ad aiutare giovani talenti, ricordando nello stesso tempo con emozione e gratitudine Lorenzo, uno che questa abitudine / virtù ce l’aveva nel sangue.