Un film dove gli stuntman si sono buttati da 38 metri per fare i salti della fede.

Quest’anno Assassin’s Creed non ha visto uscite, se ci limitiamo a pensare ai giochi principali, e aggiungeremmo un “per fortuna” dal momento che la serie stava vivendo un periodo particolarmente fiacco. L’ultimo Syndicate non aveva avuto neanche un accettabile riscontro in termini di vendite, se pensiamo alla media che Assassin’s Creed ha sempre avuto. La parte del leone quest’anno tocca quindi al film, nelle sale dal 4 gennaio.

Il progetto di Ubisoft e 20th Century Fox è ambizioso: creare un film che porti al cinema sia gli amanti del gioco che chi non si è mai avvicinato alla serie, con un film che ha il preciso obbiettivo di sovvertire l’idea comune che vede il tie-in come l’Idea platonica di mostruosità. Nel frattempo, contestualmente al film, verranno distribuiti un romanzo, aderente alle vicende della pellicola, ed un fumetto che gli funge da spin-off. Ora che vi abbiamo descritto un po’ del contesto in cui si muove il primo film della serie che nacque con Altair, vediamo come si comporta effettivamente la pellicola.

Callum Lynch (Michael Fassbender) è stato condannato alla pena capitale. A condanna eseguita, invece di svegliarsi nel mondo dei morti, il nostro riaprirà gli occhi in un’asettica stanza, accolto dalla dottoressa Rikkin (Marion Cotillard), dalla quale scoprirà che grazie alla memoria genetica e all’Animus è possibile rivivere le gesta di propri antenati. Il Nostro viene così improvvisamente lanciato in mezzo alla guerra tra le antiche sette degli Assassini e dei templari, in lotta per entrare in possesso della Mela dell’Eden, durante l’inquisizione spagnola sull’isola di Malta. Non vi diremo altro riguardo alle vicende del film, ma sappiate che la parte narrativa è tanto piacevole per certi versi quanto debole per altri.

Piacevole innanzitutto perché ha una certa aderenza ai videogiochi da cui è tratto il film, nonostante riesca a distaccarsene e ad avere un’identità propria. Il ritmo c’è, la storia non incontra mai fasi statiche, anche grazie alle tantissime sequenze d’azione su cui torneremo più tardi, e lascia qualche interrogativo e punti su cui riflettere. Purtroppo, d’altra parte, i personaggi sono tutt’altro che memorabili. Il terzetto che sorregge il film è composto dal protagonista, dalla dottoressa Rikkin e dal padre (Jeremy Irons), e purtroppo nessuno dei tre riesce ad essere approfondito. Non per una mancanza del cast o per scarsa performance, ma semplicemente perché i personaggi sembrano avere poco da dire. Non sono profondi, non crescono se non in modo timido e banale, ed anche il loro background risulta, fatto salvo Callum, praticamente non pervenuto. Non che ci aspettassimo di vedere i personaggi di Dogville, però si sarebbe certamente potuto fare molto di più, a maggior ragione in vista di possibili sequel.

a

L’aspetto certamente meglio riuscito del film è però quello tecnico, dove si vede lo sforzo della produzione di non abusare di computer grafica ma di far realizzare tutto (compresi i salti della fede), a degli stuntman se non direttamente agli attori. Le sequenze di inseguimento sono velocissime, con lunghe sessioni di parkour che possono solo far domandare allo spettatore come sia possibile che un essere umano faccia certe cose.

Allo stesso modo i combattimenti sono realizzati in maniera eccezionale, ed è possibile percepire una grandissima fisicità e la pesantezza dei colpi, il tutto nobilitato da coreografie magistrali. La regia segue questi momenti con grande maestria, riuscendo a rendere perfettamente chiare e leggibili anche gli scontri potenzialmente più confusionari e gli inseguimenti più intricati.

b

Tutto questo si muove sul magnifico teatro di Malta, “truccata” per l’occasione per assomigliare il più possibile alla se stessa di qualche secolo fa. Le location sono sempre state uno dei fiori all’occhiello della produzione Ubisoft, e anche il film non è da meno, nonostante l’inquisizione spagnola sia un periodo storico mai sfiorato dai videogiochi. Ma ovviamente Assassin’s Creed non è solo passato, e anche il presente, seppur limitato nelle location, è piacevole e ben confezionato. I laboratori-prigione in cui si muove Callum hanno il giusto livello di claustrofobia, e sembra impossibile evaderne nonostante la mancanza di sbarre alle finestre, che guardano su Madrid.

Una rivoluzione stilistica rispetto alla controparte poligonale l’ha subita l’Animus, la macchina che permette di tornare nel passato. Ora è composto da un grande braccio meccanico, che prende il protagonista per la vita e gli permette di muoversi liberamente. I puristi probabilmente storceranno il naso, ma è giusto notare come, in un film, un lettino con Fassbender sdraiato sopra sarebbe certamente stato di minore impatto rispetto all’attore, senza maglietta, che tende i muscoli e schizza in ogni direzione.