“Anche se sostituisco efficacemente le cose che ho perso, non sarà mai lo stesso.”

Arrivato con la stessa sorpresa con cui il Falco ritornò ad illuminare il mondo, Berserk torna al mondo dei videogame dopo oltre dieci anni di assenza, cioè da quell’uscita su PS2 (era il 2004) che con un po’ di disappunto non uscì dai confini del Giappone. Per il resto, non è un mistero che Berserk non abbia mai goduto della giusta attenzione da parte del settore videogame, complice forse una violenza a tratti esagerata e la presenza di contenuti molto maturi senza i quali parte della trama perde di valore e spessore. È così: Berserk non va censurato per nessun motivo, tant’è che l’unica opera coraggiosa e valida dobbiamo andarla a cercare nientemeno che nella libreria Dreamcast, quando Yuke’s pubblicò il suo apprezzatissimo Sword of the Berserk (era il ’99). Oggi, in concomitanza al trentennale del brand, e conseguentemente al ritorno di fiamma del mondo anime, Berserk torna finalmente a farsi giocare, grazie agli sforzi di Koei Tecmo e Omega Force che, neanche troppo a sorpresa, trasportano il mondo di Gatsu e compagni nelle meccaniche tipiche del filone “musou”. Tanti nemici, livelli a corridoio, e indicatore delle vittime in continua impennata verso l’alto.

Una strada lastricata di cadaveri

Ripescando a piene mani dall’epopea intavolata da Kentaro Miura, Berserk and the Band of the Hawk ha dalla sua l’innegabile pregio di ripercorrere buona parte dell’epopea di Gatsu, avendo cura di presentare la storia del “Lottatore”, dalla sua gioventù fino a quello che è l’arco fumettistico più recente, ossia quello del “Falco dell’Impero Millenario”. In tal senso Omega Force ha compiuto un lavoro pregevole, avendo cura non solo di ricostruire abbastanza fedelmente gli eventi del manga, ma anche riprendendo battute, scontri e luoghi dell’opera originale, il tutto ovviamente in salsa musou.

Partendo dunque dalle tristi origini di Gatsu (qui Guts, per motivi di linguistica di cui, tra le molte altre cose, vi abbiamo parlato qui), The Band of the Hawk ci mostra prima l’ingresso di quest’ultimo nella celeberrima Squadra dei Falchi, poi gli anni di spensierata amicizia con i suoi nuovi compagni, e il travagliato rapporto affettivo con Grifis. Da qui il titolo compie un salto abbastanza ampio, sicché dall’Eclisse che portò alla nascita di Phemt si passa direttamente ai primi confronti con Farnese e la sua Sacra Catena, per arrivare infine a quello che è l’arco odierno in cui Gatsu, come saprete, è accompagnato non dal solo elfo Pak ma da diversi nuovi amici. Tutti in viaggio verso il regno degli elfi nella speranza di ridare la ragione a Caska.

La trama vi porterà via una ventina d’ore e, a onor del vero, questo è forse uno dei musou più interessanti dal punto di vista della difficoltà, specie quando ci si confronta con i tostissimi Apostoli, in certi casi capaci di seccarci senza troppe difficoltà. Il punto è che per motivi che non comprendiamo Omega Force ha deciso di tagliare alcuni momenti della storia ed alcuni personaggi, finendo poi per stringere in modo “disonesto” anche la rosa di personaggi giocabili (praticamente solo 10, a dispetto dell’innumerevole mole di nemici e comprimari presenti). Se per certi versi l’assenza di qualcuno non vi turberà più di tanto, quella di altri si farà invece notare eccome, lasciando il fan più navigato con un leggero retrogusto amaro in bocca. Personaggi come Azan o Sonia sono del tutto assenti dalla narrazione, nonostante il peso degli stessi nel racconto originale, e da questi tagli non sono stati salvati neanche eventi importanti e “ingombranti” come lo scontro con l’Apostolo Lucine qui, come altri, completamente glissato.

I motivi non sono chiari, anche perché Berserk, come avrete capito, non si risparmia affatto dal punto di vista narrativo, né tantomeno sotto il profilo della violenza, altro ambito dove Omega ha lavorato con un pizzico di evidente furbizia. Utilizzando alcune parti dei tre film recentemente dedicatigli, e delle cutscene con motore di gioco, The Band of The Hawk mostra spesso alcune scene forti, legate a quelle che sono le tematiche dell’anime e, in tal senso, pienamente giustificate. Berserk, del resto, è un’opera titanica e cruda, che non ha risparmiato ai suoi lettori infanticidi, frattaglie, stupri, contenuti sessualmente espliciti e decapitazioni varie. Se l’effetto per il lettore è talvolta disturbante, per il giocatore tutto ciò è vero solo in parte perché, anche quando utilizza scene dei tre film (ovviamente esplicite), Omega si opera un’insensata censura, togliendo le scene più crude e lasciando solo schizzi di sangue e poco più. Anche momenti della storia “segnanti”, come la ben nota Eclissi, sono stati di molto ridimensionati, sicché smembramenti, arti mozzati o anche solo la scena in cui Gatsu diventa orbo, sono portate avanti in modo da non mostrare mai la crudezza cui l’autore ci ha abituati e questo, in un’ottica prima narrativa e poi “da fan”, è sbagliato per diverse ragioni.

L’ecatombe

Per quanto riguarda il gameplay, Berserk and the Band of the Hawk offre le tipiche meccaniche dei musou, con una mappa generalmente contenuta e a corridoi, con una pletora di nemici a dir poco esagerata. L’azione soffre come sempre della sua stra-discussa ripetitività sicché, anche quando il gioco ci pone degli obiettivi, essi non sono che una sparuta manciata. Si finisce sempre e comunque a correre battendo i tasti per spazzare via il maggior numero di nemici possibile anche se, prima e forse unica differenza in tal senso, la fa il roster di creature infernali molto al di sopra delle possibilità fisiche di qualunque nemico umano. I mostri e gli Apostoli danno effettivamente un pizzico di piglio in più agli scontri, e specie questi ultimi danno vita a quelli che sono i momenti più concitati dell’intera esperienza di gioco, il più delle volte per mezzo di boss fight 1vs1 molto spinose e impegnative. Tutto il resto è un banale button mashing, come sempre diviso tra attacchi deboli e forti, con una buona dose di combo e la possibilità per certi personaggi di trasformarsi per bagnare il campo di sangue. Anche a livelli di difficoltà più elevati l’unica variazione sono sempre i succitati Apostoli, gli unici in grado di darci autentico filo da torcere, più per mole di danni che per intelligenza artificiale.

Ad affiancare le due tipologie di attacco c’è poi un ricco set di attacchi secondari che, con il procedere dello story mode, renderà Gatsu sempre più efficiente. Ci sono dunque i coltelli da lancio, il cui uso gli fu insegnato da Judo, e con il quale stordire i nemici. Le bombe con cui infliggere qualche danno in più agli avversari in carne ed ossa. La balestra “a raffica” e l’iconico cannone a braccio, il cui scoppio devastante riesce a infliggere qualche danno persino alla scorza dura degli apostoli. Si tratta ovviamente di divagazioni sul tema, che poco aggiungono alla pletora di attacchi forti e deboli che sferrerete durante il gioco, ma che comunque ben si adattano al gameplay, offrendo persino qualche tatticismo. Attacchi forsennati porteranno poi al riempimento dell’apposita barra “Frenzy”, in pratica il parametro che regolerà la rabbia di Gatsu e, pertanto, perfettamente contestualizzata. La Frenzy ha diversi livelli, originariamente 3, cui se ne aggiungeranno altri con l’incedere dell’avventura. Ad ogni riempimento essa non si accumulerà ulteriormente, ma andrà invece usata tramite il tasto Cerchio, rendendo il personaggio più veloce e potente, e persino permettendogli di utilizzare una potentissima mossa finale, se e solo se il giocatore avrà riempito una seconda barra, quella del Death Blow. Quest’ultima può essere riempita solo quando il Frenzy è attivo e comunque solo facendo volare via i nemici (la qual cosa, comunque, non è affatto difficile, viste le dinamiche di gioco). La combo di Frenzy attivo e Death Blow pieno, inoltre, sono anche il modo con cui accedere alle succitate trasformazioni. Quella in Berserk per Gatsu (solo da un certo punto della storia in poi) o quella in Apostolo per personaggi come Zodd che, per grazia della Mano di Dio, rientra nella striminzita rosa di quei pochi personaggi giocabili disponibili.

Infine, ma con i tempi che corrono non è una sorpresa, il gameplay è sorretto da un piccolo impianto RPG che dà ad ogni personaggio una progressione a livelli il cui conseguimento dipende dai risultati ottenuti sul campo di battaglia (numero di nemici sconfitti in primis). Il sistema a livelli è molto semplice e non offre poi una grande interattività. I parametri dei personaggi salgono secondo uno schema pre-impostato che li differenzia alla base, e anche dal punto di vista degli attacchi è il gioco a decidere come e quando sbloccare le relative combo di fendenti. Quel che è invece demandato al giocatore è l’equipaggiamento. Ogni personaggio potrà infatti dotarsi di tre oggetti e di un cavallo, sia i primi che il secondo con una apposita rosa di parametri. Se i cavalli vanno semplicemente sbloccati ed equipaggiati, agli oggetti è invece legato un sistema di modifica e crafting abbastanza rifinito ed intuitivo, le cui possibilità si sbloccheranno con l’incedere dell’avventura. Sconfiggere nemici o Apostoli vi permetterà tanto di trovare oggetti nuovi (comuni, non comuni e rari) quanto materiali per poterli potenziare.

Oggetti particolarmente potenti potranno poi essere persino fusi, creando per voi l’ammennicolo perfetto. Sono infatti proprio gli oggetti la principale possibilità di potenziare i diversi parametri del personaggio, avendo essi stessi una moltitudine di bonus e malus, nonché potendo migliorare passivamente certi aspetti del personaggio come danni inflitti, durata del frenzy e persino l’attacco in sella. A ciò, nella nostra preparazione bellica, si affiancano poi le succitate armi secondarie e uno slot di 4 oggetti equipaggiabili ad uso limitato. Fondamentalmente, nulla più che dei bonus da attivare alla bisogna (più attacco, maggior oro droppato dai nemici, etc.) o più semplicemente unguenti e polvere di elfo per poter guarire dalle ferite. Questi oggetti, come gli equipaggiamenti, sono in parte legati alla storia, in parte invece del tutto casuali e possono essere fortuitamente reperiti in combattimento o acquistati, se si ha la fortuna di trovarli presso il negozio disponibile prima della battaglia.

La festa della rinascita

Archiviato lo Story Mode, Omega Force mette a disposizione del giocatore una modalità aggiuntiva ed a disposizione di tutti i personaggi sbloccati chiamata Eclissi Infinita. Si tratta di nulla più che una serie di ben 100 livelli, in cui destreggiarsi in setting particolarmente ostici e, come intuibile dal nome, per lo più infarciti di creature chimeriche e infernali. La particolarità dell’Eclissi Infinita, più che la sua altalenante difficoltà, sta nel fatto che i progressi vengono salvati ogni 25 livelli, mettendo il giocatore nelle condizioni di dover intraprendere lunghe rush di gioco, pena il cancellamento dei propri avanzamenti (ma non di oggetti o livelli eventualmente conseguiti). Il punto è che l’energia del vostro personaggio non verrà ristorata ad ogni nuovo livello, ma richiederà il conseguimento di certi obiettivi o l’ottenimento di oggetti curativi durante l’avventura. Il gioco, comunque, offrirà ogni 5 livelli la possibilità di riassettare il proprio equipaggiamento, di modificarlo e di scegliere il “filone narrativo” dei cinque livelli successivi. Detta in soldoni, i 100 livelli vengono praticamente proposti di 5 in 5, e sono strutturati come lunghe missioni con un leggero e vago sotteso narrativo, comunque sempre diverse in base al personaggio scelto. Completati i 5 livelli e, dunque, la missione, il gioco ci chiede di sceglierne una nuova premiandoci per la precedente e dandoci la possibilità di sistemare il set di equipaggiamento. E poi via verso il livello 100.

Non si tratta di una modalità particolarmente emozionante, anche se resta fondamentale per due motivi meramente completistici: il primo è quello relativo al ritrovamento dei Bejelit, qui semplice pretesto per completare dei mosaici di immagini e ottenere il relativo trofeo. Il secondo, e forse più stimolante, è il conseguimento di tre costumi segreti e di un ultimo, e importante, personaggio sbloccabile. Viene da sé che il completamento o meno dell’Eclissi Infinita, salvo che per sperimentare il moveset degli altri personaggi, è demandato solo alla vostra voglia di giocare innumerevoli ore alla stessa solfa proposta nello story mode, ma senza il fascino del racconto orchestrato da Kentaro Miura.

Il diavolo è nei dettagli

Arrivato in Europa come esclusiva PS4, Berserk and the Band of the Hawk è in realtà un titolo cross-gen. In Giappone Koei Tecmo ha infatti pubblicato il titolo anche per PS3 e, in quanto tale, il gioco mostra tutti i limiti tecnici tipici delle conversioni o, comunque, dei lavori cross-generazionali. Se da un lato abbiamo modelli dei personaggi principali a dir poco bellissimi. Ricchi di dettagli e con una colorazione che ben si adatta alle più recenti divagazioni anime del brand, dall’altro ci aspetta una situazione generale di una pochezza disarmante e no, non parliamo semplicemente delle ondate di nemici copia/incolla a cui i vari musou ci hanno ormai abituati. La texturizzazione degli ambienti, ad esempio, è spesso spalmata e imbarazzante, e le stesse location risultano quanto mai scarne e simili tra loro, salvo una manciata di esse, poche e iconiche, che per forza di cose andavano quantomeno richiamate (una su tutte la Torre di Sant’Albione).

Le animazioni non strettamente legate al combattimento sono povere, e le espressioni godono di stravaganti alterchi, tra momenti efficaci ed altri in cui i personaggi sembrano semplicemente dei fantocci parlanti. Decisamente di livello è invece il doppiaggio, che richiama a corte tutte le voci della serie animata cinematografica, creando una piacevole continuità tra gli intermezzi animati e quelli con motore di gioco. In realtà è forse l’intero comparto sonoro a dare il meglio di sé, riprendendo musiche, temi ma anche effetti sonori molto calzanti come esplosioni, ruggiti e il clangore delle lame, vero e proprio protagonista di ogni battaglia, Ammazzadraghi  o meno.

Verdetto

Berserk and the Band of the Hawk è un titolo che può fare la gioia dei fan, ma che purtroppo vive di moltissimi compromessi. Se da un lato si può essere disposti a chiudere un occhio su di una certa arretratezza tecnica, dall’altro c’è un qualcosa che proprio non ci va giù, ossia la censura dei contenuti maturi e più espliciti. Non tanto perché si goda nel vedere viscere e budella, ma perché esse fanno parte dello stile narrativo dell’opera originale, e tagliare praticamente tutto quello che non è un semplice schizzo di sangue ci sembra una forzatura che un brand come Berserk semplicemente non merita. Non solo, nonostante la buona volontà dello story mode e l’introduzione dell’Eclissi Infinita, il gioco è abbastanza povero di contenuti e non permette nulla più che non sia espresso dalle due succitate modalità. Una cooperativa locale o anche solo un roster più sostanzioso avrebbero forse lasciato il disco nella nostra console per qualche giorno in più, così com’è invece Berserk è l’ennesimo “vorrei ma non posso”, un po’ più rifinito e affascinante, ma comunque non quel masterpiece che ci si augurava per Gatsu e compagni. Peccato.