Un viaggio breve…

Avete presente quei titoli che vi restano per sempre impressi nell’anima oltre che nel cuore? Titoli come Life Is Strange, Everybody’s Gone to the Rapture o The Town of Light per citarne alcuni, quel genere di giochi che, oltre a offrire svariate ore d’intrattenimento, hanno anche qualcosa di profondo da raccontare e, perché no, insegnare.
Ecco, Blackwood Crossing, titolo sviluppato dal team britannico di PaperSeven, rientra perfettamente in questa categoria. Una piccola perla che, attraverso il viaggio di due bambini, è capace di regalare al giocatore dell’ottimo materiale su cui riflettere, andando a toccare con delicatezza, delle tematiche anche molto “forti”.

ma estremamente intenso.

Blackwood Crossing fu annunciato per la prima volta alla Gamescom 2016, e sin dal trailer si poteva percepire la tipologia di gioco che ci saremmo trovati a stringere tra le mani. La storia che ci viene raccontata, sceneggiata da Oliver Reid-Smith, lo stesso che si occupò di The Room e The Room 2, tratta del viaggio di due fratelli, Scarlett e Finn, a bordo di un treno molto particolare, che presto si popolerà di bizzarri personaggi celati da delle buffe maschere e facenti parte della vita dei due protagonisti. Si realizza sin dalle prime fasi di gioco che il viaggio e lo stesso treno non sono “normali” al punto tale da far assumere, all’intera ambientazione, un aspetto quasi onirico.

Il viaggio dei due giovani, vissuto in prima persona attraverso gli occhi della sorella maggiore, Scarlett, porterà alla scoperta del rapporto che intercorre tra di loro, un rapporto che, inevitabilmente, è cambiato nel corso degli anni. Purtroppo, raccontarvi in maniera più dettagliata qualsiasi aspetto della storia, costituirebbe uno spoiler enorme in un titolo come questo, poiché è proprio su di essa che pone le proprie fondamenta, quindi non vogliatecene se restiamo volutamente vaghi sotto questo aspetto.

Ciò che rende particolare la storia di Blackwood Crossing, non è tanto la trama in sé, ma le tematiche che essa va a toccare. Parliamo di argomenti che spaziano dal rapporto che intercorre tra fratelli, al dolore e il rifiuto che nascono in seguito alla morte di un proprio caro, passando attraverso le difficoltà che s’incontrano lungo il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Seppur possano sembrare temi un po’ troppo “pesanti” da trattare all’interno di un videogioco, il modo estremamente delicato con il quale vengono toccati contribuisce a dargli anche un senso di leggerezza, complice lo stile grafico palesemente e volutamente cartoonesco.

Non è tutto oro quello che luccica…

Molto spesso, purtroppo, giochi come Blackwood Crossing vengono snobbati dal pubblico medio, che li giudica prima ancora di averli, almeno, provati. Questo perché si è spesso portati a pensare che senza una grafica iper-realistica, o una longevità di 250 ore, un prodotto videoludico non sia in grado di generare il giusto quantitativo d’intrattenimento richiesto, e purtroppo a volte accade proprio questo. Ma non in Blackwood Crossing.

Il titolo di PaperSeven, pur presentando una grafica non estremamente all’avanguardia, che su PlayStation 4 porta a tempi di caricamento molto lunghi e cali di frame immotivati, riesce comunque a regalare dei momenti visivamente impattanti, come solo un’intera carrozza di un treno trasformata in un rigoglioso giardino, con tanto di casetta sull’albero, può dare.

Anche sul fattore gameplay non ci troviamo davanti a nulla di rivoluzionario, ne abbiamo visti a centinaia di titoli come questo. Tuttavia la risoluzione di semplici enigmi, l’interazione con i vari oggetti disposti nello scenario al fine di scoprire eventi passati, la possibilità di manipolare determinati elementi come se si fosse in possesso di una particolare forma di magia, rappresentano solo il modo con il quale PaperSeven ha deciso di narrare la propria storia. Le meccaniche di gioco, in titoli del genere, costituiscono soltanto uno strumento per andare avanti nella storia, poiché è quella la cosa più importante, e non differiscono poi più di tanto dalla semplice azione dello sfogliare la pagina di un libro.

ma ha realmente importanza?

L’esempio del libro non è stato casuale, poiché in Blackwood Crossing ci si trova davanti alla prova lampante che un libro non va mai giudicato dalla sola copertina. Seppur dotato di una grafica all’apparenza piuttosto infantile, le tematiche toccate lo rendono un gioco incredibilmente profondo ed intenso, capace di catturare talmente tanto l’attenzione del giocatore, che non ci si accorgerà delle poche ore passate in sua compagnia.

Sotto questo punto di vista il titolo non brilla in longevità, che oscilla tra le 3 e le 4 ore di gioco, ma renderlo più lungo avrebbe, forse, rappresentato un forzatura che avrebbe influito negativamente sull’intero impatto narrativo. Il finale del gioco non viene buttato lì giusto per far star male il giocatore, non si ha la sensazione di aver ricevuto una coltellata in pieno stomaco per un mero piacere sadico degli sviluppatori, ma piuttosto si percepisce un senso di completezza e soddisfazione, come solo la fine di un viaggio può dare. È la parola “fine” sull’ultima pagina del già citato libro, il punto al termine di un discorso, il “vissero tutti felici e contenti” a chiusura di una favola. Lungo o corto che sia, è il come ci si viene condotti dall’autore di una determinata opera, che conta. E sotto questo punto di vista, il team di sviluppo ha saputo trovare un giusto compromesso: un viaggio breve, ma molto intenso.

Verdetto:

Blackwood Crossing non è un titolo per tutti, su questo non ci piove. Non è, purtroppo, neanche un titolo perfetto sotto il profilo tecnico, rimanendo vittima di alcuni cali di frame non giustificati da uno stile grafico eccessivamente pesante. Ma forse tutto questo non è importante in titoli così. Giochi che fanno della storia il loro punto di forza, che si lasciano guidare e plasmare da essa, andando a toccare quelle tematiche che, prima o poi, ogni essere umano si ritrova inevitabilmente ad affrontare, e facendolo in una maniera estremamente delicata e per nulla pesante. Una piccola perla dunque che, nonostante il prezzo forse un po’ alto, non dovrebbe mancare dalla collezione di coloro che hanno apprezzato titoli come Ni No Kuni, Life is Strange, The Town of Light o Everybody’s Gone to the Rapture, solo per citarne alcuni.

Federico Barcella
Romano di nascita, nerd per passione, amante di Final Fantasy, di Batman e dei Cavalieri dello Zodiaco. Parla poco ma ascolta e osserva molto, sente un’affinità smodata con i lupi e spera di rincarnarsi in uno di loro. Cede spesso alle tentazioni della rabbia con picchi che creano terremoti in Cina per l’Effetto Farfalla e odia la piega che sta prendendo l’Universo-Videoludico negli ultimi anni.