Where the grass is green and the girls are pretty

Correva l’anno 2008, e correva era proprio il termine adatto visto il gioco di cui ci accingiamo a parlare, e sulle nostre console arrivava il nuovo capitolo di una delle saghe automobilistiche più ignoranti (come va di moda chiamarle ora) di tutti i tempi: Burnout Paradise.

Non è un caso che in breve tempo diventi probabilmente il capitolo più apprezzato dai fan, perché contiene tutto il meglio di quello che la serie ha offerto nel corso degli anni, dai “takedown” alle folli corse contromano a velocità insensata, e li inserisce in un contesto open world dove ad ogni angolo di strada c’è qualcosa da fare.

La notizia di una remaster di questo luna park per gli amanti dei motori non può che far piacere agli amanti dei racing o a chi all’epoca se lo fosse perso, anche perché Burnout Paradise arriva completo di tutti i DLC pubblicati, gustosa occasione per recuperare anche questi ultimi.

https://www.youtube.com/watch?v=f4JqCmt9hzE

I’m a hard case that’s tough to beat

Il gioco ci porta direttamente al centro dell’azione: giusto il tempo di scattarsi una foto per la patente provvisoria e via, dallo sfasciacarrozze, dove troverete il vostro primo bolide. Guidati dalla voce, sempre fastidiosissima anche a distanza di dieci anni, di DJ Atomica, il nostro primo compito sarà quello di passare dallo sfasciacarrozze per rimettere in sesto il rottame che abbiamo appena ricevuto. Dopodiché, siamo liberi.

Tutto ciò che dobbiamo fare è gironzolare liberamente per la mappa, esplorando Paradise City in tutto il suo rinnovato splendore 4K (la nostra prova è avvenuta su una PS4 Pro) con tanto di alternanza giorno/notte, effetti di luce che già per l’epoca erano tanta roba, e una fighissima sensazione di velocità, alla ricerca della gara a cui partecipare.

Prendere parte a una gara è semplicissimo: basta fermarsi ad un semaforo, dove si potrà leggere il tipo di evento che partirà da lì, e premere contemporaneamente l’acceleratore e il freno. Dopo una brevissima presentazione del percorso, si parte.

Ya gotta keep pushin’ for the fortune and fame

Oltre alle gare vere e proprie, ci sono diverse modalità di gioco: quella in cui infliggere un determinato numero di takedown (tamponamenti e sportellate alle vetture avversarie, per metterle fuori gioco) ai rivali; una classica modalità time trial; una in cui guadagnare punti attraverso manovre spettacolari, derapate e salti folli; infine la modalità “Uomo nel mirino”, dove dovremo arrivare dal punto A al punto B tutti interi sapendo che gli avversari faranno di tutto per cercare di distruggere la nostra macchina.

Il tutto corredato da una rinnovata modalità online fino a 8 giocatori, e da altri eventi vari ed eventuali attivabili semplicemente passandoci sopra in game. Generalmente si tratta di migliorare il tempo di qualche avversario online o offline, oppure proseguendo nel gioco, DJ Atomica ci avvertirà di una nuova auto che sta girando liberamente per le strade della città: quando la incontreremo non dovremo far altro che metterla fuori combattimento, per trovarla poi acquistabile dallo sfasciacarrozze.

Ci sono diverse classi di vetture, da quelle di tipo stunt, che ricaricano la propria barra del turbo effettuando acrobazie, a quelle di tipo aggressivo, che invece la riempiono infliggendo takedown agli avversari, fino ad arrivare a quelle di tipo velocità, il cui turbo è attivabile solamente quando la barra è tutta intera, e sono l’unico tipo di auto per le quali si otterrà un bonus se riusciamo a svuotare l’intera barra del turbo in una sola volta.

Ogni auto è anche migliorabile attraverso una sfida, attivabile seguendo un’icona a forma di stellina sulla mappa. Vincendo questa gara infatti, dallo sfasciacarrozze sarà disponibile una versione migliorata della vettura attuale.

Oh won’t you please take me home?

Burnout Paradise è proprio come ce lo ricordavamo insomma: caciarone, divertente e pieno di cose da fare, e con una colonna sonora piena di grandi pezzi rock evergreen, dai Guns ‘n’ Roses agli Iron Maiden passando per Soundgarden ed Alice in Chains, a gasarvi tra un takedown e l’altro.

Quasi non sembra che siano passati dieci anni, se non per qualche piccola scelta ormai anacronistica, come l’assenza di un sistema di fast travel, e peggio ancora quella di un qualsiasi sistema GPS o la possibilità di inserire dei segnalibri per marcare il punto della mappa che si desidera raggiungere. Se questa cosa è fastidiosa già nella modalità gioco libero, lo è ancora di più in gara, dove ci si vede costretti ad imparare a memoria le varie parti del percorso, anche perché gli aiuti che il gioco mette a disposizione (come l’indicatore di direzione che si accende sulla macchina, di cui però nella frenesia della corsa spesso non ti accorgi, oppure l’inspiegabile scelta di inserire i nomi delle strade come aiuto visivo invece di una banalissima freccia a destra o a sinistra) a volte creano più confusione che altro.

E mi rendo conto di stare a guardare il capello, come si suol dire, e che comunque sarebbe stato piuttosto insidioso inserire i pedoni all’interno di Paradise City, ma una città così grande e così piena di cose da fare, visivamente non è che sembri poi così viva, visto che le strade sono assolutamente deserte ed il traffico per ovvi motivi è più che limitato. Si ha dunque ogni tanto la sensazione di star correndo dentro un set, che per quanto bellissimo, dà quella sensazione di finto, che lascia un po’ l’amaro in bocca.

Se si passa sopra questi difettucci, Burnout Paradise Remastered è un must have, che saprà divertirvi come e più di dieci anni fa, come se da quella macchina non fossimo mai scesi.

Verdetto

Burnout Paradise era un gran racing arcade all’epoca e lo è ancora adesso in questa versione riveduta e corretta, piena di cose da fare e con tutti i DLC usciti. Se vi piace il genere, se non l’avete mai giocato, o se siete vittime di attacchi nostalgici andate a colpo sicuro. A patto di soprassedere su alcuni fisiologici difettucci dovuti agli anni passati, ai quali, siamo sicuri, finirete per non pensare più già dal primo takedown che effettuerete.

Gabriele Atero Di Biase
Diplomato al liceo classico e all'istituto alberghiero, giusto per non farsi mancare niente, Gabriele gioca ai videogiochi da quando Pac-Man era ancora single, e inizia a scriverne poco dopo. Si muove perfettamente a suo agio, nonostante l'imponente mole, anche in campi come serie TV, cinema, libri e musica, e collabora con importanti siti del settore. Mangia schifezze che lo fanno ingrassare, odia il caldo, ama girare per centri commerciali, secondo alcuni è in realtà il mostro di Stranger Things. Lui non conferma né smentisce. Ha un'inspiegabile simpatia per la Sampdoria.