I sogni restano sogni

Woody Allen sa come va il mondo. È il pensiero, lucido e consapevole, che ti coglie durante la visione – di contro, magica e sognante – di Cafè Society. In quell’atmosfera bucolicamente patinata, in quel rassicurante contrasto di suggestioni che regala l’ambiente disegnato dal regista e dalla sua troupe, l’occhio si ferma ad osservare i tratti a matita così veri e struggenti, seppur cosparsi di meraviglioso colore dall’eccezionale fotografia del Maestro Storaro e da una sceneggiatura allenianamente perfetta.

Ma di che atmosfera parliamo? Siamo nell’America degli anni ’30, e il giovane Bobby Dorfman (Jesse Eisenberg) è un ebreo di New York stanco della propria città. Tenta così la fortuna ad Hollywood, dove lo zio Phil (Steve Carell) è un potente agente delle star, ed ha una segretaria bellissima ed affascinante, Vonnie (Kristen Stewart). Bobby si innamora subito della ragazza, ma lei – seppur non immune alle dolci avance del giovane – è già impegnata con un altro uomo. Col tempo però qualcosa cambierà, e stravolgerà parecchio le loro vite.

Quel qualcosa di cui parliamo è sempre, incondizionatamente, l’Amore. L’amore con la A maiuscola, perché quello che ci racconta Allen ha sempre qualcosa di diverso rispetto a quello confezionato e già imbustato che ci consegnano alla cassa, insieme al biglietto, gli altri registi.
L’amore alleniano è puro, prorompente, e ti entra nella carne con delicatezza, quasi senza fartene accorgere, fino al momento in cui è troppo tardi e ti rendi conto che stai già sanguinando verità. La verità dolceamara della vita.

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Woody Allen, da osservatore esterno, dall’alto degli 80 anni di chi – come lui – ha visto tutto ed ha provato (immaginiamo) sulla propria pelle o su quella delle numerose persone che ha avuto al fianco in molteplici vesti, ciò che significa vivere.
Il viaggio andata e ritorno di Bobby è quindi un tour mnemonico che racchiude un’esistenza, ricordando ciò che è stato, i sogni ad occhi aperti di un giovane che cerca l’amore ed il successo per poi scontrarsi con la brutalità del mondo. C’è tutto nell’opera del regista. Si va dallo stereotipo, reale e crudele, dell’uomo di potere che ha la meglio sul giovane sognatore; ed è perfetto in questo Jesse Eisenberg, nel suo essere impacciato ed estremamente dolce con la donna che ama, nel suo ingenuo credere che la vita possa scorrere esattamente come desidera, senza fare i conti con la realtà.
L’orologio dell’amore si ferma e torna indietro, ferendo protagonisti e spettatori come una lama di zucchero, ma che punta dritta al cuore.
Cosa c’è di peggio della disillusione? Sembra chiedersi Allen. La risposta è banale ma esplosiva: il cambiamento. Non si esaurisce qui infatti l’operazione a cuore aperto del regista, che usa il solito bisturi smussato per andare a fondo senza farci soffrire.
Tutto ciò in cui credi, potrebbe non essere vero. È questo ciò che pare suggerirci la saggezza del regista. Ci disegna dei personaggi tremendamente veri, o almeno nel modo in cui si mostrano e ci fanno credere di essere, per poi modificarne totalmente il carattere di fronte a qualcosa verso cui non sanno opporsi: il potere del passato, che si porta via con sé pure il presente, e cambia il corso degli eventi.

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Bravi, straordinari gli attori. Su tutti Jesse Eisenberg, che è in buona sostanza un figlio del personaggio di Woody Allen attore, quello di un tempo. Le sue movenze, la fisicità, il suo essere impacciato e il suo perenne balbettio, accoppiato però a quella intelligenza e quel fascino che tutti strega tutti, non possono non ricordare Allen. Il regista dà l’impressione di rivedersi molto nel giovane attore, e gioca con il suo personaggio, per poi farci capire che fondamentalmente anche lui può cambiare se il mondo lo mette alle strette.

Poi c’è Kristen Stewart, più bella di quando era “Bella”. È incantevole, e il suo fascino travolge e annichilisce chiunque la incontri. Bravissima l’attrice, nel rendere del tutto credibile un personaggio estremamente particolare e difficile da interpretare.
Come al solito efficace anche Steve Carell, con la sua perenne maschera tra il serio e il faceto; assolutamente perfetto per un film di Allen, al punto che ci chiediamo come mai l’abbia scelto solo ora.

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Attori così bravi aiutano poi, senz’altro, il corso della narrazione. Lo sviluppo è fluido e procede senza intoppi, accompagnato dalla già citata ed osannata maestria di Storaro, che fotografa un’America anni ’30 nel modo più incantevole possibile, contribuendo a passare da quell’apice della sfarzosa e irripetibile atmosfera Hollywoodiana, per arrivare a quel declino che seducenti note di Jazz accompagnano nelle ultime sequenze, amare, tra il Cafè Society di New York ed una festa in villa ad Hollywood; con i due protagonisti – ancora una volta – a rimarcare con le proprie espressioni l’amarezza di un destino tracciato da una semplice scelta.

Sì, perché “i sogni restano sogni”, e le scelte condizionano il futuro; ma a parte questo cosa resta?
Resta l’amore, quello che nemmeno la distanza e l’odio possono distruggere, perché – citando J.Eisenberg – le “Emozioni non finiscono mai. Ma è un bene o un male?

Tiziano Costantini
Nato e cresciuto a Roma, sono il Vice Direttore di Stay Nerd, di cui faccio parte quasi dalla sua fondazione. Sono giornalista pubblicista dal 2009 e mi sono laureato in Lettere moderne nel 2011, resistendo alla tentazione di fare come Brad Pitt e abbandonare tutto a pochi esami dalla fine, per andare a fare l'uomo-sandwich a Los Angeles. È anche il motivo per cui non ho avuto la sua stessa carriera. Ho iniziato a fare della passione per la scrittura una professione già dai tempi dell'Università, passando da riviste online, a lavorare per redazioni ministeriali, fino a qui: Stay Nerd. Da poco tempo mi occupo anche della comunicazione di un Dipartimento ASL. Oltre al cinema e a Scarlett Johansson, amo il calcio, l'Inghilterra, la musica britpop, Christopher Nolan, la malinconia dei film coreani (ma pure la malinconia e basta), i Castelli Romani, Francesco Totti, la pizza e soprattutto la carbonara. I miei film preferiti sono: C'era una volta in America, La dolce vita, Inception, Dunkirk, The Prestige, Time di Kim Ki-Duk, Fight Club, Papillon (quello vero), Arancia Meccanica, Coffee and cigarettes, e adesso smetto sennò non mi fermo più. Nel tempo libero sono il sosia ufficiale di Ryan Gosling, grazie ad una somiglianza che continuano inspiegabilmente a vedere tutti tranne mia madre e le mie ex ragazze. Per fortuna mia moglie sì, ma credo soltanto perché voglia assecondare la mia pazzia.