Una serie che non è una serie

Quando si è scoperto che Netflix si stava occupando di realizzare una serie basata su Castlevania, dobbiamo ammettere di aver trattenuto a fatica le lacrime. Un sogno sembrava star divenendo realtà: una produzione autorevole che si occupa di una serie animata basata su un franchise storico, enorme e bellissimo, in cui purtroppo la software house proprietaria non crede più. Il primo trailer ha mostrato subito un livello qualitativo decisamente elevato, e noi non si poteva che essere contenti. Ora finalmente siamo riusciti a vedere il prodotto finito, che ci è piaciuto, sì, ma ci ha anche lasciato con l’amaro in bocca, principalmente perché, per vedere davvero Castlevania, dovremo ancora aspettare.

La storia inizia in Valacchia nel 1400, quando un Dracula schivo ma ancora non eccessivamente arrabbiato con il genere umano incontra una donna, che diventerà sua moglie. La donna si dedicherà alle scienze, fino a che non verrà per questo arsa viva come strega. Quest’ultimo affronto farà sì che il Signore delle tenebre cercherà la sua vendetta, riversando sul mondo le sue armate demoniache. Si scoprirà, nel secondo episodio dei quattro che compongono l’intera serie, che questa volta il membro della famiglia Belmont che dovrà occuparsi di rimettere a nanna il Re dei vampiri è Trevor, poi affiancato da altri comprimari.

La storia copre un momento importante nell’economia di Castlevania, fondamentalmente la nascita del Dracula che “conosciamo”. Quello che però proprio non ci ha convinto non è la storia, quanto il fatto che per vederla dovremo aspettare la seconda stagione. Il principale limite di questa mini-serie è che sembra un grande episodio pilota, realizzato per tastare il terreno, che serve da preambolo a quello che poi Castlevania sarà nelle prossime stagioni. Ci vengono introdotti i personaggi, viene realizzato un minimo di background su cui costruire in futuro, ci sono molti momenti in cui alcune spiegazioni potrebbero risultare ridondanti per chi ha già giocato qualche episodio. Ogni elemento, praticamente, serve solo da punto di partenza e non viene risolto in queste quattro puntate.

L’altro limite della serie è dovuto al ritmo, un po’ troppo altalenante, tra momenti eccessivamente ed inutilmente verbosi e altri troppo accelerati per far arrivare da qualche parte il racconto. Le puntate sono un po’ troppo sbilanciate, pertanto vi consigliamo di vedere la serie in un blocco unico, come fosse un film d’animazione. Perché sì, come avete letto, vi consigliamo comunque di vedere la serie. Al netto delle magagne che vi abbiamo raccontato, Castlevania è qualcosa che ogni amante del gioco dovrebbe vedere. La fedeltà al marchio non viene tradita, c’è molto rispetto e nulla viene stravolto, i personaggi sono interessanti ed esteticamente è ottimo. Insomma, quanto si poteva fare di buono con il materiale originale è stato fatto. Manca soltanto un po’ di ritmo e, soprattutto, un seguito degno che porti effettivamente a qualcosa.

Passiamo quindi all’aspetto estetico, fondamentale in ogni opera d’animazione. La produzione è americana e non giapponese, e questo si riflette nel look complessivo, molto meno anime rispetto agli ultimi prodotti a firma Igarashi, e ovviamente molto distanti dal design di Symphony of the Night e più in generale dei capitoli cui mise mano Kojima. Questo non vuol dire però per forza male, anzi, perché Castlevania alle origini non ha mai avuto un design anime. Il risultato è complessivamente di ottimo livello, nonostante lo stacco tra i personaggi ed alcune animazioni 3D si noti fortemente e, spesso, si riscontrino dei piccoli scatti nell’animazione, come se si fosse andati a risparmio con i fotogrammi. Sono problemi minori, chiaramente, di fronte ad una direzione artistica di buonissimo livello, che fa muovere i personaggi in ambienti spesso sontuosi e ottimamente dettagliati, e soprattutto si tratta di dettagli di poca importanza quando si vede il fantastico utilizzo del colore che riesce a dare un’atmosfera di primo livello a tutti e quattro gli episodi.

Verdetto

Castlevania è una buona mini-serie, con qualche problema di gioventù per quanto riguarda il ritmo. È un po’ una delusione perché ci aspettavamo sinceramente un prodotto finito, e non un lungo episodio pilota di qualcosa che arriverà l’anno prossimo. Quello che abbiamo visto, però, è piacevole, ben realizzato sotto il profilo tecnico e, soprattutto, molto molto fedele ai videogiochi. Ora non possiamo che attendere con ansia il 2018, quando uscirà una seconda stagione composta di altri 8 episodi, sperando contemporaneamente che l’eventuale successo di questa potrebbe spingere Netflix ad andare oltre una season 2. Insomma, noi questa serie ve la consigliamo, anche perché porta via soltanto un’ora e mezza all’incirca. Se pure non foste dei grandi fan del gioco, fatelo semplicemente per godere di quell’atmosfera unica che solo Castlevania sa restituire.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.