Il diavolo della Valacchia

Esiste il diavolo? Domanda che, se privata del suo contenuto teologico e portata su un livello etico potrebbe non essere affatto banale. Se per diavolo intendiamo il male e l’oscurità che si annida dentro l’animo umano, la risposta è sì, senza ombra di dubbio. Nella storia del genere umano sono esistite persone capaci di crimini così efferati da meritare di essere etichettati alla stregua del diavolo biblico. Veri e propri demoni che hanno camminato sulla nostra terra, vestiti di carne e ossa. Tra questi, uno dei più famosi, è Vlad III di Valacchia, detto l’Impalatore, da tutti noto come Conte Dracula. Figura resa immortale dal libro di Bram Stoker e dalle successive pellicole cinematografiche ad esso ispirate, Vlad Tepes è ricordato come un tiranno spietato e violento, autore di atti così inumani da perpetrare la sua leggenda negli incubi delle persone. Ma è davvero così? Non per tutti: in Romania, Vlad III è un eroe popolare che difese il suo regno dall’invasione turca, un cavaliere valoroso che ha protetto la cristianità. Due visioni opposte dello stesso uomo che ci portano a chiederci chi fosse davvero il Conte Dracula. Eroe o mostro? Demone o cavaliere? Scopriamo insieme chi era l’uomo dietro al mito, quello che un giorno diventerà il vampiro per antonomasia.

L’incubo del Sultano

L’uomo che verrà conosciuto come Dracula nasce nel 1431 da Vlad II, Voivoda di Valacchia, una regione situata nell’attuale Romania. Il titolo era, a modo suo, simile a quello di Imperatore, ovvero un grado militare divenuto nel tempo attributo nobiliare. Nel caso di Vlad e della sua famiglia è probabile che il corrispettivo fosse principe che, se inteso in senso latino, potrebbe comunque indicare un sovrano (seppure in epoca tarda). Vlad II era cresciuto alla corte dell’Imperatore Sigismondo di Lussemburgo, venendo inviato presso di lui, in tenera età, quale ostaggio dal padre Mircea il Vecchio. Vlad, in questo periodo, si convertì al cattolicesimo, tanto che nell’anno di nascita del figlio si associò a un potente ordine cavalleresco, l’Ordine del Drago; da esso sarebbe derivato il nome familiare Drăculești, con cui la famiglia sarebbe stata resa immortale dalla letteratura (dal latino, Draco). Dracula, infatti, non vorrebbe dire altro che “figlio di Dracul”. Il drago, nella tradizione cristiana, non era comunque una figura positiva: esso era spesso associato al demonio, cosa testimoniata dal fatto che, per la lingua locale, “dracul” indica tanto il drago quanto il diavolo. Quindi, il termine Draculea, da cui deriverebbe la forma contratta Dracula, vorrebbe dire “figlio del drago” oppure “del diavolo”.

La Valacchia era un regno piccolo e conteso, dove una potente casta aristocratica, i boiardi, deteneva un potere quasi assoluto, fondato sulla tradizione e i privilegi. Per quanto fosse uno stato minuscolo, la patria di Vlad manteneva una certa importanza scacchiere internazionale. L’Impero Ottomano viveva un periodo di fortissima espansione territoriale (ricordiamo che di lì a pochi anni cadrà anche Costantinopoli sotto i colpi delle bombarde di Maometto II), perciò il trono di Valacchia divenne importante per piazzare un alleato in un punto strategico che, a seconda dei punti di vista, poteva essere la muraglia o la porta di accesso dell’Europa.

Fu così Vlad II ottenne il titolo di Voivoda di Valacchia dall’Imperatore di Occidente, Sigismondo, dopo la morte del precedente sovrano, Dan II (appartenente a un casato rivale). Il Sultano non rimase però ad osservare, sostenendo così la pretesa al trono di Aldea, fratellastro di Vlad. Sigismondo affidò al suo protetto la difesa del confine ungherese, così Vlad II si trasferì a Sighișoara per organizzare le difese, dove nacque Vlad III, figlio secondogenito. In pochi anni Vlad II riuscì a succedere al fratello, morto per cause naturali, ma il suo regno non durò a lungo. Alla morte dell’Imperatore nel 1437, privo del suo potente protettore, il Voivoda venne destituito e cacciato. Senza l’aiuto delle potenze cristiane, Vlad non si fece scrupoli. Si alleò con il Sultano Murad II, il quale, come prezzo per rimetterlo sul trono, si fece dare in ostaggio i due figli più piccoli, Vlad e Radu, nel 1444.

Non ci sono molte notizie certe su quale sia stata la vita dei due giovani Drăculești alla corte del Sultano: certo in questi anni i giovani vennero educati all’arte della guerra, apprendendo le tattiche militari e lo stile di combattimento dei turchi. Proseguirono i loro studi, venendo educati alla stregua dei rampolli della nobiltà turca e probabilmente si convertirono all’Islam (di sicuro Radu, anni dopo, attestato come membro di alto rango dell’esercito Ottomano). La situazione dei due bambini era precaria. C’è chi sostiene abbiano subito abusi psicologici e fisici, probabilmente dovuti anche alla presa di posizione del fratello maggiore, Mircea II, il quale aveva iniziato una campagna militare contro i turchi. Nel 1447 Vlad II e suo figlio maggiore perirono entrambi per colpa di un complotto ordito dai boiardi. A quel punto gli ottomani, per non veder cadere il regno di Valacchia in mano agli ungheresi, liberarono il giovane Vlad III, mettendolo sul trono.

Nelle prime fasi Dracula riuscì a superare il Danubio e raggiungere Târgoviște, capitale del regno di Valacchia, supportato dai turchi, senza incontrare difficoltà. In quel periodo il reggente di Ungheria, Giovanni Hunyadi il Cavaliere Bianco, era caduto prigioniero e nessuno si opponeva a Vlad e ai suoi alleati. La sorte del conflitto fu però rapidamente ribaltata: Hunyadi venne liberato e la Valacchia riconquistata. Privo di alleati, Vlad si ritrovò costretto a cercare rifugio in Moldavia, presso Musatini, dove si riavvicinò al cristianesimo, riconvertendosi. Perché il vento cambiasse ci vollero però ancora alcuni anni. Nel 1451 salì sul trono dell’Impero Ottomano Maometto II. Non è noto perché, ma Dracula nutriva un profondo odio verso il nuovo Sultano, tale da farlo riappacificare col Cavaliere Bianco. Hunyadi trovò in Vlad un perfetto alleato: aveva ottime conoscenze dell’esercito e delle strategie turche, ma soprattutto era animato da un astio profondo verso Maometto II. Ma, oltre a questo, era un pretendente legittimo al trono di Valacchia, ancor più utile visto che il Voivoda di quel periodo, Vladislav II, si era allontanato dall’Ungheria. Ci vollero però altri cinque anni perché Vlad riuscisse a tornare sul trono di Valacchia, in seguito alla vittoriosa Battaglia di Belgrado nel 1456, durante la quale morì anche Hunyadi. Quello stesso anno, nel mese di agosto, Vlad sconfisse Vladislav in singolar tenzone (stando alla tradizione), riappropriandosi del regno del padre.

Gli anni alle corti delle grandi potenze dell’epoca avevano forgiato Dracula come un sovrano dalla visione molto più ampia rispetto ai suoi predecessori. Animato dall’intento di rendere la Valacchia un paese potente, estromise i boiardi dal governo, affidandosi solo a funzionari stranieri, scelti personalmente e di estrazione borghese. Potenziò l’esercito, istituendo una leva militare tra la popolazione e addestrandola a tattiche di guerriglia, e creò una milizia personale fedele solo a lui. Ma pensò anche all’agricoltura e al commercio, varando editti che aiutassero contadini e mercanti valacchi, a scapito dei ricchi uomini d’affari sassoni, adottando quella oggi definiremmo una politica protezionista. A questo punto, mercanti tedeschi e boiardi, rifugiatisi nella vicina Transilvania, si misero d’accordo, eleggendo come proprio principe Dan III. Dracula fu spietato: nel 1459 invase il paese e lo mise a ferro e fuoco, facendo decapitare Dan. Ben più crudele fu verso i boiardi traditori. Li fece giustiziare, uno dopo l’altro, sottoponendoli al suo supplizio preferito, l’impalamento. Fu a questo punto che il popolo iniziò a chiamare Dracula “Tepes”, l’Impalatore.

Da allora questa forma di uccisione divenne una costante per tutti i ribelli: Vlad compì incursioni regolari nelle città sassone, mettendone a morte i notabili che si erano opposti a lui, foraggiando i boiardi. Nel frattempo, sul fronte delle alleanze internazionali, Dracula sposò la cugina del Re di Ungheria, Mattia Corvino, schierandosi apertamente contro l’impero Ottomano. Maometto II gli intimò di rispettare l’antico vassallaggio, imponendo di pagare un tributo in oro e giovani, secondo una pratica molto comune all’epoca. Al secco rifiuto del Voivoda, la guerra fu inevitabile. Il Sultano mandò contro di lui il bey di Nicopoli, Hamza Pasha, al comando di mille cavalieri. L’incursione in terra di Valacchia fu però avversa alle forze di Maometto. Forte delle tattiche di guerriglia apprese negli anni accanto a Hunyadi, Vlad sorprese le forze di Hamza in una gola presso Giurgiu. Fu un vero massacro, cui pochi sopravvissero per essere poi fatti prigionieri e impalati come monito per i futuri assalti del Sultano. Pasha stesso fu sottoposto alla pena di morte, ma posto su un palo più alto, a riprova del suo rango.

L’attacco portò Dracula a ribaltare il campo: nel 1462 invase le Bulgaria, all’epoca territorio Ottomano, devastandola. Grazie alla conoscenza approfondita della lingua, delle tattiche e delle usanze turche, riuscì a sbaragliare l’esercito avversario, mettendolo in rotta. Lui stesso, in una lettera a Mattia Corvino d’Ungheria, si vanta di aver «[…] ucciso 23.884 turchi senza contare quelli che sono stati bruciati vivi nelle loro case o quelli le cui teste sono state tagliate dai nostri ufficiali…».

A quel punto, per Maometto II, Dracula era ben più che un vassallo negligente: era un nemico da abbattere con ogni mezzo, cosa resa ben chiara dai numeri dell’esercito che il Sultano gli scatenò contro. Nella primavera del 1462 fu approntato un apparato bellico composta da circa 80.000 uomini e 30.000 irregolari. Un numero soverchiante, contro cui Vlad III non avrebbe mai potuto competere in campo aperto. Ma, ancora una volta, le tattiche di guerriglia apprese negli anni alla corte ungherese si rivelarono vincenti. L’esercito turco avanzava con fatica nelle valli e nei boschi della Valacchia, rallentato da un territorio ostile che lo stesso Dracula non esitava a devastare per impedire ai propri nemici di trovare approvvigionamenti. Le incursioni notturne dei valacchi nei campi ottomani diventarono una costante, tanto che in una di esse, il celebre “Attacco Notturno”, costò la vita a 15.000 turchi.

La spedizione ottomana non si fermò per questa sconfitta, ma Vlad III, arroccato tra i monti che dividevano la Valacchia e la Transilvania, nella Fortezza di Poenari, non ebbe pietà dell’invasore. Ad ogni spedizione seguivano ammonimenti spettacolari, come l’ormai celeberrima “Foresta degli Impalati”: Vlad fece impalare un numero impressionante di prigionieri turchi, non solo soldati, ma anche vecchi, donne e bambini, chiunque avesse avuto la malasorte di accompagnare la spedizione. L’impatto psicologico fu devastante. Fiaccato da un’atrocità dopo l’altra, l’esercito del Sultano non riuscì a piegare Dracula. Lo stesso Maometto finì per ritirarsi nell’estate di quello stesso anno; testimonianze certe vedono, già nel luglio del 1462, Maometto II rifugiatosi ad Adrianopoli, intendo a celebrare la sua vittoria. Nei fatti l’invasore turco era stato ricacciato indietro, facendo diventare Vlad III Dracula un eroe della cristianità, celebrato anche dal Papa e dalle potenze europee, Ungheria, Genova e Venezia in primis. Anche se la spedizione si era risolta in un fallimento, per Maometto II la partita era lungi dall’essere chiusa. Si mise d’accordo con Radu il Bello, fratello di Vlad convertito all’Islam, promettendogli di nominarlo governatore di Valacchia in sua vece. Radu fu astuto nel radunare attorno a sé il dissenso interno che si era creato in opposizione a Vlad: riunì i boiardi che si erano schierati contro il fratello e, alla guida di un esercito di giannizzeri, marciò verso la Valacchia.

Dracula si trovò soverchiato: da un lato l’esercito ottomano, dall’altro il dissenso interno. Vlad fu costretto a fuggire in Ungheria, dove sperava che Mattia Corvino, suo parente per tramite della seconda moglie, lo accogliesse e lo aiutasse a riconquistare il regno, divenuto ormai una provincia dell’impero Ottomano. Invece il Re ungherese, visti i tempi tumultuosi, preferì farlo incarcerare con un futile pretesto, sperando di riutilizzarlo nuovamente una volta passata la tempesta. Ma l’occasione arrivò solo dopo quattordici anni di esilio e cattività: nel 1475 Radu era morto per una malattia. A quel punto Vlad III era di nuovo utile per il regno ungherese, che lo liberò e foraggiò la sua campagna militare, mandandolo a riconquistare la Valacchia. In meno di un anno, nel 1476, Vlad era di nuovo il Voivoda, ma il trionfò durò poco. Appena due mesi dopo la riconquista del suo trono, Dracula morì in circostanze non del tutto chiare: la tradizione più diffusa vuole che sia morto in battaglia, combattendo ancora una volta gli odiati turchi, venendo poi sepolto nel Monastero di Snagov. Un’altra storia lo vuole morto per una malattia, contratta in seguito al morso di un pipistrello e, ancora, c’è chi sostiene sia stato catturato dai turchi, trascinato a Costantinopoli e qui riscattato dalla figlia dietro pagamento, terminando i suoi giorni a Napoli e venendo sepolto nella chiesa di Santa Maria La Nova (dove, in effetti, è presente una tomba recante il simbolo dell’Ordine del Drago).

La morte di Vlad III però non fu la sua fine. Fu solo l’inizio della sua immortalità.

La leggenda nera di Vlad III: il drago diviene vampiro

Sin da quando era ancora in vita, attorno a Dracula iniziarono a sorgere leggende e storie macabre, volte a risaltare la spietatezza e la follia del personaggio. Ma non solo: per contro fiorirono numerosi aneddoti di Vlad III come un sovrano severo, ma giusto. A seconda di chi fosse a narrare le sue gesta, Dracula poteva essere dipinto come un eroe, un sovrano benevolo con il suo popolo e spietato con i suoi nemici, quanto un pazzo sanguinario. L’aneddoto che più di ogni altro potrebbe chiarire questa ambiguità è la leggenda di due monaci tratti in cattività nella rocca di Poenari. A loro Vlad avrebbe mostrato la foresta degli impalati, ricevendone due reazioni opposte. Uno dei due religiosi lo maledisse, dandogli del pazzo; l’altro ne lodò l’operato, decantandone le gesta. Dracula così uccise un monaco e liberò l’altro, ma non è chiaro a chi sia toccato il supplizio del palo. Nelle storie russe e romene ad essere liberato è il monaco che lo accusò di pazzia; in quelle tedesche e, più tardi, anglosassoni, è il monaco che lo incensò come eroe della cristianità.

I primi a odiarlo e temerlo furono senza dubbio i Turchi. Si narra che, al momento della sua morte, Maometto II abbia fatto tagliare la testa al cadavere, bruciandone i resti nel timore che tornasse in vita. Dopotutto, cosa se non un demone avrebbe potuto concepire un ammonimento orribile come la foresta degli impalati? I giannizzeri raccontavano con orrore della sua gioventù presso Adrianopoli, sostenendo che da ragazzo il Draculea si sarebbe fatto portare topi e uccelli per torturarli, impalando i primi e spennando i secondi. Sempre di origine turca è la leggenda dei due ambasciatori ottomani giunti a Târgoviște per mediare la fine del conflitto. I due si sarebbero inchinati a Dracula, facendogli tutti gli onori del caso, ma senza togliersi il turbante, un simbolo religioso per loro. Vlad III ne approfittò per accusarli di averlo offeso, facendogli inchiodare l’indumento alla testa. Considerato che era cresciuto presso la corte del Sultano e per parte della sua vita era stato un convertito all’Islam, Vlad non poteva non conoscere il significato del turbante.

Ma, incredibile a dirsi, tra i suoi delatori più feroci ci furono gli alleati ungheresi e tedeschi. È attestato, da un periodo in cui Vlad era ancora in vita, un pamphlet molto diffuso alla corte degli Asburgo, Geschichte Dracole Waide (“Storia del Voivoda Dracula“). Al suo interno si narravano le gesta di Dracula, col chiaro scopo di distruggere la credibilità morale del sovrano valacco. Mattia Corvino, pur essendo imparentato con Dracula, lo odiava fortemente. Forse per gelosia nei confronti di un condottiero più vittorioso di lui, forse per vero disgusto nei confronti dei mezzi sanguinari utilizzati nella lotta contro i Turchi. Fatto sta che, nel 1462, iniziarono a circolare anche lettere contraffatte in cui Vlad era presentato come un vassallo di Maometto II, una vera e propria calunnia volta a screditarne l’immagine di difensore della cristianità. È quindi germanica la tradizione che vede Dracula come un mostro folle, capace di crimini contro gli infermi e di dissacrare momenti dal profondo significato religioso, come il pasto.

Nel primo caso, si narra di quando il Voivoda fece ammassare vecchi, poveri e malati in un unico villaggio, dandolo poi alle fiamme per poter affermare che il suo intero popolo era “sano e benestante”. Probabilmente si trattava di mezzi utilizzati per contenere un’epidemia, una sorta di lazzaretto a cui poi seguì la bruciatura dei cadaveri, ma fu facile ricamarci sopra. Quanto al pasto dissacrato, sono due le storie che vengono narrata: la prima è quella dei tre mercanti sassoni, invitati a mangiare e poi uccisi in quanto sovvenzionatori dei boiardi. Secondo questo macabro aneddoto, Dracula alla fine del pasto fece squartare un mercante, costringendone un altro a mangiare quanto contenuto nel suo stomaco, ripetendo quanto fatto per il terzo, che fu poi bollito vivo.

Una delle immagini più celebri di Vlad, quella che lo vede intento a pasteggiare di fronte ai cadaveri impalati, deriva dal poemetto Flőhhaz di I. Fischer, scritto nel 1573. Considerata la natura stessa della morte per impalamento, con il rilascio delle viscere, appare difficile credere che chiunque potesse mangiare di fronte a quello spettacolo. Fu da questa tradizione che Bram Stoker, celebre scrittore irlandese, trasse ispirazione per il suo personaggio, antagonista del suo omonimo libro, Dracula. Come Stoker sia arrivato a creare una crasi del condottiero valacco con la figura del vampiro è ben più difficile da capire. Non è da escludere che si sia trattato, molto semplicemente, di un volo di fantasia dell’autore, il quale era stato ispirato da un fatto di cronaca che si era diffuso in quel periodo, un’isteria di massa dovuta a un focolaio di tubercolosi scambiato per vampirismo.

L’isteria nei confronti del vampirismo era cosa nota: nel corso dei secoli vi furono anche casi di nobili accusati di bere sangue umano per rimanere in vita, e persino dei sovrani vennero accusati di praticare rituali di questo tipo. La figura di Dracula, posto all’estremo confine dell’Europa civilizzata, doveva fornire quella commistione di crudeltà e follia mista a fascino, esotismo ed esoterismo adatta a creare un personaggio immortale.

Il vampiro era ben radicato nel folklore locale, specie quello slavo, ma soprattutto era già diffuso nella letteratura occidentale in diverse maniere. Sia tramite i romanzi dell’orrore di appendice, i famosi Penny Dreadful, sia tramite la letteratura. Fu il medico inglese, John William Polidori, a realizzare un primo racconto divenuto celebre, “Il Vampiro”, ispirato alla figura di Lord Byron.

Alle leggende di matrice germanica, fanno da contraltare quelle russe e romene, dove Dracula è visto come un sovrano sì duro, ma anche giusto, quel genere di principe per cui, utilizzando la celebre frase attribuita al Machiavelli, “il fine giustifica i mezzi”. Un sovrano, quindi, crudele nella punizione, ma solo nei confronti di chi se lo meritava sul serio. Per esempio nei confronti dei ladri: si narra che nelle piazze del suo paese, vicino alle fontane principali, fosse posta una coppa d’oro, per permettere anche ai suoi sudditi più umili di sentirsi ricchi nell’usarla per bene. Ma che, chiunque osasse rubare quel calice, venisse perseguitato e ucciso senza alcuna pietà. Un’altra storia è quella del mercante straniero derubato in un villaggio vicino a Târgoviște. Quando gli furono sottratti centosessanta ducati d’oro, Dracula fece raccogliere la somma agli abitanti del villaggio, mettendo nella scarsella un ducato in più. Il mercante, contando il denaro, avrebbe quindi trovato quel pezzo d’oro, restituendolo al sovrano, il quale, ricevendolo, avrebbe detto che si sarebbe trattato di un test: se l’uomo non avesse restituito il soldo lo avrebbe impalato come ladro.

Ma, soprattutto, Vlad III è ricordato come un difensore del suo popolo, un eroe che non esitò a lottare contro le forze soverchianti dell’invasore Ottomano per difendere la Valacchia. E poco importa che sia stato spietato e sanguinario come pochi altri per raggiungere questo scopo. Forse è per questo che, nelle tradizioni romene, Dracula riposa in terra consacrata, vegliato dai monaci, i quali, tuttavia, ogni mattina pregherebbero sulla sua tomba, con l’intento dichiarato di farlo stare buono e riposare in pace…

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.