Ars Scribendi – Ottava puntata

La revisione

Quando si manda un manoscritto a un editore e questi decide di pubblicarlo, generalmente gli viene assegnato un revisore (editor) il cui compito è lavorare sul testo per aumentarne la leggibilità e migliorarne la scorrevolezza. Raramente un revisore entra in merito della trama, a meno che non ci siano incoerenze rilevanti; tuttavia capita spesso che vengano effettuati tagli o modifiche in alcuni paragrafi sia per aumentare la qualità del testo, sia per ragioni puramente commerciali o tipografiche, come quella di restare all’interno di un determinato numero di pagine.

La revisione, così come il titolo del romanzo, la copertina, la quarta di copertina e gli “strilli”, sono prerogative dell’editore e, per quanto a volte possa dar fastidio che qualcun altro possa decidere il titolo del proprio romanzo o tagliarne via parti, lo sono in quanto un libro è anche un prodotto commerciale e come tale va considerato ai fini della pubblicazione. Altrimenti si può sempre pubblicarlo da soli e la cosa finisce lì. Un editore è un imprenditore: può dare maggiore visibilità a un’opera ma c’è un prezzo da pagare per questo.

Torniamo alla revisione. Il fatto che qualunque buon editore la pretenda e la faccia, non vuol dire che possiamo consegnare un manoscritto redatto di getto. Prima di mandare un testo a un editore è opportuno che sia passato al vaglio di un certo numero di attività di revisione proprie o di terze parti, in modo da consegnare, se non un prodotto finito, quantomeno un buon pre-lavorato.

Ci sono sostanzialmente tre fasi di revisione “in fieri”: la prima è durante la stesura del testo, la seconda non appena terminato il romanzo, la terza prima della consegna.

Concentriamoci sulla prima. Stiamo scrivendo il nostro romanzo. Diciamo che stiamo lavorando sul capitolo X e che siamo più o meno a metà dello stesso. Fermo restando che non è detto che la stesura avvenga in ordine sequenziale, ovvero che non si possa scrivere prima il capitolo XV e poi il VII, se si è costruita in modo sistemico la trama, si può pensare che, prima della stesura del capitolo X, sia stata scritta già buona parte di quelli precedenti.

Ogni volta che si riprende la scrittura di un capitolo, è buona norma rileggerlo dall’inizio e, a volte, dare un’occhiata a quanto scritto nei capitoli che lo precedono là dove sono state poste le fondamenta per gli avvenimenti che si stanno narrando in quello attuale. Durante questo processo di “raccordo”, è buona norma verificare la correttezza della grammatica e della sintassi. In linea di massima le cose a cui prestare attenzione sono:

  1. qualsiasi errore di battitura, come l’inversione o l’omissione di caratteri,
  2. l’utilizzo di accenti e apostrofi, soprattutto su determinate particelle,
  3. la concordanza di numeri e generi (ad esempio, fra aggettivi e sostantivi),
  4. il corretto utilizzo dei tempi dei verbi, in particolare congiuntivi e condizionali,
  5. l’eventuale riutilizzo dello stesso termine più volte nella stessa frase (da evitare),
  6. la concordanza fra soggetto e verbo, specie se sono distanti nella frase,
  7. un utilizzo eccessivo di incisi o di secondarie che può appesantire la lettura.

Questo tipo di revisione porta alla lettura e rilettura continua degli stessi testi, in un processo di affinamenti successivi che dovrebbe aumentarne la qualità, se non altro in termini di linguaggio.

Ogni cinque o sei capitoli, o quantomeno ogni volta che nella trama si conclude un passaggio o una scena — ricordate le varie tappe del Viaggio dell’Eroe del quale abbiamo parlato nelle scorse puntate? — è bene riprendere gli ultimi capitoli scritti e rileggerli tutti di seguito. Questa attività ha lo scopo di assicurarsi che la trama fluisca in modo scorrevole e, allo stesso tempo, serve a individuare eventuali incoerenze all’interno di un’unità specifica del romanzo stesso.

Sono molte le incoerenze, infatti, che si possono introdurre in un romanzo. Tanto per cominciare quelle temporali. L’autore sa spesso cosa succederà nei capitoli successivi, ma questo non vale per i personaggi. A volte capita che un personaggio dica o faccia qualcosa che non potrebbe dire o fare perché ancora non è consapevole di alcuni fatti o situazioni. Evitare queste “anticipazioni” è molto importante. Se proprio è necessario che agisca in quel modo, che poi, guarda caso gli tornerà utile in seguito, bisogna trovare una giustificazione a priori, scollegata da quello che succederà dopo.

Analogamente l’autore sa cosa conoscano e pensino tutti i personaggi, ma fra di loro questa consapevolezza non c’è. Evitate quindi la “lettura del pensiero”, cioè di far sì che un personaggio si comporti come se conoscesse quello che sta pensando l’altro, a meno che non abbia validi motivi per sospettarlo. Anche in questo caso, tuttavia, se proprio necessario, bisognerà trovare una giustificazione alternativa.

Altre incoerenze sono descrivere l’abbigliamento di un personaggio e poi fargli fare cose incompatibili con gli abiti che indossa, come far inseguire in un parco qualcuno che scappa indossando dei tacchi a spillo. Le descrizioni sono molto importanti in un romanzo perché aiutano a creare l’ambientazione, ma sono anche un’arma a doppio taglio. Una volta che si è disegnato un appartamento, un edificio, un negozio o un locale in un certo modo, poi, ogni volta che ci si ritroverà in quell’ambiente, la sua struttura definirà un certo numero di limitazioni a ciò che può avvenire al suo interno. Gli accessi, le scale, l’illuminazione, la composizione degli interni, l’arredamento, sono tutti elementi sfruttabili in un certo contesto e limitativi in un altro. Questo può diventare critico in un sequel, ovvero se la stessa ambientazione viene usata in romanzi diversi. Ovviamente tutto può subire cambiamenti, ma bisogna ricordarsi di farlo e giustificarlo, ovvero non dare l’impressione che si sia introdotta una carenza nella continuità scenica.

Altre incoerenze sono di tipo stilistico. Ad esempio, nel parlato dei personaggi. Ogni personaggio ha il suo modo di parlare e questo deve avere una sua coerenza in tutti i dialoghi. Naturalmente lo stesso personaggio può parlare in un modo da sobrio e in un altro da ubriaco, ma anche in quel caso il livello culturale, l’origine etnica o linguistica, l’uso o l’abuso di modi di dire e intercalari, deve avere una sua continuità.

La prima fase della revisione è quindi un continuo vedere e rivedere, confrontare e affinare parti del romanzo che sono collegate concettualmente ma distanti sequenzialmente.

Arriva poi il momento di scrivere la parola fine in fondo all’ultima pagina. A questo punto scatta la seconda fase: la revisione dell’intero manoscritto. Questa fase consiste in una rilettura completa del testo e va effettuata togliendosi il cappello dello scrittore e mettendosi quello del lettore. Sarebbe bene farla almeno due volte, ovvero una volta come lettura veloce, per verificare la scorrevolezza e coerenza della trama, senza perdersi nei dettagli e nei particolari; la seconda volta ad alta voce, più lentamente, valutando la musicalità di quanto scritto e confrontandola anche con ciò che sta avvenendo nel testo.

Quest’ultima tipologia di lettura è sicuramente più faticosa e si sarebbe tentati di sostituirla con una lettura mentale, simile a quella fatta la prima volta ma più lenta; sarebbe certamente meno impegnativa, ma la lettura ad alta voce è fondamentale nel rendere più leggibile e scorrevole un testo. Spesso, durante questo tipo di lettura, si invertono le posizioni di avverbi e aggettivi rispetto ai sostantivi di riferimento, oppure si cambiano i tempi dei verbi o si spezzano in modo differente le frasi, se non addirittura si riscrivono da zero. Se un testo supera la lettura a voce alta, ci sono buone possibilità che sia un testo molto leggibile.

In questa fase si può dare in lettura il manoscritto anche ad altre persone di cui ci si fida, per una loro revisione. In questo caso non bisogna chiedere effettivamente ai “lettori cavia” di effettuare questo o quel controllo, ma piuttosto si debbono lasciare liberi di fornire un parere senza indicazioni preventive. Alcuni potranno criticare la storia in sé, altri lo spessore o la caratterizzazione di questo o quel personaggio, altri ancora specifici passaggi o la leggibilità di alcuni paragrafi. Ogni critica ha il suo valore e può contribuire a migliorare il testo.

Finita questa fase si applicano tutte le modifiche necessarie al manoscritto e lo si ripone, per così dire, in un cassetto. Lo tirerete fuori dopo alcune settimane o anche un paio di mesi per un’ultima rilettura. Questa è la terza fase, quella finale, prima di consegnare il testo all’editore.

È importante non farla subito ma lasciar “sedimentare” il romanzo, in modo da dimenticarlo, da perderne i dettagli, da lasciarlo sfumare nella mente. Leggete il vostro libro come se fosse di qualcun altro, non con l’ottica di correggerlo ma di assaporarlo, di gustarne tutti gli aspetti, dalla trama ai dialoghi, dalle descrizioni alle azioni e all’ambientazione. Adesso siete un lettore puro. Non correggete nulla ma scrivere su un pezzo di carta, man mano che li incontrate, tutti quei punti che in qualche modo stonano o non vi convincono. Solo alla fine della lettura deciderete se modificare ulteriormente qualcosa o no.

Adesso finalmente potete spedire il tutto all’editore. A questo punto inizia la fase più difficile della revisione. Fintanto infatti che eravate voi a decidere cosa cambiare, al più stimolati da critiche esterne, l’opera era ancora completamente vostra. Nel momento, tuttavia, in cui qualcun altro ci mette le mani, ne perdete in parte il controllo e la proprietà. In effetti è così: un romanzo è l’opera di uno scrittore ma un libro pubblicato non lo è, o almeno, non è solo quello. Quest’ultimo è un prodotto commerciale risultante dal lavoro di più persone: i revisori delle bozze, l’impaginatore, gli illustratori, eventuali traduttori e via dicendo. Se volete che il vostro romanzo sia pubblicato, dovete fidarvi della professionalità di tutte queste persone e accettare che dicano la loro anche sul suo contenuto. In genere questo porta a tagli e modifiche e, anche se spesso a essere rimosse sono parti non sostanziali del manoscritto, la cosa può sempre creare nell’autore un certo fastidio.

Potreste essere tentati di pubblicare il romanzo da soli per evitare questo passaggio. Non fatelo. Ci sono mille ragioni per fare un’auto-pubblicazione, tutte assolutamente valide. Questa non è una di quelle.

La maggior parte dei romanzi che avete letto, inclusi i tanti capolavori della letteratura, hanno subito più volte un certo numero di revisioni, anche fra un’edizione e un’altra. La qualità non si ottiene senza molto lavoro e sacrificio.

Ma quali sono gli strumenti da utilizzare durante una revisione, che sia da parte dello stesso autore o di un revisore esterno? I primi sono quelli forniti dallo stesso elaboratore di testi. Molti processori di testi, infatti, hanno strumenti che permettono di tracciare le modifiche o aggiungere commenti. Le modifiche si effettuano tutte le volte che si ha un’alternativa convincente a un certo termine o frase, i commenti quando invece è necessario fare prima delle verifiche o dei controlli incrociati. Un altro strumento è il correttore grammaticale e/o sintattico. Il primo spesso opera mentre si scrive, il secondo può avere un certo numero di falsi positivi, in quanto entra in merito di alcuni aspetti stilistici. Generalmente non c’è quasi mai motivo per non accettare le modifiche suggerite dal correttore grammaticale, mentre sul correttore della sintassi o dello stile si possono prendere decisioni alternative.

La coerenza nella trama, nelle descrizioni o nel comportamento dei personaggi invece è legata a strumenti esterni che l’autore crea durante la stesura del testo: le schede dei personaggi, il calendario degli eventi, cartine e mappe, la descrizione degli ambienti o l’album fotografico dei luoghi. Sono gli stessi strumenti che si usano mentre si scrive e che si possono correggere o affinare nei contenuti proprio durante la revisione. Ad esempio, se nella scheda di un personaggio ho detto che è goloso di dolci e poi in una scena in un certo capitolo lui afferma che adora la crema alla vaniglia ma non sopporta il cioccolato fondente, approfitterò della revisione per arricchire la scheda con queste informazioni, cosa che potrebbe tornarmi utile nel proseguo o in un successivo romanzo.

La revisione quindi, non è solo funzionale a migliorare un testo, ma anche a recuperare dal testo stesso tutta una serie di informazioni che permetteranno in futuro di migliorare anche la qualità della revisione stessa.

Più o meno un buon lavoro di revisione richiede tanto tempo quanto scrivere il testo stesso. In pratica, per ogni ora utilizzata a scrivere, bisogna mettere in conto che alla fine, mettendo assieme tutte le varie fasi di revisione, sia necessaria un’altra ora. Questo genere di considerazioni è importante quando si scrive per professione e quindi si hanno delle scadenze da rispettare nella consegna dei manoscritti. Una cosa è infatti scrivere, un’altra fare lo scrittore. Scrivere per mestiere implica tutta una serie di considerazioni che con la scrittura in sé c’entrano poco e che fanno parte più che altro del mestiere: capacità di pianificazione e di organizzazione, gestione del tempo e rispetto degli impegni presi, comunicazione e promozione del proprio lavoro e di sé, solo per nominarne alcune.

Nelle prossime puntate parleremo di generi letterari, cosa sono e perché esistono. Inizieremo con la narrativa fantastica.

A cura di Dario de Judicibus