Fantasy e Letteratura

Di tanto in tanto, rispondendo alle domande dei lettori, mi capita di imbattermi nell’argomento “fantasy” e di spiegare quanta poca considerazione io abbia della narrativa di quel genere. Volendo esprimere la mia opinione in modo un po’ più articolato, approfitto dello spazio offertomi da Stay Nerd.

Innanzitutto, chiariamoci sul genere “fantasy”. Faccio parte di quell’insieme di persone che non utilizza le classificazioni per poi allargarle fino a far perdere loro ogni senso. Per capirci, per me il termine “arte” indica una produzione creativa e comunicativa, e non uso “arte” applicandolo a cose come la guerra, o il dipingere gli steccati. Allo stesso modo, per me il termine “fantasy” indica un genere preciso, quello nato con la “sword & sorcery” e quasi canonizzato da Tolkien. “Star Wars” per me non è fantasy. “Mad Max” (il film di Miller) non è fantasy. “John Carter” non è fantasy. Sarei più propenso a includere nel fantasy “La Storia Infinita” di Ende o “L’armata delle Tenebre” (il film di Sam Raimi) piuttosto che “Dune” di Frank Herbert, nonostante anche in quest’ultimo ci siano tantissimi elementi fantasy come la magia, il misticismo, l’eletto predestinato, casate in lotta per il potere, razze e culture immaginarie e così via. Poi se siete di quelli a cui piace spippettarsi coi sottogeneri, per cui “Star Wars non è fantascienza, è fantasy fiabesco-tecnologico con ambientazione spaziale” allora chiudiamo il discorso.

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Scusate il lungo preambolo ma era necessario, perché dovendo dare un’opinione impopolare del genere fantasy, ci tenevo che sapeste a cosa mi riferisco con precisione quando parlo di fantasy. Ebbene, a me il 90% della produzione letteraria fantasy fa schifo. Cioè secondo me non sono proprio dei bei libri, sono manoscritti dal significato inesistente, con prosa banale e con trame stupide scritte da scrittori che nella gran parte dei casi non saprebbero scrivere altro. Badate ho detto il 90% dei libri, e comunque mi baso sul 90% dei libri che ho letto. Magari sono stato sfortunato, magari ho pescato in libreria sempre i peggiori. In ogni caso questa è la mia esperienza, e la mia conclusione è che la letteratura, per me, la trovate altrove.

Ora qualcuno potrebbe dirmi: “Ma io il fantasy lo leggo per intrattenermi mentre aspetto l’autobus, non pretendo mica che sia letteratura impegnata.” Bene, perché se questa pretesa non c’è, allora credo che sia giustificata l’intera e massiccia produzione fantasy degli ultimi decenni. Sono roba perfetta da leggere sotto l’ombrellone d’estate mentre si piglia il sole, o in metro mentre si va in ufficio. Poi finito il libro lo si getta nel secchio e se ne comincia un altro. Anche se io preferirei (dovendo proprio rimanere nel fantasy) che vi leggeste Michael Moorcock o Howard o la Le Guin o qualcosa scritto da uno scrittore che scrive letteratura, non c’è niente di male a pescare un volume fantasy a caso dalla libreria del viale e lasciarvi cullare da storie di elfi, nani, signori del male, profezie che guarda caso tu sei l’eletto, mentre la salsedine vi solletica i piedi e il sole vi accarezza le spalle.

Però la letteratura, e gli scrittori, sono altrove. Cioè io non credo che qualcuno di voi apprezzerebbe qualsiasi descrizione di un oceano in burrasca di qualsiasi libro fantasy da spiaggia dopo aver letto quella di Poe in “Una discesa nel Maelström” (o per restare tra gli autori che scrivono nella nostra lingua, quella di Fenoglio nel racconto “Una Crociera agli Antipodi”). E questo per quanto riguarda la prosa, che leggendo libri tradotti è pure difficile da apprezzare. Ma vogliamo parlare del messaggio? Quale messaggio, mi chiederete. Secondo voi Tolkien scriveva degli elfi e degli uomini e dei conflitti fra queste razze perché voleva raccontare storielle su elfi, uomini e guerre, oppure perché gli elfi rappresentavano qualcosa, gli uomini qualcos’altro, e le loro guerre erano una metafora di un’altra cosa ancora? La profondità, il senso di quello che si legge, ne determina la qualità e il valore. Se una storia di elfi e di nani parla effettivamente di elfi e di nani, è una storiella mediocre e pure banale.

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Concludo con un pensiero di Ray Bradbury, che nell’introduzione alla raccolta “100 Racconti” recentemente edita da Mondadori, si lamenta del fatto che la fantascienza non fosse un genere molto considerato dai critici, che negli anni ’50 la consideravano “para-letteratura” o, appunto, letteratura da intrattenimento. È esattamente quello che penso io del 90% del fantasy di oggi. Ma per scrivere fantascienza, allora come oggi, c’era bisogno di cultura, curiosità, impegno intellettuale, si lavorava su basi solide di storia, attualità, elaborandole in universi futuribili o in realtà distopiche. Era inevitabile che la fantascienza, prima o poi, emergesse e divenisse un genere di tutto rispetto. Perché erano scritti, in larga parte (e generalizzando) di qualità. Possiamo dire lo stesso del fantasy che oggi riempie gli scaffali delle nostre librerie?

Luigi Bigio Cecchi