I segreti della disinformazione – Nona puntata

Finora abbiamo visto cosa sia la disinformazione, quali obiettivi si prefigga e quali leve e tecniche utilizzi. Adesso proviamo ad applicare tutto questo a un caso specifico, ovvero a un notiziario televisivo.

Disinformare con i notiziari

Incominciamo a vedere come è fatto un telegiornale nostrano. Innanzi tutto ci sono i titoli di testa, ovvero le notizie principali, che vengono date all’inizio del notiziario facendo vedere brevi sequenze di filmati o singole immagini. Quindi si parte con le notizie vere e proprie. Alcune notizie partono immediatamente con un filmato, altre sono lette da un giornalista in studio e seguite, nel caso di quelle più importanti, da una ripresa televisiva. Per le notizie meno importanti, invece, viene letta solo la stessa. Verso la fine, solitamente, c’è lo sport e poi, in alcuni casi, il meteo, anche se ogni tanto vengono spostate in fondo alcune notizie come quelle di gossip. In alcuni telegiornali, alla fine del notiziario, ci possono essere delle rubriche.

Per quanto riguarda i filmati, ce ne sono di diversi tipi. Il più semplice è formato da una serie di sequenze video che fanno da sottofondo a un parlato che racconta la notizia in modo più dettagliato. Un secondo tipo vede alcune delle sequenze riportare affermazioni o parti di discorsi dei personaggi coinvolti dalla notizia, senza parlato o con un parlato che si alterna alle registrazioni audio. Un terzo intervalla scene specifiche con la ripresa in prima persona di un giornalista, in diretta o in differita. A volte queste sequenze possono essere registrate, a volte sono in diretta, a volte si inframezzano registrazioni e riprese in diretta. Il quarto è l’intervista. Ne esistono altri tipi, ovviamente, più tutte le possibili combinazioni fra i tipi visti in precedenza. Ad esempio, alcune sequenze possono essere in diretta, altre registrate, altre ancora di repertorio, ovvero essere filmati presi in situazioni differenti da quelle attinenti alla notizia ma che in qualche modo la completano visivamente. Ad esempio filmati storici o riprese di paesaggi.

Da notare che in Italia non è obbligatorio far apparire, nel caso di immagini di repertorio, un sottotitolo che evidenzi come non si tratti di una diretta, e comunque quasi nessun telegiornale in Italia lo fa. Questo permette, nel caso si voglia sfruttare questa opportunità per disinformare, di far passare immagini di repertorio per immagini relative a un fatto specifico. Ad esempio, immagini di un bombardamento effettuato alcuni anni prima, come quelle di un bombardamento di cui si è avuta appena notizia.

Abbiamo visto che la disinformazione si basa soprattutto su due leve, quella dei contenuti e quella delle emozioni. Sul piano dei contenuti gioca su quello che si mostra e si dice, ma soprattutto su quello che non si mostra e non si dice. Inoltre sfrutta anche l’equivocità intrinseca del linguaggio naturale, ovvero usa le parole per creare in chi ascolta un’impressione differente da quello che formalmente la frase vuole significare, con un approccio subliminale.

Sul piano delle emozioni, sfrutta soprattutto le emozioni e gli stati d’animo negativi: rabbia, paura, dubbio, confusione, impazienza, sfiducia, disillusione, afflizione, amarezza, dolore, angoscia, depressione, demoralizzazione, apprensione, inquietudine, insicurezza, astio, odio, disgusto, avversione, risentimento e molti altri. Ognuna di queste può essere utilizzata in un modo ben definito con vantaggi differenti, a seconda del caso. Tre, in particolare sono molto facili da usare: rabbia, risentimento e sfiducia.

I meccanismi sono quelli già visti più volte in questa serie di articoli, come ad esempio la decontestualizzazione e ricontestualizzazione di un fatto o di un avvenimento. In un palinsesto televisivo, tuttavia, ce ne sono altri che sfruttano il fatto di non fornire solo una singola notizia, ma più notizie in sequenza. Vediamo quindi, rispetto alle tecniche utilizzabili per disinformare su un singolo avvenimento, delle quali abbiamo già parlato in precedenza, quali ulteriori meccanismi si possono adottare in un notiziario televisivo.

Iniziamo dai titoli di testa. Già scegliere quali notizie debbano anche essere riportate nel sommario iniziale e quali no, e in che ordine, è un primo strumento che può essere usato per creare i presupposti di una disinformazione efficace. Ad esempio, se ho due notizie di pari importanza ma di segno opposto che devo entrambe dare per questioni etiche, deontologiche o comunque di par condicio, posso comunque riportarne solo una nei titoli di testa o combinare il titolo per entrambe in modo da dare maggiore peso solo a una oppure evidenziare il carattere negativo dell’altra. Molti, infatti, ascoltano solo i titoli con attenzione e poi, durante lo svolgimento del telegiornale, fanno altro. In ogni caso, si crea così un “pregiudizio” mirato fin dall’inizio, che poi può essere utilizzato nel proseguo senza che lo spettatore se ne renda conto. È in pratica una tecnica di programmazione linguistica.

Questo meccanismo di programmazione si basa sul fatto che, per quanto si sia di mente aperta e critici di fronte a un avvenimento, tutti noi abbiamo dei pregiudizi che ci sono stati inculcati fin da piccoli dalla società in cui viviamo. Crescendo possiamo averli superati ma rimangono dentro di noi degli echi che possono essere sfruttati in modo inconscio. Si deve solo rivestirle di qualcos’altro. Generalmente questa “veste” ha natura pseudo-razionale, ma più spesso funziona perfettamente quella emotiva. Tutti, infatti, abbiamo un punto debole emotivo che può nascere da una brutta esperienza o da un trascorso difficile. Ammetterlo, tuttavia, a volte è difficile, anche a noi stessi, e questo apre le porte ad alcune leve usate nella programmazione linguistica, una sorta di “back orifice” per esseri umani.

Il secondo passo sta nel decidere in che ordine dare le notizie. Le prime notizie sono le più importanti ma l’ordine ha anche un’altra funzione. Provate a mettere la mano in acqua fredda per qualche minuto e poi in acqua tiepida. Quest’ultima vi sembrerà calda. Analogamente, se tenete la mano per alcuni minuti in acqua calda e poi la immergete nella stessa acqua tiepida di prima, vi sembrerà fredda. Lo stesso, in modo più complesso, succede con quello che ascoltiamo e vediamo, anche se in questo caso non è solo un problema sensoriale ma anche di elaborazione mentale. Prendiamo una notizia che parla di alcuni curiosi comportamenti o attenzioni che a volte i possessori di animali domestici hanno nei loro confronti. Presa a sé stante il servizio potrebbe essere divertente, far sorridere, quanto meno. Ma supponiamo ora di mettere subito dopo un servizio su uno dei tanti problemi che affliggono una qualche popolazione di un luogo sperduto dell’Africa o dell’Asia. Ecco che nello spettatore potrebbe instillarsi un senso di irritazione al pensiero che c’è chi dà a un cane o a un gatto qualcosa che altrove è negato a un bambino o un vecchio. Se poi il servizio in questione viene trasmesso prima, questo senso di irritazione può persino generare rabbia e risentimento. È tuttavia possibile accentuare ulteriormente questa reazione usando ad esempio un servizio in cui la popolazione afflitta è quella domestica, ovvero qualcuno che abita nel nostro Paese, se non addirittura nella stessa regione o città alla quale faceva riferimento il servizio sugli animali domestici. Possiamo usare la stessa tecnica per creare un sentimento avverso a una catena di fast food che apre in una certa città facendo precedere il servizio da un altro che parla dei maltrattamenti di alcuni animali da carne in vari allevamenti di una certa regione, oppure creare collegamenti fra l’aumento di casi di tumore infantile in un certo territorio e il fatto che la magistratura stia indagando su una certa azienda che produce alimenti per bambini. Tenete presente che non è necessario che l’indagine riguardi gli alimenti. Magari è solo un problema tributario, ma se non lo si dice, se si fornisce genericamente solo la notizia dell’indagine in corso, si può comunque generare nell’ascoltatore la certezza di un collegamento del tutto arbitrario.

Qualcuno dirà che è necessario, per far tutto questo, che ci sia una certa coincidenza di avvenimenti, ovvero che comunque entrambe le cose succedano, per poterne sfruttare una per creare una precisa reazione sull’altra. In realtà non è così. Ci sono due modi per affrontare questo problema. Il primo è basato sul fatto che i telegiornali forniscono solo un’informazione minima rispetto a quello che succede non solo nel mondo, ma anche solamente nel nostro Paese. La maggior parte di noi pensa alle “notizie del giorno” e raramente ci chiediamo se davvero quella trentina di notizie che vengano date esauriscano tutto quello che è accaduto in una singola giornata, anche solo nel nostro Paese. In realtà non è così. I notiziari trasmetto solo una piccolissima fetta di notizie, a seconda appunto di quanto i giornalisti le considerino “notiziabili”, un brutto termine usato spesso fra gli addetti ai lavori. Questa notiziabilità è legata a fattori culturali e sociali specifici, ma più spesso a pregiudizi o a interessi di vario genere da parte di chi possiede i canali televisivi o fa pressione sugli stessi.

Quindi, in realtà, è sempre possibile trovare un avvenimento che faccia al caso nostro, al limite riadattandolo un po’, decontestualizzandolo spazialmente o temporalmente, il che vuol dire che non deve essere necessariamente neppure una notizia “fresca”. Entro certi limiti si possono riutilizzare notizie, dati o informazioni di un passato più o meno recente. Per rendersi conto di questo basti pensare a quello che succede quando accade qualcosa di eclatante: un particolare tipo di omicidio e o di aggressione, un incidente ferroviario o automobilistico che possa dare luogo a una qualche polemica, una dichiarazione controversa di un qualche politico o uno scandalo sessuale o legato alla corruzione.

Per alcuni giorni i telegiornali danno notizia di molti altri fatti simili che avvengono con una certa frequenza, creando così il cosiddetto “caso”. In realtà quei fatti avvengono comunque, ma in genere non se ne dà notizia. Poi, se avviene qualcosa che li rende “notiziabili”, di colpo vengono inseriti nei vari palinsesti dei telegiornali e sembra che di colpo ci sia stata un’inspiegabile proliferazione di avvenimenti di quel tipo.

Il secondo modo è più complesso e consiste nel “costruire” la notizia che ci serve. Come già spiegato più volte, si può creare qualcosa di assolutamente falso con solo elementi del tutto veri e confermabili. Sfruttando in modo opportuno immagini, suoni, persino eventuali musiche di sottofondo e soprattutto il parlato, si può costruire su qualunque assemblato di fatti una specifica notizia, funzionale a creare una reazione positiva o negativa nei confronti di quella trasmessa in precedenza o da trasmettere a seguire. Il meccanismo più semplice per far questo senza essere accusati di diffamazione è quello di lasciare che sia lo spettatore a trarne le conseguenze, come nel caso visto in precedenza dell’indagine sull’industria alimentare. In pratica si creano dei puntini virtuali che lo spettatore completa con una propria ipotesi. Si può fare usando termini generici, rimanendo nel vago, mettendo nello stesso calderone cose del tutto scorrelate fra loro, per far sì che sia lo spettatore a creare un collegamento inesistente, evitando dettagli od omettendo un semplice particolare.

Ad esempio, supponiamo che a un certo evento pubblico abbia partecipato un personaggio X che poi si è scoperto avere rapporti con la criminalità organizzata e supponiamo che a quell’evento fossero presenti esponenti di vari partiti. Il personaggio in questione si sarà sicuramente presentato a qualcuno di loro, avrà magari anche scambiato due parole con loro e nel salutarli, stretto loro la mano. Un politico, un imprenditore di successo, un divo dello spettacolo o un giornalista molto popolare partecipano continuamente a decine di eventi ai quali vengono invitati e incontrano centinaia di persone, la maggior parte delle quali dimenticano pochi secondi dopo che sono state loro presentate. Se tuttavia da un filmato che mostra l’evento, si estrapola una sequenza che mostra uno specifico politico parlare e stringere la mano sorridendo a Mister X, allora si potrà usarla all’interno di una notizia costruita ad hoc per mettere in cattiva luce il politico in questione. Ovviamente ci si guarderà bene dal mostrare la stessa stretta di mano, magari con il suo avversario o con politici di altri partiti, altrimenti la scena perderebbe del tutto il suo valore ai fini della disinformazione.

Un altro elemento che spesso esiste nei notiziari moderni è il sottopancia, ovvero quella barretta colorata, in genere rossa, nella quale scorrono ripetendosi alcune notizie. Si tratta di uno strumento molto utile perché spesso il cervello le legge senza rendersene conto, quindi rappresentano un ulteriore strumento pseudo-subliminale da poter usare. In genere il sottopancia è usato per dare le ultime notizie e evidenziare alcune notizie di una certa rilevanza o anche solo per riassumere gli stessi titoli riportati in testa al notiziario. In generale, quindi, dovrebbero essere per lo più scollegati dalla notizia che si sta riportando in uno specifico momento del notiziario. Nulla tuttavia ci impedisce di creare delle correlazioni ad hoc per accentuare o minimizzare la notizia che si sta dando mentre il testo scorre nel sottopancia.

Quarto meccanismo: abbiamo detto che mettendo vicine due notizie, si possono generare nello spettatore specifiche reazioni o si può fargli sviluppare correlazioni in effetti inesistenti. Delle correlazioni abbiamo già parlato in un precedente articolo, ovvero di come si possa quasi sempre mettere in correlazione cose che non lo sono, se si sa come selezionare i dati. Si può fare tuttavia anche l’opposto, ovvero dare a una certa distanza temporale nel notiziario due notizie per evitare che lo spettatore colga correlazioni che invece ci sono. Se poi le due notizie sono date, una con abbondanza di immagini e filmati, l’altro solo come lettura di una “velina”, allora la possibilità che lo spettatore le colleghi fra loro si riduce ulteriormente. Ad esempio, posso evidenziare un caso di corruzione minore di un certo avversario politico e leggere rapidamente, diversi minuti dopo, di un’indagine per un fatto ben più grave di un altro politico, questa volta “amico”.

Ovviamente anche il modo in cui si legge una notizia può fare la sua parte. Non parlo del testo in sé, ma del tono del giornalista che, a volte, può fare qualche commento ad hoc, specialmente se è un noto opinionista o magari il direttore del notiziario. Di per sé non c’è nulla di strano in questo, ma è evidente che si tratta di elementi che possono comunque far gioco se si è intenzionati a fare disinformazione. Anche in questo caso si usa la tecnica del “perché Bruto è un uomo d’onore” del discorso di Augusto nel Giulio Cesare di Shakespeare, ovvero di dice una cosa per farne capire un’altra. I sottintesi, il non detto, il tra le righe, gioca un ruolo fondamentale nella disinformazione perché si fa fare parte del lavoro proprio allo spettatore, che quindi non si porrà mai in una posizione critica nei confronti di ciò che egli stesso ha concluso.

I notiziari, quindi, rispetto alla disinformazione sul singolo avvenimento, hanno a disposizione tutta una serie di altri strumenti per manipolare l’opinione pubblica, anche perché, a differenza di un giornale, l’ordine e il modo in cui sono date le notizie è stabilito dalla redazione e non dallo spettatore. Nella prossima puntata vedremo invece come si fa disinformazione con la carta stampata.

De Judicibus