Ma quindi nelle tue opere non c’è alcuna citazione?

Dopo l’articolo che ho scritto il mese scorso, prendendo ironicamente per i fondelli il popolo di internet che trova citazioni ovunque portando alla luce una diffusa povertà di fonti, mi sembra giusto rigirare la questione: ma quindi, come autore, non citi mai nulla?

Certo che lo faccio. Ma per un buon autore non parlerei di “citazione”. La citazione è una tecnica del consenso molto facile su internet e quindi conveniente da applicare (ed è facile anche abusarne), ma ritengo che un autore dovrebbe limitare le citazioni e gli omaggi e lavorare diversamente nelle sue opere. Si dovrebbe parlare non di citazioni ma di fonti di ispirazione, che sono (e devono essere) innumerevoli. Le mie, indipendentemente dal fatto che io mi reputi un buon autore o meno, sono innumerevoli. Ho letto tantissimi libri, visto tantissimi film, guardato tantissimi cartoni animati, ascoltato tantissime favole prima di andare a dormire, consumato tantissimi pomeriggi a leggere fumetti, visitato tantissime mostre di arte, fiere del fumetto, ascoltato tantissimi artisti. E ho giocato anche parecchi bellissimi videogames, di quelli con una storia. Ora magari vi starete chiedendo a quanto corrisponda “tantissimo”. Beh, fate conto i film, i cartoni, i libri e i fumetti di cui può aver fatto esperienza un ragazzo di 16 anni e moltiplicateli almeno per tre.

Tutta questa massa di cultura popolare anni ’80 ’90 e 2000 (nonché anche quella degli ultimi dieci anni, anche se non la reputo roba buonissima) è stata gettata in un enorme calderone fumante che è quello della mia formazione culturale e contribuisce al mio gusto, alle mie scelte e anche alla mia creatività nel fare fumetti e nello scrivere. Quando si ha un enorme mole di fonti che sono state ormai digerite, assorbite e fanno parte di sé, la consapevolezza creativa cambia: ogni scelta, come ad esempio il colore dei capelli di un personaggio, o la forma della sua arma, o il suo atteggiamento, non è più dettata da un ripescaggio di qualcosa di noto e preciso, bensì da una scelta ponderata e libera basata su fondamenta ampie e variegate.

Vedo che la vostra palpebra sta calando, il vostro occhio si spegne, la vostra attenzione cala e state già pensando “ma che palle ‘sto discorso perché non vado a finire Fallout 4 che l’ho lasciato a metà?” …ok, ok. Cercherò di essere più breve e conciso, per farvi capire esattamente di cosa parlo.

12135402_1874137596145374_1760084951_nPrendiamo un personaggio molto noto dei miei fumetti: Baba Yaga. Quando l’ho creata, ho deciso che avrebbe avuto i capelli fucsia. Anzi no, lilla (la distinzione è fondamentale, soprattutto quando devi consigliare il colore della parrucca a una cosplayer che te lo chiede). All’origine di questa scelta, se io fossi un autore con una base culturale davvero povera, ci sarebbero motivazioni del tipo “facciamole i capelli come Androide18 di Dragon Ball” oppure, più anni ’80 “facciamole i capelli come Jem delle Holograms” (per non considerare l’opzione più tragica: “facciamole i capelli di questo colore che non ho ancora visto alcun personaggio averli così”). Ma il processo creativo di un autore ben formato non funziona in questo modo: i suoi riferimenti, le sue fonti di ispirazione, sono così tante e così ben mescolate che non ripesca alcuna idea specifica: i capelli di Baba Yaga sono lilla e pettinati in quel modo perché così mi piacevano e mi sembravano giusti.

C’entrerà qualche vecchio manuale di Dungeons & Dragons che ho letto a 14 anni in cui compariva una strega dai capelli lilla? Sarò stato influenzato dall’androide 18 di Dragon Ball? Conterà qualcosa il fatto che io abbia guardato Jem e le Holograms e collezionato le figurine dell’album dell’Incantevole Creamy quando ero bambino? O forse c’entra Ultraviolet, o la recente Hit-Girl o la protagonista femminile di Maschera Gialla? La risposta è… tutto, c’entra tutto. E niente nello specifico. Tutto quello che ho letto, visto e vissuto è stato assorbito ed elaborato, e lo si riscontra inevitabilmente in tutto quel che faccio. È una cosa normalissima e nel contempo bellissima che contraddistingue ogni opera di qualsiasi autore del mondo, futuro o passato: è un perenne omaggio alla sua cultura.

Luigi Bigio Cecchi