Un salto nel futuro

Deadcore non è la commistione tra death metal e hardcore. Non è un genere musicale tanto di nicchia quanto spinto, quindi (nonostante esistano band che suonano cose del genere). Non è un genere musicale, ma è effettivamente un prodotto spinto e di nicchia. Ideato durante uno di quegli eventi per sviluppatori a tempo, nello specifico il 7 days FPS del 2012, il gioco è uscito un bel po’ di tempo fa per PC e oggi, finalmente, arriva anche su console. Il “finalmente” avrà certamente già fatto intuire ai più attenti lettori che il gioco ci è piaciuto molto, e il motivo è molto semplice: si tratta di un prodotto molto rifinito sotto il punto di vista del gameplay, nonostante l’apparente scarsa profondità che si percepisce, erroneamente, durante i primi minuti di gioco. Perché il lavoro di 5 Bits Games si apre piano piano, senza che il giocatore se ne accorga. Si inizia a fare piccoli saltelli calcolati, e si finisce con lo sfrecciare senza mai toccare terra, con una sicurezza di se stessi invidiabile.

Ok, si salta. Siamo andati dritti al punto, abbiamo iniziato dalla fine, dicendovi perché è bello Deadcore, ma non vi abbiamo ancora spiegato cos’è. Scusate, iniziamo da capo. Deadcore è un platform in prima persona, molto semplicemente. C’è una torre, e noi dobbiamo arrivare in cima. Perché? Cosa succede? Ve lo racconteranno dei file di testo che troverete come collezionabili sparsi per la manciata di livelli a vostra disposizione. L’atmosfera sci-fi è molto suggestiva, ma effettivamente la fascinazione dell’ambiente e le sparute spiegazioni a nostra disposizione servono solo a titillare la curiosità del giocatore che, dopo qualche decina di minuti, verrà assorbito dal gameplay. Perché, per semplificare al massimo, in Deadcore si salta, si effettua il doppio salto in aria e ci si lancia in avanti con un classico dash, senza dimenticare il fucile utile a (dis)attivare alcuni meccanismi che ci vorrebbero sapere in caduta libera nel vuoto.

Si tratta chiaramente di una corsa contro il tempo, ma anche di un perfezionamento di se stessi e di un attento studio dei livelli, cui deve necessariamente conseguire uno sforzo mnemonico non indifferente utile a ricordare ogni angolo, ogni superficie ed ogni minaccia di morte. Così il giocatore gioca timidamente un livello e impiega un’ora a finirlo. Poi ci torna, e il timer scende inesorabilmente a 20 minuti, alla conclusione. È magia? No, avete fatto un passo avanti, il primo di un lungo loop che vi incastrerà nel perverso vortice di giocare e rigiocare ogni livello, per fare vostra la conoscenza delle “debolezze” del level design, grazie alle quali potrete guadagnare quei preziosi 15 secondi, perdendovi in improbabili e ardite piroette aeree che, solo qualche ora prima, sia voi che le leggi della fisica avreste ritenuto impossibili. Da questi piccoli passi avanti alla corsa contro il tempo per scalare le classifiche mondiali, il passo è evidentemente brevissimo.

A questo impianto di gioco va sommato un buon livello di difficoltà, con picchi non indifferenti. I checkpoint sono però davvero ben distribuiti ed è possibile tornare istantaneamente all’ultimo, senza caricamenti, tramite la pressione di un tasto. Può sembrare una piccolezza, ma in realtà è un dettaglio importantissimo in un titolo che fa del trial and error un suo perno fondamentale. Accanto a questi dettagli, dobbiamo segnalare anche le diverse vie alternative che è possibile intraprendere in alcuni livelli, a incentivare la rigiocabilità di un titolo che certamente non è pensato per essere portato a compimento e riposto, ma che anzi fa della brevità della sua campagna principale quasi un punto di forza, concentrandosi su un level design di pregio che rende un piacere giocare e rigiocare le stesse cose alla ricerca della perfezione.

Sotto il profilo prestazionale il gioco si mantiene piuttosto stabile, mostrando solo qualche piccola incertezza nel framerate, ininfluente sul gameplay data la rarità e lieve entità del problema. Ci sono anche dei problemi di V-sync, più fastidiosi, ma anch’essi di poco peso. Graficamente non ci troviamo di fronte a nulla che faccia gridare al miracolo, ma non ci stupisce date le dimensioni del team di sviluppo e, probabilmente, dato il budget. A fare da contraltare troviamo un’estetica davvero piacevole, non estremamente innovativa ma sicuramente d’effetto. I diversi livelli tentano di differenziarsi tra loro anche sotto il punto di vista grafico e artistico, con successo. La colonna sonora, infine, riesce a dare la giusta carica ed è sempre coerente, per quanto poco memorabile.

Verdetto:

Come vi abbiamo già accennato in apertura, Deadcore ci è piaciuto molto. Al netto di quelle poche sbavature tecniche che vi abbiamo evidenziato, il gioco è davvero meritevole. Si tratta di un titolo rifinito dove deve esserlo, che centra perfettamente il suo obiettivo ultimo, ovvero essere un platform di grandissima profondità, estremamente rigiocabile e, soprattutto, strutturato in modo tale da incentivare il giocatore ad affrontare una sfida contro se stesso alla ricerca del tempo migliore. Un ultimo elemento davvero importante è rappresentato dal prezzo, fissato a poco meno di 8€, rendendo l’acquisto quasi obbligato. Se lo trovate pure in offerta, togliete il “quasi”.