L’inizio della guerra

Ci siamo, Scout imperiali. L’Impero affronta la sua ora più buia. Le Regine Nere sono arrivate e per tutto l’ecumene è giunto il momento di combattere. Ombre nere e presagi di conflitto si erano avvicendati negli ultimi mesi, segnali che presto una minaccia sarebbe venuta a bussare alle porte, per sconvolgere tutte le nostre certezze. Un pericolo antico e dimenticato, che affonda le radici nella storia stessa che portò Vrlam Erondàr al potere, da quella terribile diaspora che seguì dopo la cacciata degli Abominii dal mondo e la partenza dei Draghi. Ma non c’è tempo per ripensare al passato. Imbracciate le vostre armi, è tempo di combattere!

Il Drago rinnegato, Mezzo Artiglio, ha raggiunto Tectuendàrt, la torre sede dei Tecnocrati, e da lì si prepara a spiccare il volo verso Vàhlendàrt per vomitare fuoco e fiamme sulla capitale. Ma Ian Aranill, ultimo dei Varliedarto lo affronta prima che sia troppo tardi, sconfiggendolo in un duello eseguito secondo i dettami del rito. Però la sua vittoria è servita a poco. Le Regine Nere non perdono tempo e piombano sulla città grazie alla loro fortezza volante, pronte a sferrare un attacco devastante alle forze dell’Impero. Mentre l’assedio diventa sempre più cruento e la battaglia infuria nei cieli, Ian, Alben, Gmor e Sera dovranno percorrere le strade della metropoli travolta dalle forze nemiche e raggiungere il palazzo, vero obiettivo dell’invasione, per mettere al sicuro la famiglia imperiale. Riusciranno a farcela o il cuore dell’Erondàr è andato ormai perduto?

Sono almeno due anni che sentiamo parlare in giro di questa saga, che udiamo vari sussurri di corridoio sulla sua futura importanza nello sviluppo della serie e delle conseguenze che potrebbe avere su tutto lo status quo di Dragonero. In questi mesi, si sono avvicendati indizi, ipotesi e anticipazioni di varia natura, e nel frattempo vedevamo crescere sotto i nostri occhi la complessa architettura preparata da Luca Enoch e Stefano Vietti e montava un’immane curiosità riguardo a quello che sarebbe successo. Inoltre, la narrazione si evolveva esponenzialmente, si ampliava di risvolti inattesi e veniva addirittura accompagnata da una seconda testata (Dragonero Adventures) che contribuiva ad allargarne costantemente gli orizzonti. Il terreno per questa guerra delle Regine Nere è stato abbondantemente preparato ed è da parecchio che i lettori vengono ingolositi, incuriositi e preparati psicologicamente al grande evento. E ora, con questo numero 56 finalmente tra le nostre mani, si può dire senza riserve che l’attesa è stata ripagata.

L’albo ha tutto quello che ti aspetteresti dal primo capitolo di una lunga, appassionante storia aspettata con ansia e che finalmente è arrivata. Oppure, se volessimo andare per metafore filmiche, dell’atto conclusivo di una trilogia capace di tenere lo spettatore col fiato sospeso fino alla fine, oppure come un crossover fondamentale tra personaggi tanto amati in precedenti pellicole (tipo Infinity War, visto che i cinecomics vanno oggi tanto di moda). Fatte le dovute proporzioni, certo, ma la sensazione è quella: un evento irripetibile. Orchestrato e diretto dalle sapienti penne di Enoch e Vietti, la cui sorprendente abilità narrativa non è un mistero e che meriterebbe di essere studiata nelle scuole di sceneggiatura. Anche se questo numero 56, esattamente come il precedente, il prequel Il risveglio del Rinnegato, è scritto da Vietti si avverte il respiro narrativo e la magnificenza data da questi due autori alla loro creatura, dello stile impresso che ormai può essere definito lo stile di Dragonero, con quell’intreccio di storyline e il ritmo forsennato che un così importante snodo richiede. Non a caso, alle matite troviamo una delle grandissime firme della testata: Giancarlo Olivares che, tra le altre cose, avevamo visto all’opera anche nelle doppio racconto che ha dato inizio all’intera epopea delle Regine Nere, nei numeri 15 e 16 della serie regolare.

L’uomo giusto al momento giusto, adatto a rappresentare le concitate sequenze dell’episodio, i continui stacchi e i cambi di scena, oltre che le inquadrature dall’alto e le battaglie, spesso ritratte con fenomenali splash page e vignette di notevoli dimensioni dove il suo estro ha la possibilità di esprimersi. Il tutto in una narrazione fluida e drammatica che richiama il pathos del fantasy vecchio stile, dell’epica, senza però dimenticare qual è il DNA di Dragonero, fatto di quella commistione di elementi diversi, alcuni consueti e altri più innovativi. Ed ecco che il design delle Regine Nere e dei loro soldati sembra strizzare l’occhio a certe figure tipicamente manga, l’invasione aerea ricorda, per le modalità di esecuzione, alcuni classici della fantascienza moderna e non solo. Una sintesi perfetta di citazioni e culture differenti che è in realtà, fin dall’inizio, espressione dei gusti e delle passioni di Enoch e Vietti, menti demiurgiche di questo universo fantastico che qui trova la sua massima consacrazione. Del resto, stiamo parlando di due degli autori migliori della SBE degli ultimi decenni, che da anni ci conducono per mano nei mondi strabilianti della loro immaginazione, entusiasmandoci come solo due autentici maestri della narrazione sanno fare. E, infatti, neanche qui mancano i colpi di scena inattesi, le svolte imprevedibili, snodate attraverso lunga tutta la storia grazie alla fantastica abilità del loro raccontare. Un numero che è già un piccolo gioiello di arte narrativa. E siamo solo agli inizi.

Verdetto

Il numero 56 di Dragonero inaugura una fase cruciale e attesissima del più grande successo moderno della Sergio Bonelli Editore, una saga destinata a cambiare radicalmente lo stato della serie. Luca Enoch e Stefano Vietti tirano finalmente le somme di tutte le tra intessute negli ultimi anni, arrivando ad un primo capitolo sorprendente che ribadisce ancora una volta il peso che la guerra delle Regine Nere potrebbe avere nel futuro della loro creatura.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!