Qua la vita a Paperopoli è un gran ballo!”

Ducktales è uno dei classici esempi dell’iconico meme “ma che ne sanno i duemila” che imperversa sulla rete ormai da qualche tempo. C’è da chiedersi davvero cosa possano saperne quelli che non sono nati in quegli anni, tra la metà degli anni ‘80 e i primi anni ’90, delle avventure di Zio Paperone e dei suoi nipotini, Qui, Quo e Qua, occasionalmente accompagnati dalla piccola (e, personalmente, fastidiosa) Gaia. Ducktales era un must see per tutti i bambini di quel periodo, il genere di programma che si vuole vedere per sentirsi un po’ più grandi, alla ricerca ora di un perduto tesoro precolombiano, ora della corona dei gran Khan. Il tutto con animazioni e colori vivaci che colpivano immediatamente l’immaginario dei giovani spettatori, mescolato ad avventure fantascientifiche, o colme di magia e dettagli storici. Insomma, quali che fossero le vostre storie preferite, Ducktales prima o poi le avrebbe narrate.

Una serie con protagonista il patriarca della famiglia dei Paperi, che in appena tre anni riuscì a conquistarsi una fetta di pubblico solida e restare in onda per cento episodi, concludendosi poi e diventando, nei fatti, una delle serie Disney più longeve. Un bel risultato per quella che era considerata una scommessa non da poco ma che, a conti fatti, si rivelò un successo tra grandi e piccini, anche per la sua ottima capacità di rielaborare molti degli elementi del canone di Carl Barks, l’Uomo dei Paperi, colui che con le sue storie a fumetti era riuscito a riscrivere completamente la figura di Zio Paperone. Ducktales ci riproponeva un Paperone addolcito, ma funzionale. Pur essendo il papero più ricco del mondo, era anche legato alla sua famiglia e avrebbe fatto di tutto pur di proteggerla, senza mai dimenticare di essere “il più duro dei duri e il più furbo dei furbi”.

Ebbene, dopo più di venticinque anni dalla chiusura della serie, Disney ha ripensato di proporre Ducktales in una versione completamente nuova. C’è da chiedersi se questo ennesimo ritorno al passato che stiamo vivendo si possa rivelare una buona soluzione. Ducktales è qualcosa di difficile da scomodare: operare nel rispetto del passato, senza però limitarsi a un’imitazione di quanto abbiamo già visto da bambini, è compito veramente arduo. Sarà stata in grado, la Disney, di conciliare questi due aspetti? Tagliamo la testa al toro: la risposta è sì. Questo programma è Ducktales al 100%, ma con una marcia in più. Riproposto in un contesto attuale, con uno stile che magari farà storcere il naso a qualcuno degli spettatori più affezionati, ma senza ombra di dubbio la nuova appassionante incarnazione delle nostre storie di paperi.

Corri e voli in aeroplano!”

Partiamo da quella che è stata una delle maggiori controversie relative alla serie al momento del suo annuncio, il disegno. Nato come omaggio allo stile originale di Carl Barks, sicuramente è uno spartiacque per chi si approccia a questo programma. Chi è affezionato al disegno classico da cartoon Disney della serie originale difficilmente riuscirà a superare questo scoglio. Ci aspetta infatti un character design dai tratti spigolosi che non sempre si presta bene a quanto viene mostrato nella serie. Se lo stile può far storcere il naso di fronte ad alcuni personaggi, appare per contro molto adatto nella rappresentazione delle ambientazioni esotiche e misteriose in cui la nostra famiglia di paperi farà tappa. Le ambientazioni di Atlantide, ad esempio, prima grande meta di Paperone e nipoti, si sposa bene con questo nuova tratto.

Se qualche dubbio può essere posto sui disegni, tuttavia, la trama ci appare assolutamente convincente. Una delle domande che ci siamo sempre posti è, probabilmente, questa: perché diavolo Paperino permette a tre ragazzini, di cui è il tutore legale, di andare in giro per il mondo con quello che, a prima vista, è un vecchio pazzo in ghette e tuba? E, bontà sua, questa nuova serie di Ducktales sembra voler rispondere a tale annosa questione. Paperino, contrariamente alla serie originale (dove era stato rimosso per permettere a Paperone di avere maggiore attenzione), è parte integrante di questa storia. Lo vediamo in una veste per noi quasi inedita, quella di un papero che fatica a mantenere la propria famiglia, in cerca di un lavoro per permettere a Qui, Quo e Qua di avere una vita tranquilla. Cosa non facile, quando i nipotini sembrano pronti a tutto pur di farla in barba allo zio e andare verso l’ennesima nuova avventura. Questa versione di Paperino, che per noi lettori di fumetti è in fin dei conti familiare, ci piace molto e sembra calata bene nella dimensione attuale. A fronte di un colloquio di lavoro imminente, con la baby-sitter dispersa e tre piccole pesti pronte a far navigare la casa galleggiante chissà dove, il nostro povero Donald è costretto a chiedere a l’unico parente disponibile di badare ai nipotini. Ovvero, indovinate un po’, proprio lo Zio Paperone!

Peccato che lui e lo Zione siano in lite e non si parlino da dieci anni, tanto che i nipoti non hanno mai conosciuto il loro prozio. Paperone, dal canto suo, ci appare come un uomo d’affari annoiato, ben distante dall’avventuriero che era stato. Sta chiudendo tutti i rami della sua azienda legati alle ricerche di tesori e sembra ormai rassegnato a una vita da anziano privo di altri interessi nella vita. La visita dei nipotini, complice la presenza della risoluta Debby (ricordate Gaia?), nipote della governante Mrs Beakley (Tata, nel doppiaggio italiano di fine anni ‘80), sconvolge quella che era stata la routine del multimiliardario. Ben presto, dopo la scoperta di una stanza dove Paperone tiene alcuni dei pericolosi manufatti recuperati in passato, la vita di tutti i paperi risulterà molto più “animata”. Da un disastro che coinvolge una serie di creature mistiche all’andare a caccia di un tesoro su un sottomarino guidato da Jet McQuack, si sa, il passo è breve.

I più attenti e assidui lettori di fumetti non potranno fare a meno di notare i parallelismi che corrono tra questo primo episodio della nuova serie di Ducktales e il finale della Saga di Paperon de Paperoni di Don Rosa. Paperone si è ormai ritirato dalle sue attività di avventuriero dopo la lite avvenuta con Paperino (di cui, nel finale, possiamo intuire le motivazioni) e solo la presenza dei nipotini lo riscuoterà, facendolo tornare il papero che era una volta. La storia, insomma, si presenta accattivante, anche grazie a quella che sembra una trama orizzontale molto vasta all’interno dello show. L’introduzione della serialità in Ducktales non è cosa del tutto nuova, visto che parecchi episodi dello spettacolo originale mostravano questa caratteristica, ma questo nuova iterazione sembra voler portare il tutto a un livello superiore. Se ci sembra difficile pensare all’assenza del vecchio schema da “avventura della settimana”, quanto viene fatto intuire dal nuovo corso delle storie dei paperi sembra essere una trama di fondo che coinvolge un mondo familiare assolutamente fuori dal comune.

Non mancano nemmeno tantissimi riferimenti all’albero genealogico dei paperi e alle avventure di Paperone descritte da Barks e Don Rosa, alla serie classica con numerosi rimandi ed easter egg, ma soprattutto al complesso rapporto che si è instaurato tra Paperino e suo zio. Cosa può spingere un papero a non rivolgere la parola a uno dei suoi ultimi parenti rimasti in vita per dieci anni? Di riflesso, questo compromette anche il rapporto con Qui, Quo e Qua che, ognuno a modo suo, hanno idolatrato la figura del papero più ricco del mondo. Soprattutto con Quo, in questa premiere, sembra sia stato fatto il lavoro migliore. Per una frase pronunciata dallo Zione sentita di sfuggita, il nipotino in blu, forse quello che dei tre sembra essere più simile a Paperone, avendo ereditato la sua voglia di avventura, si trova a dover affrontare un conflitto con lo zio. Quo vorrebbe essere come lui, ma non al punto da sacrificare i propri affetti, i fratelli e lo zio Paperino.

Un altro piccolo conflitto è quello che sembra svilupparsi proprio tra l’irascibile papero e i suoi nipoti. Nonostante la fame di avventura e guai che sembra scorrere nelle vene dei tre ragazzi, tipiche di tutta la famiglia, Donald non sembra in alcun modo disposto a farli rischiare. Il papero, nonostante venga riconosciuto come uno degli avventurieri più famosi e intrepidi del mondo, è diventato iper-protettivo, quasi soffocante nei confronti di Qui, Quo e Qua. E, già da questo episodio, lo spettatore è invitato a intuire che il motivo, qualche evento traumatico magari accaduto proprio durante le avventure con lo zione, abbia potuto attuare questo cambiamento. Insomma, Ducktales, nel suo nuovo formato, ci appare come uno splendido dramma familiare, dove Disney ha voluto osare una trama ben più complessa del normale. Il finale di questo doppio episodio, soprattutto, lascia aperti numerosi scenari e sviluppi futuri, dandoci l’occasione di apprezzare lo splendido utilizzo della “mitologia” dei paperi stabilita dai grandi autori di questa famiglia.

“Ma che sballo!”

Che questa prima puntata di Ducktales ci sia piaciuta, ormai appare chiaro. Ma per capire quanto ci sia piaciuta, dobbiamo scomodare la serie originale e porci una domanda: Ducktales che guardavamo da bambini, è invecchiato bene? Purtroppo non si può rispondere “sì” in maniera secca e convinta anche a questo. Molti aspetti di quello show, in primo luogo la caratterizzazione dei personaggi, ci appaiono oggi datati e, tutto sommato, poco attuali. Qui, Quo e Qua, per esempio, apparivano abbastanza generici e “interscambiabili”. Nessuno dei tre possedeva un ruolo preciso all’interno della famiglia e, in effetti, se non fosse stato per il colore dei berretti, sarebbe stato davvero difficile distinguerli. Nel nuovo corso di Ducktales, al contrario, i tre nipotini hanno un carattere ben determinato, passioni e caratteristiche che li contraddistinguono.

Qua è il maggiore (di tre secondi), il più tranquillo dei tre e quello più attaccato al suo Manuale delle Giovani Marmotte; Qui è il più giovane e, per sua stessa ammissione, il gemello malvagio dei tre, quello che non esita a mentire agli zii, che sembra aver ereditato la passione per il denaro di Paperone; e Quo, come anticipato, che sembra essere il giovane avventuriero del gruppo. Insomma, sembra che tutti e tre, chi più, chi meno, abbiano preso qualcosa dal loro celebre zio, facendone un tratto distintivo della propria personalità.

Inoltre, sono stati completamente rivoluzionati i personaggi di Gaia e Tata. La piccola papera fragile e petulante ha lasciato il posto a una ragazzina determinata, capace di prendere al lazo la gente e di costruire delle trappole con le sue mani piumate. La sua passione è studiare la storia della famiglia dei Paperi, ricostruendo la vita e le avventure di zio Paperone, per cui sua nonna, Mrs Beakley, lavora. Un personaggio ben distante dalla visione, non poco stereotipata, della Gaia originale. Lo stesso si può dire di Tata: certo, resta una papera protettiva di dimensioni colossali (letteralmente), ma il suo carattere è ben più deciso rispetto alla sua controparte originale, mostrando anche una forza fisica e un pragmatismo invidiabili. Chi non sembra essere cambiato, per fortuna, è Jet McQuack. Il personaggio funzionava nella serie originale e funziona ancora in questo reboot, con la sua abilità nel volo compensata dalla cronica incapacità di atterrare. Il suo ruolo, all’inizio della serie, è quello di autista del Signor De Paperoni, cosa che cambierà molto presto (con enorme disappunto dello stesso Paperone, il quale ignorava la sua capacità di pilotare aerei).

Infine ci sono loro, Paperino e Paperone. I due, nel loro essere contestualizzati in uno scenario attuale, sembrano aver subito qualche piccola modifica nel loro carattere. Nulla di traumatico, ma tutto funzionale a rendere l’intera storia più godibile. Paperino, sempre pronto a qualche scoppio d’ira con conseguenze imprevedibili, è chiamato a vestire i panni del tutore in maniera completamente nuova. Vederlo mentre mostra ai colleghi di lavoro le foto dei piccoli Qui, Quo e Qua è un momento di familiarità capace tanto di strappare una risata quanto di portare l’intero rapporto tra lo zio e i nipotini su un livello più intimo e verosimile. Spesso, per quanto possa sembrare incredibile, è lui che finisce per diventare la voce della ragione della serie, ricordando a Paperone quanto possano essere pericolose le sue avventure e quanto sia irresponsabile portarsi dietro dei ragazzini.

Per contro, Paperone sembra addolcito rispetto alla sua versione cartacea originale, ma ancora distante dall’affabile papero che abbiamo conosciuto sul piccolo schermo. Un papero che, più del denaro, sembra desiderare l’avventura, annoiato dalla vita da fanta-miliardario circondato da contabili e amministratori delegati lugubri. Il personaggio sembra essere quello in assoluto più suscettibile di cambiamenti nel corso della storia, cosa che appare inevitabile a fronte delle scelte operate da Disney nella trama.

Ultima, doverosa menzione, è quella del cast di doppiatori. Ognuno di loro ci appare perfetto per il proprio ruolo, calato nel personaggio con convinzione. Soprattutto la scelta di David Tennant, con il suo marcato accento scozzese, appare superba per il ruolo di Scrooge McDuck. Difficile pensare a un doppiatore più azzeccato per sostituire il compianto Alan Young.

Cosa ci è piaciuto?

La trama orizzontale, i tanti easter egg, i continui riferimenti alle storie di Barks e Don Rosa. Ma, soprattutto, la capacità di trasportare una serie iconica come Ducktales in un contesto contemporaneo, unendo sapientemente comicità e avventura.

Cosa non ci è piaciuto?

Difficile dirlo. Escluso il nuovo stile di disegno, per cui alcuni di noi forse dovranno allenare l’occhio (mentre altri lo adorano già), l’intera impostazione della serie appare convincente, benché molto diversa da quella originale.

Continueremo a guardarlo?

Certamente. Le avventure dei paperi non ci sono mai sembrate tanto accattivanti e le scelte di trama compiute dagli sceneggiatori ci risultato coraggiose e dotate di enorme potenziale.

 

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Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.