Il musou diventa open world

Sono passati ben 18 anni dal “primo” episodio di Dynasty Warriors: il virgolettato è d’obbligo, visto che solo dal secondo capitolo la serie decise di cambiare direzione, passando dall’essere un picchiaduro a quello che oggi chiamiamo Musou. Un genere quasi monopolio di Koei Tecmo e di Omega Force, spiccatamente orientale e fortemente criticato in occidente per le sue meccaniche ripetitive.
Eppure la serie ha continuato ad uscire imperterrita e, negli ultimi anni, ha saputo guadagnare anche del nuovo pubblico, complice l’utilizzo di brand arcinoti come One Piece e Hokuto no Ken, arrivando addirittura a conquistare Nintendo con Hyrule Warriors e Fire Emblem Warriors. Da qualunque angolo la si vedesse, però, tutti questi titoli soffrivano sempre di un certo immobilismo, ancorati ad un gameplay che faceva il suo dovere ma senza spingersi oltre il semplice compitino, centellinando aggiunte su aggiunte senza mai rivoluzionare davvero il gioco. Forse serviva diventare maggiorenni: Dynasty Warriors 9, infatti, rappresenta il punto di svolta tanto atteso e che porta sui nostri schermi l’era dei Tre Regni in un modo completamente nuovo.

 

Narrativamente parlando, Dynasty Warriors 9 resta fedele alle origini e basa la sua trama sull’ormai classico Romanzo dei Tre Regni, racconto storico del XIV secolo e caposaldo della letteratura cinese, basato su avvenimenti reali della storia del Paese a partire dal 184 d.C. con la Rivolta dei Turbanti Gialli. Un vero e proprio racconto epico al pari dell’Iliade e dell’Eneide, impregnati di mito e magia e portati su schermo anche con una certa fedeltà storica.
Dynasty Warriors 9 non fa eccezione e, con il suo impressionante roster di ben 94 personaggi, permetterà di rivivere le grandi imprese dei Tre Regni da qualunque punto di vista possibile, dall’ascesa di Cao Cao fino alle terribili gesta di Lu Bu e tanti altri, rendendoci partecipi delle grandi battaglie della Cina che fu.
Solo una volta che avvieremo il gioco, però, ci renderemo conto dell’entità rivoluzionaria del titolo: Dynasty Warriors 9 cambia tutte le carte in tavola, portando il gioco nel magico mondo degli open world, rivoluzionando pesantemente gran parte delle sue meccaniche al punto da sembrare un prodotto completamente nuovo. I vari livelli di gioco, un tempo semplici mappe aperte, si fondono tramutandosi in una riproduzione in scala della Cina del II secolo che aspetta solo di essere esplorata in ogni dove.

Le basi del gameplay restano le stesse: Dynasty Warriors 9 è ancora un hack’n’slash in terza persona dove menare le mani contro interi eserciti che, seppur armati fino ai denti, non possono nulla di fronte alla nostra potenza, impersonando eroi dalla possanza fisica sovrumana. Il gioco mantiene poi intatte le diverse meccaniche strategiche e ruolistiche, che vedono la vittoria di determinate battaglie come punti di svolta nell’andamento della guerra, e un sistema di livelli basilare che permetterà al nostro eroe di crescere. Tutto il resto, però, è qualcosa di inedito, a partire dal raffinamento di un combat system spesso criticato per la sua eccessiva semplicità: adesso, oltre agli attacchi base, avremo la possibilità di effettuare anche attacchi muta-stato che permetteranno di stordire, atterrare o lanciare in aria i nostri nemici, più una mossa speciale unica per ogni personaggio. Il tutto, unito a contrattacchi e spezzaguardia, nonché all’epico attacco Musou, tramutano un sistema di lotta molto grezzo in un’esperienza decisamente più fresca rispetto al passato, un pizzico di tecnicismo in più che rende ogni combattimento maggiormente sfizioso e splendidamente coreografico, specie se inanelleremo le combo giuste al momento giusto. Come se ciò non bastasse, il gioco introduce anche le gemme, pietre da incastonare in vari slot che forniranno bonus passivi e attivi che ci renderanno ancor più potenti.

Ma è nel suo mondo aperto che risiedono tante piccole novità che rivoluzionano l’impianto di gioco sin dalle sue basi: il sistema di missioni, ad esempio, è diventato molto più articolato e comprensibile, rendendo chiaro sin da subito non solo i nostri obiettivi ma anche le conseguenze del loro completamento, ad esempio riducendo il morale degli avversari e la difficoltà generale. A ciò si aggiungono poi missioni secondarie che garantiscono, oltre a esperienza e denaro extra, dei materiali. E qui entra in gioco il crafting: praticamente ogni oggetto, arma, accessorio o altro sarà craftabile quasi a piacere. Il mondo di gioco pullula di oggetti, i quali sono inoltre classificati in base alla loro rarità con il classico sistema di colori standard, dal bianco comune al giallo epico, e potremo pertanto creare oggetti sempre più utili. Soprattutto quelli più rari, però, saranno craftabili solo dopo aver ottenuto i loro progetti, qui denominati pergamene e spesso divise in vari pezzi da recuperare sconfiggendo determinati nemici o portando a compimento alcune missioni.

Il tutto risulta incredibilmente semplice e privo di tedio, grazie anche ai numerosi accorgimenti presi per rendere l’esplorazione il più immediata possibile. Un esempio è la disponibilità sin dall’inizio di un cavallo, ma anche la presenza di moltissimi punti di riferimento che permetteranno, una volta scoperti, di utilizzare un viaggio rapido, pietre miliari nonché delle torri di guardia da scalare in pieno stile Assassin’s Creed, per scoprire nuovi luoghi. Tutto sembra fatto apposta per essere assimilato con estrema semplicità, al punto da rendere ogni scoperta sempre interessante, come nel caso di attività come la caccia e la pesca, ma anche i rifugi dove potremo curare le ferite, creare oggetti e addirittura intraprendere un carteggio con i vari generali/personaggi del gioco.
Peccato per le nuove meccaniche stealth, sfruttate purtroppo molto poco ma che risultano parzialmente godibili grazie a strumenti come il rampino, utile per scavalcare muri e scalare montagne, nonché alla presenza di base di un arco che permetterà uccisioni silenziose. In generale, però, le ambizioni di Omega Force hanno permesso a Dynasty Warriors 9 di compiere un deciso passo in avanti, restituendo un titolo che sorprenderà tutti i fan, mentre coloro che non hanno mai sperimentato un musou potrebbero comunque fare i conti con una ripetitività di fondo che, seppur mitigata, resiste e persiste per via della natura stessa della serie.

Come abbiamo detto, però, le radici sono rimaste e, per quanto riguarda l’impianto tecnico, il gioco è decisamente zoppicante. Sia chiaro: la serie Dynasty Warriors non è mai stata celebre per un comparto grafico d’eccellenza e il motivo risiede nel voler presentare battaglie epiche con centinaia di nemici su schermo, cosa che fa lavorare qualunque macchina di gioco a giri elevati. Potendo eventualmente glissare sulle enormi differenze qualitative tra i modelli dei personaggi principali e i vari “minions” del gioco, non è possibile ignorare i numerosi problemi tecnici che affliggono il titolo. Dynasty Warriors 9 propone due modalità che permettono di privilegiare la risoluzione o il framerate, dando comunque qualche problema: nel primo caso, la risoluzione peggiora la veste grafica, mostrando differenze abissali tra i vari dettagli del gioco e rendendo terribilmente zoppicante il framerate, teoricamente fissato a 30 FPS ma che non disdegna cali improvvisi e a volte immotivati. Privilegiando i frame, invece, il gioco riesce a tollerare buona parte delle situazioni, tentennando in modo grave quando si presentano le battaglie più affollate o più semplicemente in modo totalmente casuale, ma sempre più fluido del primo caso.

Più in generale il gioco vive di dualismi: da un lato abbiamo elementi interessanti come il ciclo giorno/notte e meteo dinamico, dall’altra texture slavate e non all’altezza di un titolo dell’ottava generazione. Non basta nemmeno il fattore open world a giustificare un comparto tecnico spesso approssimativo, anche perché le aree, per quanto variegate, sono perlopiù spoglie rispecchiando in modo abbastanza fedele la Cina del II secolo.
Omega Force ha comunque già annunciato l’arrivo di alcune patch correttive ma, avendo giocato il titolo anche su PlayStation 4 Pro, ci saremmo aspettati qualcosa di decisamente superiore rispetto al passato.
C’è poi un altro difetto non necessariamente considerabile tale: l’assenza del multiplayer. Dynasty Warriors è sempre stato un gioco single player e anche questo capitolo continua la tradizione, offrendo come già detto una nutritissima schiera di personaggi e permettendo al gioco di godere di una longevità più che dignitosa. Tuttavia, la presenza di una modalità cooperativa sarebbe stata assai gradita, visto che la stessa è presente in vari spin-off della saga e avrebbe contribuito in modo determinante alle ore di gioco: si potrebbe andare avanti per 5 ore come 100 ma, sicuramente, la possibilità di giocare con un amico avrebbe regalato qualche stimolo in più.

Nulla da dire invece sul comparto audio: il titolo offre il doppiaggio in inglese, giapponese e cinese (lingua consigliata per mantenere una certa fedeltà storica) ma è interamente localizzato in italiano con qualche parola in spagnolo per motivi a noi ignoti. Le musiche, come sempre, spaziano da temi squisitamente orientaleggianti ad epiche cavalcate metal capaci di infondere l’energia giusta per decimare eserciti, il tutto dinamicamente ed offrendo un’eccellente colonna sonora per le nostre eroiche gesta.

dinasty warriors 9 recensione

Verdetto:

Dynasty Warriors 9 rappresenta il primo grande tentativo d’innovazione della serie: la sua struttura open world ha permesso a Omega Force di sbizzarrirsi introducendo tantissime novità e sviluppando un gameplay ormai stantio oltre ogni limite. Peccato per le diverse lacune tecniche, altrimenti il voto sarebbe stato decisamente più alto. Resta comunque un titolo estremamente godibile per i fan della serie e che forse permetterà al genere musou di guadagnare nuovo pubblico, stavolta meritatamente.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.