La teoria del “post-nerd” aka arrivare troppo tardi e troppo appassionati

Siamo arrivati tardi per essere nerd.

Siamo arrivati tardi rispetto a quello che sarebbe il trend che vogliamo seguire. Non tutti ovviamente, ma buona parte. Siamo nerd in un’epoca in cui “nerd” non significa nulla. Il senso di appartenenza si è un po’ perso, e quel che resta è un sottile strato di intolleranza, posseduto da chi avrebbe l’ardire o la pretesa di definirsi un nerd duro e puro. È aria che puzza di merda, come quella che ho sempre immaginato uscire dalla bocca dei piccoli priests di Age of Empire: un “wololo” per ghermirli e nel buio incatenarli. Sostituiamoci la prima consonante e trasformiamolo in “yololo”, che è più o meno quello che penso quando a Stay Nerd si approccia il santone della nerditudine dell’ultima ora… ed è subito capodanno.

“Non siete veri nerd”, “che ne sapete voi?!”, “se non avete una laurea in robotica allora non ne capite un cazzo”. Mettetevi pure un bel cappuccio in testa e andate a bruciare le effigi sotto casa di qualche youtuber visto che ci siete… teste di cazzo. Ma dicevo, siamo arrivati tardi.

Siamo arrivati tardi perché il fenomeno culturale a cui vorremmo far riferimento è radicato in un altro tempo, e per quel che riguarda noi forse anche in un altro luogo. Il nerd, quello per antonomasia, nasce verso la metà degli anni ’70, all’inizio degli ’80, nella meravigliosa Silicon Valley che ha dato i natali (ed ancora li dà) ad una moltitudine di creature a metà tra uomini e codice. Erano gli anni di Atari, di Commodore, dei sistemi scritti in QDOS e DOS. Roba che oggi è tanto archetipica quanto dimenticata. Se ne sta lì, nei libri di storia, e bene che ti dice il nerd medio di oggi ha la dimestichezza con un po’ di html, ma giusto se ha cazzeggiato in lungo e in largo su Forumfree o chi per lui, per cambiare il colore ai titoli dei vari post; altrimenti attaccatevi al cazzo e via. Non si sa bene perché una parola del genere sia stata ripescata oggi, in virtù del più aderente e moderno “geek”, caduto praticamente in disuso salvo in quelle comuni online in cui lo si usa per sentirsi hipster (il che fa ridere ancor di più: un termine per identificarne un altro, che è quasi una metonimia… ma quasi). Quel che è certo è che “nerd” è finito nella bocca di un gran numero di persone che per una questione di “gusti” (laddove una volta forse era più una questione di competenze) si sentono nerd. È giusto o sbagliato? Sinceramente non lo so. Abbiamo già affrontato la questione quasi ai nostri esordi, in cui su spinta popolare ci siamo interrogati brevemente su cosa significhi essere nerd oggi.

The-anatomy-of-nerds-and-geeks

Il punto è che di recente sono tornato a pensare alla cosa, un po’ perché ne ho discusso con alcuni colleghi, un po’ per la partecipazione sempre più massiva alle fiere di settore (quale settore sia, a questo punto, non è chiaro) che avvicinano il concetto di nerd ad un fenomeno prima culturale, e poi “popolare”. Il nerd allora è un fenomeno pop, e come capirete se avete studiato, questa è di per sé una rottura con quello che lo schema originale, che prevedeva tutto fuorché popolarità e diffusione, figurarsi poi divenire una sottocultura nella sottocultura. Ha senso allora legarsi così tanto al passato se, in fin dei conti, non se n’è compreso le basi? A rigor di storia, possiamo dire che la cultura nerd è arrivata al mondo in ritardo? Potremmo dire di no, perché il fenomeno culturale in sé è arrivato in passato, ma per vie traverse, e non si deve comunque neanche andare molto indietro se si pensa al mito dei “paninari” a cui, con spirito manicheo, erano comunque contrapposti i “perdenti”, quelli che certamente non ascoltavano le canzoni di Max Pezzali. Quella di oggi è allora una sorta di “rimonta”, arrivata tremendamente in ritardo, e che pesca da un fenomeno del passato, come un romanzo post-moderno. Altri riferimenti più calzati non saprei pensarli.

Siamo post-moderni nella nostra natura, siamo post-nerd. Siamo allora noi nati già vecchi? Si e no, nel senso proprio di un fenomeno che si rifà al passato e lo rielabora, con un certo canone, ai tempi che corrono. Perché a voler essere ovvi la figura del nerd nasce vecchia in partenza, già morta e risorta a uso e consumo della gadgettistica e di youtube. Fare cultura nerd oggi è infatti un lavoro arduo e non poco, complice la difficile classificazione di una fascia sociologica che, in modo deciso, si può stabilire entro le definite pareti di una parola. “nerd” è oggi una scatola senza superfici solide, che può virtualmente contenere tutto e, pertanto, non significare nulla.

Il fenomeno può allora essere sia interessante che demotivante e meriterebbe oggi di essere analizzato meglio e con cognizione di causa. Dire “nerd” significa fare riferimento ad una serie di stereotipi che hanno esaurito la loro carica sociale anni ed anni fa, quando i computer erano appannaggio di pochi, quando non esisteva lo streaming, quando le riviste ti regalavano i floppy, e quando si passavano ore ed ore a programmare codici che oggi non servirebbero più o meno a nulla. Nerd erano quelli che si rinchiudevano in casa, lasciando all’esterno tutto quello che non fosse la loro passione. I nerd erano i “losers” a cui un certo cinema post Animal House, si è voluto rifare affrontando varie (e goliardiche) tematiche scolastiche non strettamente legate al rendimento accademico. Vi sentite voi dei perdenti? Benché qualcuno dirà di sì, tra fiere, social network, e combriccole da sabato sera, nessuno di noi è oggi veramente nerd, perché nessuno di noi è veramente escluso. Nessuno scambierebbe la propria vita con quella di un hikkikomori, e benché il raffronto sia certamente (e volutamente) eccessivo, se ci pensate bene un po’ è così. Che cosa siamo allora noi?

Hikikomori

Io credo che proprio come gli autori post-moderni, proprio come Pynchon si rifaceva a Joyce, così noi ci rifacciamo ad un tempo passando, imitandolo nel miglior modo possibile, tenendo presente quella che è la nostra realtà. La realtà, oggettiva o soggettiva che sia, è sin troppo diversa da quella che poteva aver vissuto uno Steve Urkel a caso (amato e benemerito) e ci mette a confronto con una comunicazione così veloce da essere originariamente inconcepibile. E questo non è un pensiero superfluo. L’iper-connettività, la super-comunicazione, la “smartphonia” ci hanno resi creature connesse, informate, interattive e molti di questi concetti si sposano a malapena con quello che era il significato originale di nerd. Eppure in qualche modo ai nerd ci ispiriamo, e ad essi ci rifacciamo, pur trascendendo in altre varie “mitologie”, come l’otaku, che in qualche modo giustificano la nomenclatura che ci siamo affibbiati… o che ci hanno affibbiato. Non è chiaro.

E dunque, come detto qualche riga più su, noi siamo post-nerd, e non solo perché siamo venuti dopo. E forse dovremmo accettarlo per quello che è. Perché la cultura “post” è pur sempre cultura, ma in quanto cultura può avere ragione se e solo se identifica esattamente sé stessa. Per spiegarmi meglio è come dire che sarebbe impossibile studiare una materia precisa su di un libro che vi propina un concetto diverso (e magari astratto) per ogni riga di testo. E così noi dobbiamo forse un attimo staccarci dall’idea cavalleresca e romantica (?) del nerd occhialuto e con le braghe bretellate, ed identificare meglio il fenomeno di cui vorremmo far parte. Come post-nerd (stampiamocelo in testa perché questo siamo) dobbiamo trovare una conformazione giusta, dobbiamo interessarci agli argomenti giusti e dobbiamo imparare a parlare di noi stessi non per sentito dire, ma con la giusta cognizione di causa. Perché ragazzi partecipare ad una fiera, scattarvi foto da maiale con i pad in mano, o peggio fare la fila per la webstar del momento (brrrrr) non vi rende nerd. Non vi rende nerd usare parole come “nerfare”, “camperare” o “shoppare”. Non vi rende nerd aver messo il like ad una qualsiasi pagina Facebook che abbia in sé la parola “nerd”. Vi rende (post) nerd l’informazione di settore, un certo tipo di cultura, un certo tipo di discussione a cui potete scegliere di partecipare in maniera attiva. Perché il nerd è oggi una moda, e le mode vanno e vengono. La cultura però resta, così come restano incastonati nella storia i movimenti sociali. Non che ci sia una battaglia da combattere per sentirsi (post) nerd, né si vuole in alcun modo accostarsi a chi le battaglie le ha storicamente combattute sul serio. Ma finché non faremo ordine in questo caos incontrollato, amplificato dalla rete e dai vari “falsi santoni” della nerditudine, post o meno che sia, allora saremo solo una manica di stronzi. Che legge fumetti, che gioca videogame, che guarda serie tv. Si ok, ma sempre stronzi.

nerd-urkel

Possiamo allora avere una nostra unica e definita identità? Si, ma non oggi. Lo faremo domani, al prezzo di consapevolezza e cultura. Un dazio che dobbiamo pagare per evitare che la cultura a cui stiamo facendo riferimento (o il poco che ne resta) finisca vittima dei più marcescenti fenomeni di stereotipia. Se vogliamo che non si pensi a noi come a delle copie (per quanto raffinate possiamo imparare ad essere… o già siamo) abbiamo bisogno di dichiarare i nostri intenti e di trovare un posto nella società che non ci stia né largo né stretto. Abbiamo bisogno di dire e significare qualcosa per uscire al di fuori dei binari che ci si vorrebbero imporre. Perché oggi come oggi siamo poco più che una merce di scambio al servizio dell’eventistica di settore e dei pre-order online. Siamo il motivo evidente della coda lunga di Amazon e dei mercatini dell’usato e se questo vi sta bene, allora che Dio o chi per lui vi benedica e bene così. Io vorrei invece dare un senso a quello che faccio o dico come (post) nerd ed oltre a comunicare vorrei significare. Vorrei che fossimo tutti partecipi di un meraviglioso processo di semiosi e vorrei ci evolvessimo, cosicché da copie divenissimo manifesto. Da post nerd quali siamo, meraviglioso fenomeno sociologico, divenissimo uno strumento culturale – prima – e sociale – poi. Da Nerd a post nerd, verso i neo nerd, con tutte le gravose ma bellissime conseguenze del caso.