Settimana scorsa ci siamo presi una pausa dall’editoriale della settimana, ma solo per sviluppare quello che è un pensiero di cui vi parlerò oggi e che nasce alla luce di due situazioni. La prima è la discrepanza che c’è tra il gradimento della gente verso Destiny e le relative recensioni, leggasi il parere di Metacritic a metà tra voce di Dio e voce del popolo. La seconda è il binomio manicheo di pareri su The Evil Within, l’ultima fatica di Shinji “Resident Evil” Mikami, che ha creato due filoni in netto contrasto: quelli che lo amano e quelli che lo odiano.

The Evil Within
The Evil Within

Ora, in questa sede non voglio parlare dei due giochi in sé, poiché i due titoli sono stati da noi ampiamente recensiti e il parere dei redattori che per Stay Nerd scrivono è, di fatto, il parere di Stay Nerd. Che poi i singoli abbiano pareri contrastanti è altra storia, ma per questo vi invito a chiederci quello che vi pare privatamente, via Facebook magari, dove non abbiamo mai trattenuto risposte alle domande che ci sono state poste (almeno a quelle educate). Quel che mi preme discutere è un argomento “sempreverde” che spacca i pareri sin da che il mestiere di critico ha avuto ragione d’essere, ossia le recensioni. A cosa serve una recensione?

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Destiny

Una recensione è un parere, che può (come no) avere un significato in base a diversi fattori tra cui la competenza di chi quel parere lo scrive, le capacità di mettersi in gioco del mestierante e la sua lucidità. Perché, magari lo intuite, quando si scrive si tende sempre a metterci dentro sé stessi, a maggior ragione quando assieme ai muscoli, a muovere le mani sulla tastiera c’è la passione. Allora la recensione diventa quasi una trappola, perché si rischia di parlare di sé stessi più che dell’oggettività del campione in esame che è, a ben vedere, quello che fanno spesso tante persone e, non lo nego, che è capitato di fare anche a me. Del resto quando una cosa piace fomenta, e quando fomenta si rischia sempre di finire irrimediabilmente per diventare un supporter cieco, perdendo di vista l’ideale e concentrandosi sull’idolo. Ma allora che senso ha scrivere una recensione e, soprattutto, quanto valore può avere per chi la legge? Su tutto io credo che chi legge una recensione debba farlo con la consapevolezza che quel lavoro è frutto di un redattore e che, in quanto essere umano, egli è più o meno soggetto agli stessi sentimenti/emozioni/pensieri di qualsiasi altro umanoide del pianeta Terra. E così nella recensione, o meglio, nell’analisi critica di un qualsiasi prodotto culturale egli sarà in qualche modo vincolato da gusti, esperienze, pareri di fondo che fanno eco nella sua testa. Ma ATTENZIONE, non a caso si è parlato di “analisi critica”, perché le carte in tavola di cui sopra non negano a un professionista di scrivere con cognizione di causa, ed anzi non possono che portare ad una sorta di “onestà”. Il dogma è quindi: essere onesti. Perché essere voci fuori dal coro senza un minimo di retorica alle spalle significa, più o meno, essere dei bugiardi. Non che qui si stia attaccando questo o quel critico del settore, semplicemente si crede – almeno in casa mia – che lì dove ci sono onestà e professionalità non c’è errore. Che poi il giudizio finale si discosti dal gusto (e dai pareri) di altri mille non è un problema, purché esso sia fatto con coscienza ed ecco perché lodo apertamente quei pochi che, almeno in questo settore, non combattono le critiche dei lettori ma anzi cercano (spesso inutilmente) di condurli nei meandri di un ragionamento che nei loro articoli è ampiamente argomentato.

best-videogame-magazine-covIl che ci porta alla seconda domanda: che valore ha leggere una recensione? La risposta qui potrebbe spaziare nei campi più disparati ma la verità è che primordialmente una recensione la si leggeva per avere una garanzia, o quanto meno una sorta di sicurezza. Ricordo anni d’infanzia passati tra PSM e The Games Machine. Erano anni di cui non si sapeva nulla di internet e in cui i cellulari non avevano nemmeno il T9. All’epoca acquistare un qualcosa che viaggiava alto verso le 90.000 Lire faceva timore, quasi spavento e una volta comprato un gioco ignobile le uova erano rotte. Difficilmente si tornava indietro. Ci si affidava allora ai professionisti dell’epoca, nella ricerca di un significato dietro la propria scelta. Non che non lo si potesse trovare da soli ma di per sé, il solo fatto che quelli scrivessero su di una rivista e noi la comprassimo, giustificava una sorta di “patto” secondo cui la credibilità della critica era inoppugnabile. Ovviamente negli anni questa cosa non esiste più, ed anche a guardare indietro c’è il sentore che forse certi pareri fossero veicolati in qualche modo. Non lo so, e forse non lo sapremo mai.

monkey3TGM01Sta di fatto che almeno ieri c’era nell’aria un certo rispetto per la critica e per il lavoro altrui. Cosa che, di fatto, oggi non esiste. Un po’ perché l’uomo non sta più alla marcia di internet e della sua comunicazione in tempo reale, un po’ perché i meccanismi di info sharing hanno distrutto tanti lavori nobili mettendoli al servizio della gente. In questo non c’è nulla di male, e se oggi YouTube ha successo gliene si da i meriti, tuttavia è atterrente vedere come l’utente di oggi non cerchi più il parere professionale a tutti i costi, e si affidi, ad esempio, a tanti Twitch o gameplay fatti da ragazzini imberbi e senza dimestichezza. Ricordo che in una discussione di qualche tempo fa un tizio mi disse che “lo youtuber dice le cose del professionista e in più fa ridere”. Sinceramente non mi sento di dire che la frase sia corretta al 100% sebbene non neghi che sul tubo (come in tanti blog) girino persone che sanno esattamente di cosa stanno parlando. Molti, ma non tutti. E non cerchiamo di sostituire i più con un parere di chi sguazza nel settore anche solo da una decade. Perché se lo si fa allora non ha senso andarsi a leggere la recensione etichettandola, magari, di mancanza di professionalità. Se è la professionalità che cerchi, allora perché ti lamenti del professionista? Che è poi la situazione che ci rimanda agli esempi di cui sopra: Destiny e The Evil Within, in cui molti colleghi sono stati bastonati dagli utenti e additati come “poco professionali”, solo perché un giudizio scritto (da un professionista) non corrisponde alla loro idea del mondo, al loro hype (che è una brutta bestia) o a chissà quale assurda sega mentale. E allora perché non chiederlo semplicemente all’amico? Perché non al tizio del bar o alla signora alla fermata del bus? Se non ci si sente di confrontarsi con un parere professionale, allora perché leggersi una critica di un professionista? Ma soprattutto, cosa ha fatto il professionista per beneficiare, a scatola chiusa, del vostro dubbio?

E questo, credo, risponda anche alla seconda domanda: se una recensione la leggi è perché sai che, in qualche modo, “l’autorità” di chi la scrive è diversa dal tizio a random pescato per strada. E per te, questa cosa, deve per forza avere un senso. Perché se non ne ha significa, semplicemente, che vivi senza sapere quello che fai (non lo dico io eh… non ti offendere, è solo logica) o che, peggio, impieghi male il tuo tempo. Allora leggetele le recensioni, leggetele con cognizione di causa e ricordatevi del loro senso. Sono pareri, consigli, opinioni personali ma professionali di gente che, nel bene o nel male, ha l’esperienza per scrivere e parlare con cognizione di causa. Allora ecco che forse ha senso leggere quello che il redattore dice e se proprio lo si vuole commentare, allora forse vale la pena farlo con cognizione. Una cognizione che dovrebbe portare a porsi delle domande ed a intavolare un dialogo. Che è diverso dal parere dato a random dal tizio X di turno. Un po’ come un medico no? Che quando ci serve speriamo sia sempre il meglio sulla piazza. E visto che questo è il mese dei Simpson vi chiedo: voi vorreste farvi curare dal Dottor Nick Riviera? Io no.