Allora Alfredo, la prima cosa che voglio chiederti: tu da pietra miliare del fumetto italiano su carta, che cosa ne pensi del boom del fumetto che viene invece dal web, che dalle pagine dei social network arriva poi su carta?

E’ un fenomeno abbastanza curioso, strano e studiato in questo momento, non sono poi tantissimi questi fenomeni, possiamo contarli davvero sulle punta delle dita. C’è Zerocalcare prima di tutti, c’è Sio, c’è Bevilacqua e qualcun altro.

 C’è qualche possibilità che i fumetti su internet funzionino bene su carta, ma non succede così per tutti, se consideri quanti migliaia di strisce o serie ci sono su internet. Mentre è difficile che un prodotto promozionato da internet venda fumetti, per esempio, secondo me un’operazione di promozione su internet è stata fatta per Orfani. Eh beh, il risultato non è stato alto come io mi aspettavo. Evidentemente c’è uno scollamento tra il mondo di internet e il mondo reale. E’ come se internet fosse un gigantesco gioco del monopoli dove tu guadagni un pacco di soldi, sono i soldi del monopoli, però quando torni nel mondo reale non valgono niente.

Secondo te, qual è la situazione attuale del fumetto in Italia?

E’ una situazione non buona, lo dicevo poco fa, è inutile nascondersi dietro un dito, in questo momento tutto il fumetto è in calo, si va dal crollo di certi valori a tutta una serie di altre problematiche insomma, c’è inoltre molta concorrenza.

Ci hai detto che segui anche film e serie televisive. Che cosa stai seguendo in questo periodo?

Ho seguito House of Cards fin quando è durata, ogni tanto guardo qualche telefilm, qua e là, ritengo che i telefilm siano il vero cinema americano, adesso però non ho una particolare passione verso qualche serie.

Credi che sia una questione di contenuti?

Le serie tv sono fatte bene, sono scritte bene, sono recitate bene, sono dei prodotti veramente professionali e forse avendo meno bisogno di tutti quegli effetti speciali dei film, magari sono anche più umane. Comunque io li trovo molto interessanti tutti.

Sherlock è un esempio di scrittura secondo me ottima, di rifacimento di un personaggio ottimo, insomma è ottimo, a tutti i livelli.

Ma il fumetto, è ancora un linguaggio?

Sì, sicuramente.

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Ci vuoi raccontare un po’ il rilancio di Martin? Che cosa stai progettando? Come andrà? Che cosa vedi nel futuro del tuo personaggio? Che altro ha da raccontare?

No, come andrà non lo so proprio, vorrei saperlo, anzi forse no, perché magari mi passerebbe la voglia. Martin Mystère funziona ancora, non è seguitissimo ma va, insomma non è ancora una tragedia. E poi ci sarà una nuova serie che si può chiamare reboot, remake, o quello che vuoi. Mi sono immaginato come potrebbe essere Martin Mystère se venisse inventato adesso; quindi con le stesse caratteristiche del personaggio però magari con un nuovo modo di raccontare, un po’ più veloce, diverso.

Un po’ come fu fatto per la serie animata?

Sì, beh quello però è molto distante da Martin Mystère. Invece questo mantiene tutta una serie di caratteristiche, molto più simili. La nuova storia non la sto facendo io, non la sto curando io, faccio una supervisione, ma l’ho affidata a Giovanni Gualdoni e ad un gruppo di altre persone. Perché non la sto facendo io? Al di là della mia pigrizia, anche per il fatto che non voglio ricadere negli stessi meccanismi che sono abituato ad avere con Martin Mystère, se no si ritorna con la solita solfa, detta in parole povere.

Che cosa ne pensi, da interno, della scelta di Bonelli di avvicinarsi ad un pubblico più giovane, per esempio con la serie 4 Hoods di Recchioni?

Non l’ho ancora vista. Comunque una volta c’erano dei prodotti propedeutici alla lettura del fumetto “più da grandi”. C’erano i fumetti da bambini, i Cucciolo, Tiramolla, il Giornalino, ecc. Adesso questo tipo di prodotto non c’è più, per lo meno in Italia.

Tu sei stato uno tra i primi a sperimentare la formula del cross-over, in cui vari personaggi e varie testate si incontrano.

Tra i primi in Italia.

Questo è diventato quasi un cliché ormai.

Questo non so se sia tanto un bene. Bonelli la detestava questa cosa, e anche Tiziano, io ritengo tutt’ora che un cross-over, un team up ogni tre o quattro anni non dia fastidio. Se lo fai più spesso secondo me si, io sono contrario. Questo è il mio modo di vedere. Quindi siamo passati da un periodo lunghissimo senza team up, perché Sergio non li aveva più voluti, e adesso secondo me forse ce ne sono un po’ troppi.

Bonelli ha anche lanciato su Sky Atlantic la serie The Editor is In, sicuramente avrai avuto modo di vederla.

Sì.

Credi ci sia la volontà da parte di una casa storica come Bonelli di affrontare i nuovi media per avvicinarsi ad un pubblico più vasto?

Io spero che ci sia la volontà, perché bisogna avvicinarsi ad un pubblico più vasto. E’ come dire a me son sempre piaciute le carrozze, quindi non cambio la carrozza con la macchina, prima o poi la devi cambiare se vuoi continuare a vivere. Quindi secondo me un avvicinamento ad un mondo più giovanile ci deve essere e si deve fare. Poi adesso bisogna vedere come si fa e duemila altre cose, è da troppo poco che abbiamo iniziato questo viaggio.

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Sicuramente ci sono varie tipologie di mercato in tutto il mondo. C’è il mercato giapponese, quello francese, ecc., Grazie ad internet siamo riusciti a conoscerli forse un po’ meglio.

Un po’ meglio, però sono tutti diversi. Diciamo che i fumetti di Bonelli all’estero non vanno tanto perché sono molto specifici. Vanno bene, se si può dire bene, in paesi come la Grecia, la Turchia, e così via, perché? Perché erano paesi che non avevano una vera e propria cultura fumettistica, quindi hanno accettato anche formati che sono i nostri. Se andassero bene negli Stati Uniti sarei molto contento.

Ti faccio un’ultima domanda poi chiudiamo. Tu mi hai detto che il mercato fumettistico italiano è in crisi. Secondo te allora a quale mercato dovremmo guardare? Qual è un mercato florido in questo momento a cui forse l’Italia si dovrebbe ispirare?

Allora, diciamo che noi tendiamo sempre a guardare il mercato francese perché va abbastanza bene, però è talmente diverso da noi che è inutile star lì a far paragoni, non serve a niente. Possiamo però trarre delle cose, degli insegnamenti qua e là, per esempio, il mercato francese tende a fare dei prodotti ad un livello qualitativo sempre molto attento, poi magari non straordinario, però sempre molto attento. Il mercato giapponese ci può, per modo di dire, consolare sul fatto che anche in un paese altamente industrializzato, pieno di internet e menate varie, c’è ancora spazio per tantissima carta stampata. Ogni mercato ci può essere utile per qualche motivo come ispirazione, però non c’è un modello unico a cui ispirarsi totalmente.