Epiche premesse dal retrogusto amaro

Avete presente quel gusto amaro che lascia in bocca l’insalata? Tutti noi la mangiamo, fa bene, è ricca di vitamine ecc… ma di base non sa assolutamente di niente e spesso è, appunto, amara come la morte, motivo che ci spinge ad utilizzare abbondanti dosi di condimento per renderla, quantomeno accettabile alle nostre papille gustative.

No, tranquilli, non siete finiti su un blog di cucina, ma – se resterete con noi fino alla fine – capirete che l’esempio calza a pennello con il titolo videoludico che ci accingiamo a recensire, ossia il tanto atteso For Honor.

La storia di For Honor inizia nel neanche troppo distante 2015, quando sul palco dell’annuale E3, venne annunciato dal team di Ubisoft Montreal, quello che ha dato i natali a brand come Splinter Cell, Prince of Persia, Assassin’s Creed, Far Cry e Watch Dogs, per citarne alcuni. Un vero e proprio colosso dell’industria videoludica insomma, rappresentato, sul medesimo palco, da Jason Vandenberghe, l’uomo dietro il quale si cela l’idea stessa di For Honor, un’idea fatta di brutali scontri all’arma bianca tra quelli che sono, forse, gli esponenti più illustri della categoria: i Cavalieri, i Vichinghi e i Samurai.
Le premesse c’erano tutte: una nuova IP (che non guasta mai), un nuovo modo di combattere una battaglia virtuale, tre tra le popolazioni guerriere più amate dai giocatori, il tutto da disputarsi prettamente in mortali e sanguinosi deathmatch multiplayer. Ma, a distanza di due anni da quell’annuncio, ora che abbiamo finalmente modo di VIVERE quegli scontri, le aspettative saranno state soddisfatte? Le epiche premesse appena elencate, hanno dato vita ad un gioco altrettanto epico? Andiamolo a vedere insieme!


Io sono la Guerra

Iniziamo la nostra analisi con una premessa più che doverosa: For Honor è un titolo fortemente basato sulla componente multigiocatore e, di conseguenza, non ci soffermeremo più di tanto su quella che è la campagna single player che, oltre ad essere di breve durata, è un mero contorno al gioco stesso, tanto da essere stata definita da molti come un grande tutorial.

La trama della campagna, si sviluppa in 3 capitoli principali, uno per fazione, composti da 6 missioni ciascuno, per un totale di 18 missioni della durata di circa 15 minuti l’una, che porta l’intera longevità della campagna ad oscillare tra le 5 e le 10 ore di gioco, a seconda dell’abilità del giocatore e della sua volontà di cercare o meno i vari collezionabili sparsi nelle mappe. Tali collezionabili si suddividono in due categorie: Osservabili, punti luminosi sparsi nella mappa, che andranno ad ampliare la lore del gioco; e Distruggibili, dei vasi da rompere al fine di trovare emblemi, equipaggiamento o acciaio, che ci saranno consegnati alla fine del livello.

La figura più importante, attorno alla quale si sviluppa l’intero arco narrativo, è la misteriosa Apollyon, Condottiera della Legione di Ossidiana. Caratteristica di Apollyon, oltre al fisico giunonico e al pesante spadone che si porta dietro, capace di tagliare di netto la testa di due poveracci con un singolo fendente, è quella di definirsi la personificazione stessa della guerra e di essere impegnata nella costante ricerca di lupi in mezzo alle pecore. Non in senso letterale ovviamente, ma il suo compito è quello di riportare l’essere umano sul suo giusto cammino, andando a far scoppiare guerre e conflitti, laddove regna la pace e la serenità. Per descriverla in una sola frase, non è solo una guerrafondaia ma la guerra fatta persona, come essa stessa ama definirsi. Non per niente, mamma Ubisoft, ha deciso di chiamarla Apollyon che, in greco, corrisponde alla parola distruttore… fun fact number one.

Accanto alla figura di Apollyon, vi sono i guerrieri che si andranno a controllare nel corso dell’avventura. Ognuna delle tre fazioni ha, al momento, quattro classi con le quali poter giocare e sarà possibile provarne una buona parte, nel corso della campagna singleplayer. Una scelta piuttosto interessante quella fatta da Ubisoft che, così facendo, permette al giocatore di sperimentare vari tipi di combattimento ed individuare, per quanto possibile, la classe che più si confà al proprio stile di gioco. Anche la caratterizzazione dei personaggi sembra essere più che riuscita, soprattutto in alcuni di essi. La Razziatrice Vichinga, la Guardiana dei Cavalieri e la Orochi dei Samurai (o le loro controparti maschili ovviamente, a seconda della vostra scelta di gioco) riescono a spiccare rispetto agli altri personaggi, svolgendo quello che, a tutti gli effetti, è il ruolo dei protagonisti all’interno della rispettiva campagna. Tali personaggi saranno al centro di sequenze di gioco piuttosto convincenti, che li vedranno alla guida di assalti, al comando di armi d’assedio o impegnati in adrenalinici inseguimenti a cavallo, il tutto corredato da un comparto grafico e sonoro più che convincente.

La qualità grafica, infatti, è sicuramente degna di nota sia nella cura dei dettagli e dei decori delle armature, sia nelle ambientazioni che si mostrano piuttosto suggestive tanto nella campagna quanto nella modalità multiplayer. I benefici dei 1080p si vedono tutti, anche se alcune texture, soprattutto se viste da una distanza ravvicinata, tendono a perdere un po’ di qualità. Ciò nonostante, pur nelle fasi più concitate, non abbiamo riscontrato cali di frame di alcuna sorta, che si sono stabilmente mantenuti sui 30 fps. Per contro il comparto audio sembra avere qualche problema, soprattutto nella campagna, dove vediamo spesso dei dialoghi molto poco convincenti, complice anche il doppiaggio in italiano che, questa volta, si dimostra di livello piuttosto basso, soprattutto in alcune sequenze cinematiche, dove vediamo un tono della voce che poco si confà alla scena rappresentata.

Possiamo quindi dire che, la campagna single player di For Honor, è perfettamente riuscita? No, assolutamente, per il semplice motivo che, se ci fosse stata o meno, sarebbe stata la stessa identica cosa, almeno al momento. La trama parte decisamente bene, con ottime premesse e una buona caratterizzazione dei personaggi come appena detto, ma finisce lì. La storia raccontata è purtroppo priva di un qualsiasi tipo di mordente, non riesce a catturare l’interesse del giocatore e va a concludersi in una maniera piuttosto scontata, senza offrire alcun tipo di colpo di scena capace di rimanere impresso nella memoria. È come se fosse stata buttata lì tanto per metterla, cosa che, in un certo senso, non si allontana molto dalla realtà, tenendo conto del fatto che in origine non era assolutamente prevista una componente single player, men che meno una storia con dei protagonisti ed una trama da sviluppare.

Sia ben chiaro che è con l’amaro in bocca che si constatano queste cose, poiché un titolo del genere, con l’aggiunta di una storia degna di esser considerata tale, avrebbe potuto offrire molto di più, anche in vista di un eventuale sviluppo della medesima. Per fare un esempio citando un titolo che, più o meno, vanta le stesse caratteristiche, in Destiny già la sola trama di base (DLC ed espansioni esclusi) era stata capace di catturare l’interesse di una buona fetta di giocatori al punto che, la stessa, è stata sviluppata e ampliata più di una volta. Non è detto che ciò non accada anche con For Honor, ma ora come ora, a nostro avviso le fondamenta sulle quali si struttura la trama generale sembrano piuttosto fragili.

Sangue e violenza

Lasciamoci la campagna single player, con i suoi pregi e i suoi difetti, alle spalle e focalizziamoci sul vero scheletro su cui poggia l’intera struttura di For Honor, ossia il comparto multigiocatore.

Le modalità di gioco offerte da Ubisoft si possono racchiudere in 3 tipologie di scontri differenti: 1vs1, il classico Duello; le Mischie 2vs2 ovvero un duello a quattro giocatori; e 4vs4 dove vediamo una maggiore variabilità rispetto alla due precedenti categorie.

Gli scontri 4vs4 comprendono, infatti, ben 3 tipologie differenti di modalità, racchiuse in 2 gruppi.

DEATHMATCH

-Eliminazione – Un duello a 8 giocatori suddivisi in due squadre e 5 round totali da dover disputare.

-Schermaglia – Anche qui gli 8 giocatori saranno scissi in due squadre e l’obiettivo sarà quello di eliminare tutti gli avversari al fine di totalizzare 1000 punti, passati i quali per gli sfidanti non sarà più possibile tornare in vita e si avrà l’occasione di portare a casa la vittoria.

DOMINIO – Classica modalità cattura la bandiera, solo che, in questo caso, si dovranno catturare dei punti chiave all’interno di una determinata mappa e si dovrà provvedere alla loro difesa. Anche in questo caso gli 8 partecipanti saranno suddivisi in due squadre e, totalizzati 1000 punti, si manderà in rotta la squadra avversaria che, a differenza della schermaglia, potrà reagire tentando di conquistare le zone avversarie o soccombere sotto i colpi del nemico. Altra caratteristica del Dominio, quasi totalmente assente nelle altre modalità, è la presenza di una massa di soldati controllati dal computer che si contenderanno la zona più centrale della mappa. Per il giocatore non rappresentano una grande sfida, ma ingaggiare un duello con un avversario in mezzo ad un gruppo di soldati nemici, può rappresentare un problema poiché attaccheranno, causando sì pochi danni, ma andando ad interrompere eventuali combo. Fondamentalmente sono un elemento di disturbo e, in questo frangente, eccellono sicuramente.

Se da un lato, gli scontri 4vs4, risultano più variegati in termini di modalità offerte, dall’altro sono anche quelli che hanno più problemi. L’intero gameplay di For Honor si basa fondamentalmente sugli scontri 1vs1, poiché è in questi casi che il personaggio può e riesce a dare il meglio di sé, ma in battaglie così grandi, con così tanti giocatori, si rischia spesso di finire in una baraonda di personaggi che menano fendenti a caso, nel tentativo di colpire l’avversario e fregandosene bellamente dei propri compagni di squadra e dei danni che arrecano agli stessi. Già, perché For Honor fa del realismo il suo punto forte e c’è da dire che, in questo frangente, Ubisoft ha saputo fare un ottimo lavoro, al punto tale che colpire, per errore o meno, un proprio compagno di squadra, non arreca ingenti quantità di danno ma interrompe l’azione del medesimo e, in un titolo del genere, anche un piccolo passo falso può condurre velocemente ad una morte prematura… e conseguente incazzatura per essere stato penalizzato da un proprio compagno di squadra.

Altro difetto di queste modalità più “caciarone” è l’inevitabilità della natura umana. In un duello 1vs1, l’avversario può passare l’intero scontro a tentare di scappare per tutta la mappa ma otterrà ben poco in termini di risultato, poiché o perderà la vita o la partita allo scadere del tempo. In uno scontro 2vs2 invece, già possiamo vedere situazioni differenti, poiché ci si potrà imbattere in avversari più o meno pavidi di altri, che al primo accenno di difficoltà correranno incontro al proprio compagno di squadra in cerca di aiuto. La differenza, in questo caso, sta nel fatto che si è pur sempre in uno scontro 2vs2 ergo, la vittoria o la sconfitta, sarà determinata anche dall’effettività validità del proprio compagno di squadra. Una validità che, in termini di abilità videoludica, conta ben poco nei 4vs4, poiché è in questi che sarà molto facile ritrovarsi a dover affrontare 3 avversari in contemporanea, che ben si guarderanno dall’affrontare lo scontro in maniera equa, andando a fare una gara l’uno contro l’altro per contendersi la vostra bella testolina e il conseguente incremento di punteggio.

Come già detto, purtroppo, sono situazioni che è quasi “normale” incontrare ma, la cosa che ci saremmo augurati, era la presenza di una sorta di punteggio ridotto o penalità per chi porta avanti intere partite girando fisso insieme ad altri due (o tre perché no?) compagni di squadra. Tale caratteristica, nonostante sia stata chiesta più volte anche durante la closed alpha e closed beta, non è mai stata presa in considerazione, e così molti giocatori preferiscono dei match 4vs4 contro personaggi controllati dall’IA del gioco che, ai livelli più alti, possono dimostrarsi avversari piuttosto ostici da abbattere. A tal proposito, il matchmaking di For Honor ha delle meccaniche decisamente particolari, da dover tenere in considerazione.

Qualora decidiate di scontrarvi con dei nemici controllati dal computer, infatti, potreste ritrovarvi d’improvviso ad affrontare dei veri e propri mostri del combattimento, che in pochi fendenti magistralmente piazzati, vi faranno perdere lo scontro e lanciare maledizioni. Questo accade perché il divario che c’è tra un livello e l’altro dei bot è decisamente abissale, e viene stabilito di morte in morte. Per farvi un esempio in tal senso, se la vostra abilità vi fa portare a casa la vittoria in maniera piuttosto semplice e netta, il gioco aggiusta il livello di abilità dei bot al vostro, offrendovi una sfida molto più impegnativa e frustrante, tanto che, i bot di terzo livello, sono spesso stati considerati dei cheater visto che tendono a demolire tutto ciò che si muove. Anche in questo caso la scelta fatta da Ubisoft è decisamente interessante, perché consente al giocatore di migliorare la propria abilità match dopo match, costringendolo a prendere una maggiore confidenza col personaggio.

“Molto da apprendere ancora tu hai”

Le tre fazioni di For Honor sono composte da 4 classi ciascuna, che vengono raggruppate in 4 gruppi generali: Avanguardia, Assassino, Pesante e Ibrido. Ogni classe ha un proprio grado di apprendimento ed è quello che ne stabilisce l’effettiva superiorità in battaglia. In questo senso il gioco ci viene in aiuto, indicando, sopra il nome della classe, la tipologia e il grado di difficoltà nel suo utilizzo. A conti fatti, e con molte partite sulle spalle, possiamo dire che nessuna classe è superiore ad un’altra, poiché la loro superiorità o inferiorità è stabilita dall’abilità stessa del giocatore. Per fare un esempio pratico, un’agile e veloce Pacificatrice della fazione dei Cavalieri può facilmente soccombere a due o tre colpi d’ascia di una Razziatrice Vichinga, e ciò non rende quest’ultima superiore rispetto alla prima, ma solo più semplice da apprendere ed utilizzare. Ogni classe ha i suoi punti forti e deboli, tecniche più o meno mortali da dover capire e imparare a usare o evitare, e questo è uno dei punti più importanti dell’intera struttura di For Honor.

Oltre alle abilità del singolo personaggio e di quelle messe in campo dal giocatore che lo controlla, vi sono anche dei bonus/malus da poter ottenere tramite l’equipaggiamento. Se avete letto il nostro hands on della closed Beta già sapete come funziona, ma riassumiamolo un attimo, tanto per avere un quadro chiaro: ogni singolo pezzo di equipaggiamento, trovato al termine di uno scontro o nelle apposite casse acquistate con l’Acciaio (la moneta di gioco) va ad agire su tre delle vostre statistiche, andando ad incrementarne una e diminuirne un’altra; un po’ come il modo di dire della coperta troppo corta, per capirsi. Altra caratteristica importante dell’equipaggiamento è quella del suo aspetto esteriore, sul quale Ubisoft sembra aver svolto un lavoro più che dignitoso. Man mano che salirete di livello, infatti, otterrete pezzi sempre più pregiati che, oltre a dare una notevole spinta alle vostre statistiche, contribuiranno a dare al vostro eroe un aspetto più austero e prestigioso. Fondamentalmente una piccola chicca estetica, che va aggiunta al già notevole ed ampio sistema di personalizzazione del proprio personaggio.

Facciamo ora un breve passo indietro e torniamo a parlare dei bonus/malus ottenuti dal proprio equip. Molte delle modifiche, soprattutto quelle degli oggetti di qualità epica, possono sicuramente fare la differenza ma hanno una grande limitazione, ovvero quella di essere ristrette ai singoli scontri 4vs4. Anche in questo caso la scelta fatta da Ubisoft è degna di lode, poiché così facendo, nei Duelli e nelle Mischie, si avrà il giusto grado di equilibrio che consentirà di poter portare a casa la vittoria, solo grazie alla propria abilità personale e non per una mera superiorità di livello o equipaggiamento.

Una decisione che ci ha fatto storcere un po’ il naso, in tal senso, è quella di adottare la sempre più diffusa politica della monetizzazione. Come già detto le casse di equipaggiamento saranno acquistabili tramite l’Acciaio, ma riuscire ad accumularne è un’impresa piuttosto considerevole, tenendo anche conto che la meno cara si aggira attorno ai 300 pezzi di Acciaio. Il modo più comune per ottenere la preziosa moneta è giocare quanti più match possibili, ma vi è anche una via più “facile” e sicuramente meno economica: acquistare Acciaio dallo store del gioco. A cosa condurrà una scelta del genere non possiamo saperlo al momento, ma la nostra paura è che si rischi di trasformare il tutto in un semplice pay-to-win, una qualità diffusa in molti generi (soprattutto gli MMO), odiata da una buona fetta di pubblico e dannosa in un gioco che vuole fare dell’equilibrio  uno dei suoi punti di forza.

Un mondo in guerra

Una particolarità molto intrigante del multiplayer di For Honor, è rappresentata dalla cosiddetta Guerra di fazioni. Cos’è? È molto semplice in verità e il filmato introduttivo, realizzato con l’intento di spiegarla ai nuovi giocatori, non riesce ad espletare la propria funzione in maniera soddisfacente (oltre a sentirsi ad un volume particolarmente e stranamente basso).

La prima scelta che farete una volta inserito il disco di For Honor, sarà scegliere la vostra fazione tra le tre che, ormai, abbiamo imparato a conoscere: Cavalieri, Vichinghi e Samurai. Tale scelta non vi limiterà in alcun modo quando si tratterà di selezionare il vostro personaggio; potrete tranquillamente essere della fazione dei Samurai e utilizzare un Berserker Vichingo, ma, nel nostro esempio, ogni battaglia che combatterete andrà a dar punti alla fazione dei Samurai. Tali punti sono rappresentati da un tot di Risorse, che otterrete al termine di ogni partita e che dovrete investire nella difesa dei territori della vostra fazione o nell’attacco di quelli controllati dagli avversari.

In parole molto povere è questa la Guerra di fazioni, accumulare Risorse da investire e tentare di farlo in un modo minimamente strategico. Ciò che la rende particolare, e a suo modo affascinante, è l’essere un evento continuo e multipiattaforma.
Questo che significa? Significa che tutti i giocatori di For Honor, su tutte le tre piattaforme sulle quali è stato pubblicato (quindi PS4, PC e Xbox One), stanno combattendo in questo stesso momento la vostra stessa guerra. Le risorse che vengono schierate da un giocatore su PC, si andranno ad accumulare a quelle che, per esempio, avete investito voi su PS4 ed è un sistema estremamente affascinante, che va a rendere “viva” quella che è – a tutti gli effetti – una guerra virtuale su scala mondiale.

Conclusioni:

For Honor fu concepito come titolo multigiocatore e questo doveva essere. La campagna single-player non riesce a brillare di luce propria, nonostante delle solide basi sulle quali poggia. I personaggi principali risultano ben caratterizzati, ma la trama cade facilmente nel banale e sembra un mero fan service, decisamente poco curato. Per contro, il comparto multigiocatore riesce a soddisfare tutte le aspettative, pur essendo lontano dal poter essere considerato perfetto. Il sistema della Guerra di fazioni si dimostra una scelta decisamente interessante. Le meccaniche di gameplay sono la vera forza del gioco che sa sfruttarle al massimo, offrendo una buona varietà di classi  tra le quali scegliere, dotate di stili e curve di apprendimento estremamente diversi tra loro, che stimolano il giocatore a conoscere il proprio personaggio, invece di gettarsi in un selvaggio button smashing. Le modalità e le mappe del multiplayer al momento risultano soddisfacenti ma c’è il forte sospetto che, a lungo andare, possano stancare e sarà di Ubisoft il compito di mantenere alto il livello d’interesse dei giocatori. Dal punto di vista tecnico For Honor mostra una grafica a 1080p e si mantiene stabile a 30fps anche nel corso delle battaglie più concitate. Per contro, il comparto audio necessitava di una maggior cura, soprattutto nella campagna single-player.