Chi non ha mai voluto prendere la maledetta candela?!

Il 2017 è certamente stato l’anno di Hearthstone. Lo è stato al netto dell’arrivo di nuovi competitor, e certamente lo è stato a sentire la fervente community di Blizzard che, nonostante un amore quasi massonico, non ha mai negato al publisher critiche correttive e non. Accogliendo quindi il feedback della community, e complice l’evidente volontà di portare il proprio card game all’attenzione del palcoscenico degli esport, Blizzard ha attuato tutta una serie di cambiamenti e modifiche, partendo dalla rivalutazione del formato selvaggio, sino alla ristrutturazione del profilo single player, ad oggi appannaggio delle sole avventure a pagamento. In questo complesso e mutevole scenario trova oggi spazio quella che è l’ultima espansione del 2017: Coboldi e Catacombe, divertente e “blizzardiana” variazione del tema dei dungeon pen e paper a la Dungeons & Dragons, e da cui Blizzard ha estrapolato non solo il tema dei dungeon, ma anche quello dei bottini ad essi annessi.

La prima cosa che val la pena notare di C&C (Coboldi & Catacombe) è il ridimensionamento delle meccaniche di gioco. Dopo due set a dir poco esplosivi tanto per creature quanto per meccaniche introdotte (non ultimi i Cavalieri del Trono di Ghiaccio introdotti con l’omonimo set), Blizzard ha optato per un set più canonico, che va a ricalcare quelle che sono state le prime espansioni introdotte nel gioco. Ciò ovviamente non significa che non sia un set che valga la pena acquistare, anzi, C&C contiene delle carte veramente interessanti e indovinate, anche se non propriamente memorabili. C&C tuttavia non presenta alcuna sostanziale introduzione per ciò che riguarda le meccaniche delle carte, e la sua più pregevole introduzione è quella relativa al comparto single player, per altro decisamente indietro rispetto a quella che è l’offerta (seppur a pagamento) del suo principale competitor: il Gwent di Cd Projekt Red. Questo dislivello è particolarmente evidente dopo la decisione di mettere da parte le avventure. Decisione, per altro, compromessa, ma a nostro dire apprezzabilissima data la scarsa durata e longevità delle uscite, complice il rilascio settimanale durante i mesi di messa in commercio delle precedenti espansioni. Le avventure, hanno sempre avuto lo smacco di una durata risicata, la qual cosa è sempre andata a scapito dei giocatori più navigati e maturi del card game Blizzard, e non è bastata l’introduzione di boss sempre più coriacei a farci cambiare idea: così com’è stato il formato non ha mai brillato né per inventiva, né per longevità. C&C, dunque, si stacca del tutto dal formato delle avventure, e propone un nuovo e più intrigante (e longevo) contenuto single player: le Spedizioni. Il concetto è molto semplice. Il gioco ci offrirà una serie di scontri randomici contro dei boss unici, la cui difficoltà crescerà in base al numero di vittorie che conseguiremmo contro la IA, il tutto per simulare quella che sarebbe l’esperienza di un tipico giro per dungeon con un gruppo di amici e qualche dado. In verità non c’è in tutto ciò alcuna velleità ruolistica, e la questione “dungeon” resta più una citazione che una meccanica vera e propria. Potremmo discutere ore di quello che poteva effettivamente essere introdotto per avvicinare questa meccanica ad un’esperienza single player più corposa e gdristica, ma evitiamo di divagare e concentriamoci sull’offerta.

Il pregio delle spedizioni è dunque quello di offrire sfide sempre diverse. Per garantire il massimo della sfida, ed un certo coefficiente di randomicità, Blizzard ha ben pensato di non permettere al giocatore di utilizzare uno dei propri mazzi, né tanto meno un mazzo pre-costruito come può accadere nelle risse. Quel che ci viene offerto è un eroe da selezionare tra i 9 canonici, a cui sarà assegnato un mazzo di sole 10 carte. Ad ogni vittoria ci verranno assegnate 3 carte aggiuntive, selezionabili da 3 slot diversi , progettati per spingere uno dei tre aspetti canonici della classe in uso, nonché diversi oggetti che, passivamente, andranno a potenziare la nostra efficienza bellica. Questi ultimi, pure selezionabili tra una rosa di 3 ogni tot vittorie, rappresentano ideologicamente i tesori reperiti durante “l’esplorazione” del dungeon, ed offrono alcune meccaniche veramente interessanti ed efficaci, come la riduzione del costo delle magie, il miglioramento delle statistiche dei servitori, o semplicemente una bella cassa di bombe firmate Dr. Boom da aggiungere la proprio mazzo, e così via in quello che è un campionario davvero foltissimo. Ovviamente le Spedizioni hanno il pregio di poter essere ripetute all’infinito, ed il fatto che la costruzione del mazzo, come l’incontro con i nemici (per altri alcuni rarissimi, ed offerti dal gioco da un bacino totale di ben 48 elementi diversi!) sia soggetto a meccaniche completamente randomiche, contribuisce a creare una bella varietà, aggiungendo al tutto anche l’intrigante possibilità di divertirsi con classi con cui, normalmente, non si costruirebbe un mazzo per giocare.

Anzi, le spedizioni sono un’occasione veramente ghiotta per allenarsi in modo divertente, senza i vincoli delle meccaniche delle precedenti avventure (spesso molto poco intuitive per i neofiti), e senza l’ansia delle partite classificate in cui, ovviamente, non c’è spazio per la pratica, ma solo per la competizione. Al netto di tutto ciò, ossia di una modalità che potrebbe essere potenzialmente un sollazzo eterno, c’è però da segnalare un rarissimo senso di gratificazione nello svolgimento delle missioni. Certo, sconfiggere tutti gli 8 boss di una singola spedizione è una bella soddisfazione, ma il gioco non premia il giocatore in alcun modo. Sarebbe bastato, per dire, che come per le risse le Spedizioni contribuissero a soddisfare le richieste delle missioni giornaliere per rendere la modalità gratificante quel minimo che basterebbe a tenerla in vita sino alla prossima espansione, come pure sarebbe stato interessante che tra le stesse missioni giornaliere fossero inseriti nuovi achievement legati proprio alle meccaniche delle spedizioni (cosa che è stata invece fatta per i soli giorni del lancio, come è consolidato costume dall’uscita di Bassifondi). Così come sono, invece, queste missioni legate a C&C non offrono nulla, che sia un obiettivo giornaliero, un sacchetto d’oro o anche solo una carta bonus o una bustina. Giocarle, pertanto, sarà solo un sollazzo demandato a soddisfare la vostra noia il che, dal nostro punto di vista, è un’occasione quasi del tutto sprecata.

Per quanto riguarda invece le carte, come detto C&C non introduce particolari meccanismi, seppur si prenda la briga di introdurre una nuova dinamica relativa alle armi equipaggiabili, quasi certamente ereditata dal buon riscontro ottenuto dai Cavalieri del Trono di Ghiaccio che hanno sostituito (e ancora lo fanno) i nostri eroi. E dunque con C&C ecco che arriva un’arma leggendaria per tutte le classi, ognuna delle quali offre un interessante bonus strategico non necessariamente legato alla possibilità di attaccare per il nostro eroe. Sono state poi introdotte due nuove tipologie di carte, le Pietre Magiche, ovvero artefatti unici con specifiche condizioni richieste per la loro attivazione, e le più caotiche e chiassose carte “non identificate”, i cui effetti sono ignoti sino al momento in cui verranno pescate dal mazzo premesse, ovviamente, delle caratteristiche base (ad esempio la carta potrebbe essere una magia. Semplicemente non saprete qual è il suo effetto sino al momento della pesca). Infine, ed è questa la più grande introduzione, è l’aggiunta di una nuova keyword, la parola “reclutamento”, che va ad affiancarsi alla più nota “rivela”. Con reclutamento, infatti, potremo evocare istantaneamente una creatura, senza pagarne il costo di mana. Talvolta avendo persino la possibilità di sceglierla da un gruppo di 3, in base ovviamente alla carta che ne attiverà l’uso.

Insomma, C&C non è un’espansione rivoluzionaria, come è stata invece la più recente Trono, ma è sicuramente un’espansione che chiude l’anno in bellezza, e che dimostra l’interesse di Blizzard per il single player meccanica che, volenti o nolenti, è a gran voce richiesta in tutti gli esponenti della scena dei card game digitali. C’è da dire che a differenza forse di tutti gli altri, complice una polarità che non vede declini, Hearthstone è certamente il titolo di genere con la community più florida e con il metagame più recettivo e incalzante. A poca distanza dall’uscita si potevano già notare i primi movimenti nella community, e come sempre è interessante capire gli spostamenti degli interessi dei giocatori per comprendere, se e soprattutto, quanto l’espansione pesi sul bilanciamento generale. Di sicuro C&C, ad esempio, non verrà ricordata per particolari rivoluzioni nell’ambito del metagame, avendo fatto poco più che confermare quelli che erano i più recenti trend di tier 1, primo tra tutti il Cacciatore e il sempreverde Mago a cui ci sentiremmo di seguire con il Paladino, particolarmente rinvigorito da alcune carte proprie dell’espansione. Difficile che i giochi cambino, ma visto il fervore con cui C&C è stata accolta, non ci meraviglierebbe se lavorando di fino su certe meccaniche, certe classi trovassero il loro dignitosissimo spazio anche a questo giro (e certamente Sacerdote e Ladro sono in cima alla classifica delle possibilità).

Tirando le somme, Coboldi & Catacombe è sicuramente un’espansione interessante, il cui indice di gradimento (oltre alle imprescindibili nuove carte) lo si può trovare nel tentativo di Blizzard di trovare una nuova quadra all’esperienza single player, talvolta bistrattata o comunque poco vezzeggiata dal colosso dello sviluppo americano. In sintesi C&C è la chiusura perfetta per quello che è stato un anno di Hearthstone particolarmente interessante, l’anno del Mammut ha infatti portato a tante piccole innovazioni, ed ancor più numerose messe a punto, e in tal senso Coboldi & Catacombe è solo l’ultima espansione di quello che è stato un anno particolarmente indovinato. Facile attendersi che il 2018 sarà un anno con tutti i crismi per il card game Blizzard, ormai sempre più lanciato verso un futuro non più di dignitoso affiancamento agli altri prodotti del publisher, ma esperienza centrale (e a tutto tondo) per il divertimento targato Blizzard. Quel che resta da vedere è se i numerosi esperimenti compiuti quest’anno, come le armi per tutti gli eroi, le carte “sostitutive” come i cavalieri, o meccaniche di gioco come quella delle Spedizioni, trovino terreno fertile anche l’anno venturo, magari con revisioni e novità che rendano certi aspetti del gioco più stabili e duraturi. Se c’è una cosa che vorremmo dire a Blizzard alla fine di questo 2017 è proprio questa: per quanto introdurre di volta in volta nuove meccaniche sia divertente e stimolante per il metagame, un gioco di carte con ben 3 espansioni l’anno richiederebbe, a nostro giudizio, quanto meno certe meccaniche un po’ più stabili. Che siano le missioni, gli eroi, le armi o qualunque altra cosa, introdurre continuamente qualcosa di nuovo facendo – quasi – tabula rasa del vecchio è tanto divertente per gli aficionados quanto atterrente per i neofiti e per i casual gamer. E questo, se si fa un videogame per le masse e non solo per i pro, è qualcosa che va per forza tenuto in conto.