Gratis è bello!

Se c’è uno dei grandi dogmi del videogame è che se scarichi un free to play, questo, per quanto bellissimo, prima o poi ti fotterà in qualche modo, perdendo la L nella parola “play”, e lasciandoti più o meno con la faccia da #sadbatman. Non ce ne voglia Ben Affleck ma la verità è questa: i giochi gratis quasi mai sono gratis per davvero, e anche quelli che rientrano nella categoria “quasi mai”, sono spesso delle sole di proporzioni bibliche, sviluppati il più delle volte col culo. Oggi però arriva una mezza rivoluzione, attuata da Blizzard, che ancora campa col denaro che ha spillato all’umanità con World of Warcraft e che forse aveva la voglia di redimersi in qualche modo. Presentato poco più che un anno fa, Hearthstone: Heroes of Warcraft (per gli amici basta Hearthstone) è un gioco di carte collezionabili digitali ed è – squillino le trombe! – GRATIS! Ma gratis per davvero però! Senza machiavelliche sole o macchinazioni, Hearthstone vi farà davvero divertire senza spendere un centesimo e senza neanche lasciarvi con l’amarezza di essere dei pirla che senza spendere soldi non possono giocare… ma andiamo per ordine.

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Sotto la superficie… il gameplay.

Come dicevamo, si tratta fondamentalmente di un gioco di carte simil-Magic il cui client di gioco è assolutamente gratuito. Certo, le micro transazioni ci sono, ma potete davvero farne a meno, perché giocando con regolarità si ottengono abbastanza crediti di gioco per vivere senza. Certo, sarete i bambini poveri della scuola, quelli che comprano una bustina di figurine la settimana, ma è un dramma a cui si può sopravvivere… Le dinamiche del gioco in sé sono infatti alla portata di tutti, e spesso anche con un mazzo base, se adeguatamente assodate le meccaniche di gioco, si può vincere senza problemi per atteggiarsi a ras del quartiere. Sul tavolo si sfideranno, quindi, due duellanti con un mazzo di 30 carte l’uno. Ad ogni turno si accumulerà un “mana” (dai no, lo sapete che sono i mana…) per un massimo di dieci, onde evocare di volta in volta creature, magie o quant’altro vi possa servire per sopravvivere e piallare il vostro avversario. Potrete quindi colpire il nemico direttamente con una magia, o attaccare con le vostre creature se questi sarà a culo scoperto: le dinamiche, in tal senso, richiamano i fondamentali dei giochi del genere, senza però perdersi in un groviglio di regole e dettagli. La prima è fondamentale cosa che colpisce del gioco è infatti la sua semplicità che, collegata direttamente a un’immediatezza hearthstone_heroes_of_warcraft-0309non da poco, conferisce a Hearthstone un gameplay a prova di pirla, che tuttavia scimmierà anche il più navigato Magic player. Perchè sì, al di là di tutto, questo resta un gioco di carte, e come tutti i giochi di carte si premia l’inventiva nella costruzione del mazzo, la strategia, e anche un pizzico di culo, tuttavia come sempre in giochi del genere, mai nulla è lasciato al caso, ed ecco che col passare delle ore, premessa vi si salita in spalla una scimmia di cospicue dimensioni, Hearthstone smette di essere un gioco cazzaro e diventa un passatempo impegnativo, da nerd professionisti insomma. E visto che di nerdume si parla, che altro potrebbe fare Hearthstone per farsi piacere, se non solleticare la fantasia di quella fetta di giocatori che ha immolato anche un solo mese della propria vita a diventare un campione di WOW? Nulla ovviamente! Tant’è che il gioco propone di peso tutta l’iconografia classica di Warcraft, tra mostri, doppiaggio (“finito!”), personaggi sulle carte e persino tavoli da gioco. Blizzard, da sempre maniaca e precisina della fungia, ha infatti messo in piedi non tanto un ipotetico gioco per i fan, ma forse piuttosto un gioco per i personaggi del mondo di Warcraft, quello che, in pratica, i zozzi frequentatori di bettole praticherebbero nelle taverne di quel mondo, piuttosto che del nostro. E così in una partita o in un’altra, ti capita tra le palle un Illidan a caso, sulla sua bellissima carta leggendaria con tanto di animazioni, piuttosto che l’ultimo arrivato Cho, il ramingo copiato da Kung Fu Panda. La cura nel dettaglio e la definizione di tutto il set di gioco (pensate solo che i tavoli di gioco sono interattivi, e potrete cazzeggiare – in modo del tutto inutile e per questo bellissimo – cliccando in giro per lo schermo) contribuisce a quell’idea di avere tra le mani un prodotto completo e soddisfacente, ma soprattutto studiato, non come spesso accade ai contenuti free to play lasciati in balia dei flutti della mala programmazione… anche se…

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Ti faccio un mazzo cosi!

Anche se Blizzard è inciampata, come fa dai suoi esordi, nei suoi tipici problemi di bilanciamento. Uno si aspetterebbe che, quelli che hanno inventato Diablo (e quindi hanno contribuito al diffondersi del concetto di “classi” al di fuori dell’universo dei giochi cartacei) siano in qualche modo avvezzi all’equità, dando a tutte le classi le medesime possibilità. Ma no, ovviamente così non è: ogni giocatore di Hearthstone non metterà la propria faccia (e le proprie natiche) sul tavolo di gioco, ma piuttosto quelle di un rappresentante, scelto tra un nugolo dei classici eroi di Warcraft, come Trall o Jaina (per citare i più celebri). Ogni eroe avrà, quindi, 30 punti vita, nonché una propria abilità specifica, del costo di 2 mana (tipo uno sparo, un’evocazione rapida, o quant’altro) e un set di carte base che sbloccherà col progredire del proprio livello sino a un massimo di 20 carte (si, ci stanno pure i livelli simil GDR). Il problema è che ci sono eroi palesemente più forti e “utili” di altri, sia per l’abilità che possiedono che per le carte cui possono attingere. Questo, per ovvi motivi, è un peccato mortale ma la cosa si aggrava particolarmente se si pensa che invece il resto dell’esperienza gode di una curva di apprendimento delicata e ben congegnata. Certo… questo è il meno dell’esperienza, soprattutto a fronte di una modalità per giocatore singolo che, ad oggi, non esiste e che sarà invece lanciata nel corso della prossima estate. Questo è un bene, perché l’esperienza, concentratasi tutta sulla competizione, favorisce i mazzi fotocopia, facilmente reperibili in rete e costruibili, con un po’ di pazienza, da qualsiasi giocatore. Il gioco gode infatti della possibilità di distruggere le carte più rare in proprio possesso per accumulare una speciale “moneta” (la Polvere Arcana, che sembra talco ma non è) con cui è possibile – non senza fatica – costruire qualsiasi carta (sì, anche le più super rarissime). Questo problema di lameroni/copioni/maledettibastardi/pallemosce, unito ad una scarsità allucinante di modalità, contribuisce quindi a generare un qualche senso di disagio, che va e viene, un po’ ciclicamente. Proprio le modalità, inoltre, sono tutte fondamentalmente abbastanza tipiche, tra partite casualone e classifiche da scalare. Qui, come si intuisce, si subisce molto lo smacco dei giocatori che, privi di palle, hanno copiato il mazzo di questo o quel campione.

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Se la noia e la depressione affliggeranno i più di voi, soprattutto quelli che non hanno mai finito gli album di figurine perchè ne compravano troppo poche (leggasi: quelli che non compreranno le carte con la carta), ciò non succederà nella modalità Arena, dove fondamentalmente si assemblerà un mazzo sul momento per darsele come dei fabbri. Qui tutta l’essenza di Hearthstone, ossia la sua semplicità solo apparente, mista alla necessità di avere più del quoziente intellettivo di Simple Jack (https://www.youtube.com/watch?v=U-n_zk7e0ZU), si mostra di prepotenza, dandovi un piacevole senso di benessere nella vittoria, ma una certa dignità nella sconfitta. Il che è di nuovo un bene, soprattutto se considerate che proprio grazie alla modalità Arena si guadagneranno i più dei denari utili all’acquisto dei pacchetti di carte. Che manca a sto punto? La possibilità di scambiarsi le carte, che in giochi simili è tipo fondamentale, ma che in fin dei conti non vi mancherà poi tanto, anche grazie ad un sistema di missioni quotidiane che, nel bene o nel male, vi permetterà di tanto in tanto di guadagnarvi i soldi per una bustina in più.