A poco più di 3 anni dall’arrivo su console di Dragon Age 2, Bioware ci consegna di nuovo le chiavi del Thedas riportandoci nel mondo (non così) medieval-fantasy di Dragon Age. Con questo terzo capitolo, Inquisition, Bioware sembra voler chiaramente rimescolare le carte in tavola dopo il mezzo passo falso del secondo capitolo in cui, a fronte di un’ottima caratterizzazione dei personaggi, ci si trovava a combattere e giocare in un mondo fondamentalmente spoglio e privo di ambientazioni (le ambientazioni c’erano, ma continuamente riciclate!!!! AAARGH!). Perché questo ritardo in questa recensione? Semplice: perché Inquisition è un gioco immenso! Abbiamo quindi voluto mettere a dura prova il codice per scovare e riflettere su ogni aspetto e problematica conquistando (non senza fatica e notti insonni) oltre 65 ore di gioco. Ed ecco dunque il motivo di una recensione forse un po’ tardiva, ma scritta con tanta, tantissima, cognizione di causa. Alla pugna Inquisitori!

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C’era una volta…

dai_e3_followersAmbientato a dieci anni dal primo Dragon Age, ma solo a poche settimane dal secondo capitolo, Inquisition ci mette nei panni del nuovo eroe del mondo, secondo quella che è una rodata (ed anche soddisfacente) formula di “protagonismo” tipica di Dragon Age. Dopo L’Eroe del Ferelden e il Campione di Kirkwall, stavolta vestiremo i panni dell’Inquisitore, un personaggio con un background narrativo decisamente intrigante e ben costruito. Dopo anni di battaglie, pare che l’ordine dei Templare e quello dei Maghi sia finalmente arrivato ad un accordo. Grazie al provvidenziale intervento della “Divina” Justinia V (leggetela come una sorta di papessa) le due potenti fazioni si apprestano quindi alla pace, che verrà stipulata nel corso di un apposito concilio nei pressi di una montagna. Mentre le cose sembrano andare bene, tuttavia, una forza misteriosa causerà un’esplosione potente e violenta, tale da mietere un numero incalcolabile di vittime (tra cui tutti i ranghi più alti della chiesa, Divina compresa), radendo al suolo buona parte dello scenario e creando letteralmente uno squarcio nel cielo. Nessun sopravvissuto ad un evento simile tranne che lui… il vostro “tizio” il cui background avrete preventivamente impostato grazie all’apposito e completo editor di gioco, con cui modellarne le fattezze, la razza e la classe (con relativa associazione di un minimo di passato narrativo utile per le “chiacchiere” future). Il sopravvissuto, rinvenuto da quelli che erano dell’entourage della Divina, non solo si ritrova come unico miracolato superstite, ma pare avere anche sulla mano sinistra uno stravagante marchio verde che, in qualche modo, parrebbe connesso allo squarcio nel cielo. Dapprima considerato tra gli artefici dell’attentato, poi probabilmente, solo inconsapevole vittima, il tizio diviene ben presto un salvatore poiché il suddetto marchio parrebbe l’unica speranza di chiudere lo squarcio. La storia del tizio (la vostra storia) si comincerà quindi a dipanare sin dalle prime ore, portandovi alla conoscenza dei primi personaggi del vostro futuro party (tra cui è impossibile non salutare con affetto il nano Varric) ed anche delle prime mazzate. Dragon Age: Inquisition comincia così.

dai_cole_01Con un’esplosione, pochi colpi di scena e un cammino molto lungo e arduo che, come intuirete, porterà il vostro personaggio da vittima degli eventi a Inquisitore, ossia il Boss di quella che è, di fatto, una nuova milizia armata al di sopra di qualsiasi altra autorità costituita. Se dal prologo il tutto sembra poco galvanizzante, quel che c’è di bello in Inquisition è la letterale scalata al potere che effettuerete ora dopo ora, tale che non solo vi porterà ad ottenere i primi incarichi (con annesse lunghe esplorazioni), ma anche i primi accoliti, le prime risorse, i primi guai da gestire “internamente” e quel feeling così compiacente di gestire un manipolo di personaggi molto badass sempre sulla soglia di “fanculo tutti, comandiamo noi”. Capirete che parliamo, quindi, di una premessa narrativamente molto appagante (forse la migliore, ad oggi, nella serie) che però va incontro ad alcune problematiche non da poco. Prima su tutte, la trama stessa di Inquistion non è tutta rose e fiori. A dispetto delle premesse interessanti e dell’effetto galvanizzante dato dal potere (A ME IL POTEEEEEREEEE!) la trama del gioco si fa a mano a mano più lenta e sonnacchiosa. Bioware ci prova a ravvivare il tutto, portando alla luce un po’ di guest star e inerpicandosi negli spiegoni tipici delle sue produzioni, ma i guizzi narrativi sono pochi, le sorprese pre-calcolate ed anche quando alcune rivelazioni faranno la gioia dei fan, i risultati ottenuti saranno comunque minimi. Un peccato a fronte di una scrittura veramente eccellente dei dialoghi e di una caratterizzazione dei personaggi che, come da tradizione, lascia ben poco al caso. Il punto è che, tra la lunghezza del gioco, la mole incalcolabile di incarichi secondari e la mancanza di un nemico VERAMENTE di spessore, la trama di Inquisition andrà spesso avanti a stenti, catturando ben poco l’interesse e portando, paradossalmente, l’immensa mole di testi ad essere spesso più un ostacolo al divertimento che una trappola al vostro interesse. Per fortuna laddove non ve ne fregherà sostanzialmente nulla, gli Dei del Thedas avranno creato il provvidenziale tasto skip onde evitare certe fette del discorso veramente di troppo. Senza contare che, bene o male, il fatto di essere il cazzutissimo Inquisitore riuscirà sempre e comunque a sollazzarvi per molto, moltissimo tempo!

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Per puristi?

C’è una differenza tra Mass Effect e Dragon Age e non va semplicemente ricercata nelle ovvie diversità date dal background narrativo. Lì dove Mass Effect si è concentrato in un’epopea certamente di ampio respiro, ma impostata affinché ci sia interesse per Shepard (e annesso equipaggio), Dragon Age ha sempre imposto un cammino inverso, facendo dei suoi protagonisti dei meri “personaggi storici”. Il protagonista di Dragon Age, per quanto il personaggio del giocatore sia ovviamente fondamentale e centrale, è un altro: il Mondo. È il mondo di gioco il vero protagonista e in quest’ottica capirete anche il perché ad ogni capitolo ci sia stato un passaggio di testimone da un eroe ad un altro.

dai_varric_01Questa scelta, molto particolare nel panorama videoludico, tale da aver permesso la creazione di un vero e proprio immaginario epico di tutto rispetto, incontra, specialmente in Inquisition, un problema non da poco: la fruibilità della narrazione. Sebbene sia chiaro che il gioco può essere acquistato e giocato da tutti, è altrettanto chiaro che per essere goduto richiede un campionario di conoscenze che deve, per forza di cose, radicarsi nel passato della serie. Il gioco non fa nulla per mettervi a vostro agio e si lancia, sin dalle prime ore, nella citazione di nomi, concetti, epiteti e varie che pescano di peso dal passato della serie dando semplicemente per scontato che vi sappiate già tutto. Nel mio caso ciò era vero, poiché sono stato un giocatore più che avido della serie, tuttavia immagino la faccia un tantinello perplessa di molti novelli giocatori quando, sin dalle prime ore, si sciorinano i nomi più stravaganti e disparati. Questo è ovviamente un limite che, in un gioco con una quantità di testo SPROPOSITATA potrebbe in qualche modo annoiare o confondere. Certo ci sono documenti con informazioni su ogni cosa (no sul serio, SU OGNI COSA) ma come sempre essi resteranno nulla più che un archivio digitale e poco più.

SPROPOSITATO

Ci piace la parola “spropositato”, perché assieme a “mastodontico” è forse uno dei termini migliori per descrivere brevemente la mole di contenuti che Inquisition si porta con sé. La quantità di cose da fare, luoghi da visitare, oggetti da raccogliere, missioni da svolgere è semplicemente fuori scala rispetto alle produzioni di genere e, volendo proprio cercare un confronto nel mondo delle produzioni degli ultimi anni, può sentirsi in grado di confrontarsi solo con opere altrettanto imponenti come GTA V. La cosa non stupisce solo per l’effettiva quantità di cose da fare, ma anche e soprattutto per un codice pulito e rifinito. Bug, erroracci o sbavature, sono infatti una vera e propria rarità e non si incappa praticamente mai in qualcosa che sia fuori posto. Certo, ci sono (come tipico in giochi così grandi) delle cose che di tanto in tanto sbarellano, ma si tratta sempre e comunque di problemi molto minori che non ledono né l’atmosfera né il gameplay.

dai_wartableCiò ci fa sinceramente piacere, perché ciò non solo Bioware dimostra un impegno nello sviluppo encomiabile, ma soprattutto l’attenzione per il feedback dei giocatori. Chi avrà giocato a DA2 ricorderà, infatti, la generale pochezza del titolo che ben poco aveva da offrire in termini di scenari, missioni, e quant’altro potesse effettivamente invogliare a restare il più possibile incollati allo schermo. Quel fallimento, unito alle critiche di fan particolarmente severi, deve aver in qualche modo incoraggiato la società a fare meglio, come sarà facilmente evidenziato dal vostro timer di ore di gioco. Parliamo infatti di poco meno di 30 ore di gioco nel caso in cui vogliate tirare dritti verso la fine della trama impegnandovi solo fugacemente in qualche incarico secondario, ma di ben oltre il doppio se invece avrete intenzione di visitare, collezionare e completare tutto il completabile e questo è sinceramente un bene, soprattutto se di considera che, come diremo tra poco, potrete giocare le missioni in ordine assolutamente sparso!

Sulla strada dell’MMO

daprintfeb_7Ma un impianto concettualmente vasto non potrebbe mai sposarsi con la costruzione di un mondo piccolo e in qualche modo chiuso. Quel che serviva a Dragon Age era ritornare ad una mappa vasta, articolata e che sapesse stuzzicare uno dei più grandi pallini dei gdrista di razza: l’esplorazione. Ecco perché ispirandosi ad una matrice dichiaratamente MMO, Inquisition ci propone un mondo di gioco vastissimo ma con un trucco. La mappa è infatti divisa in molteplici regioni, corrispondenti a sezioni esplorabili molto, ma molto vaste, in cui spesso ci sono persino delle “sottosezioni” da sbloccare una volta che ci si imbatte in esse nel corso del nostro peregrinare. La bellezza, in tal senso, è data anche dall’ottima varietà degli ambienti, in cui spesso avvengono (sempre per mezzo delle nostre azioni) anche dei considerevoli cambiamenti climatici/geologici. E così si passa dalla bellissima e assolata città di Orlais a pianure desertiche martoriate dal vento. Da boscaglie alle pendici di ammassi montuosi, a coste frastagliate e fustigate dalla pioggia. Tutto quel che potrebbe esserci in termini di ambienti, in Inquisition c’è, è visitabile e nasconde anche una moltitudine di misteri e cose da fare. L’impianto MMO ha inoltre mescolato nel gameplay alcune defezioni tipiche della ruolistica in rete, come il crafting e annessa ricerca di materie prima. Il mondo di gioco, quindi, lo si vive non con superficialità ma con ampio coinvolgimento, poiché sempre più spesso ci si ritroverà alla ricerca di oggetti, materie prime, collezionabili o vittime di una semplice curiosità che, mescolandosi nelle ultime ore con il desiderio di “caccia grossa”, vi trasformerà pian piano in abili e affamati cartografi. A trovare il pelo nell’uovo c’è la mancanza di ambienti urbani interessanti e “tipici” di questo tipo di produzioni. Laddove, ad esempio, in Dragon Age 2 c’era la città di Kirkwall con i suoi quartieri e la sua tipica vita cittadina, in Inquisition tutto è stato sostituito dall’accampamento di Haven e dalla fortezza di Skyhole che, facendoci da base nel momento stesso in cui diverremo Inquisitori, racchiude in sé tutte le necessità cui le città vanno spesso incontro nei giochi di ruolo. Parliamo di mercanti, NPG, e quant’altro di solito si cerchi in città. OVVIAMENTE si tratta di una scelta logica, perché è più ovvio (in termini di trama) che una forza come l’Inquisizione sia indipendente (il gioco, invero, fa di tutto per chiarire questo concetto di assoluto dominio delle azioni), ma la mancanza della città si fa sentire e forse un ritorno a certe “city” di culto della serie sarebbe stato gradito.

A volo d’uccello (e non)

In termini di gameplay la vastità del gioco si riflette sull’impianto ludico con effetti decisamente appaganti. Dal punto di vista delle sole possibilità della vostra armata (L’Inquisizione per l’appunto) ci siamo trovati nell’interessante prospettiva che dopo molte ore di gioco si andassero ad aggiungere possibilità ludiche (e solidamente radicate nel gameplay), non senza sorpresa ovviamente. Immaginate di essere lì, pad alla mano da già una ventina di ore, e scoprire che il gioco ha ancora molto da dirvi, nonché ancora tanti assetti del sistema di gioco da scoprire e da esplorare. Ecco, questo è solo uno dei tanti esempi del concetto di “vastità” espresso in termini di gameplay. Da questo punto di vista non ci si annoia davvero mai a Dragon Age e, onde andare incontro alle tante ore di gioco, il titolo predispone per voi tutta una serie di trovate atte a tenere la vostra attenzione alta per quasi tutti i fronzoli del gameplay. In tal senso una pecca è forse solo il level cap che, settato a un massimo di 20, termina la sua corsa troppo prematuramente rispetto ai contenuti offerti. Per quel che riguarda il gioco in sé, pad alla mano Inquistion si presenta come un crocevia tra quello che era il sistema assolutamente tattico di Origins, e quello più squisitamente action di DA2. I personaggi (in un party di 4) possono essere controllati direttamente uno alla volta onde utilizzarne le abilità appositamente assegnate ai tasti frontali ed al grilletto R1/RB. Ciò permette un totale di otto mosse disponibili il che, considerando la scomparsa delle azioni selezionabili via menù radiale, è decisamente poco per quasi tutte le classi. Giocare un mago, ad esempio, diventa spinoso, a maggior ragione del fatto che otto mosse assegnabili sono davvero poche rispetto alle innumerevoli abilità attivabili (e non) che potrete ottenere.

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L’idea sarebbe, probabilmente, di ri-assettare il party ad ogni scontro vista la presenza di nemici con caratteristiche molto diversificate e tutte da scoprire, ma la domanda è: perché dovrei farlo? In un gioco così grande, in cui lo scontro è all’ordine del giorno, e in cui la navigazione nei menù, per quanto semplice, è comunque dettata da un innumerevole campionario di abilità, perché dovrei smanettare di continuo con la mia “scheda pg”? La soluzione diventa quindi, volenti o nolenti, avere in archivio un considerevole numero di abilità inutilizzate, nonché tanti, tantissimi, punti esperienza sprecati perché, come intuirete, ogni abilità sbloccata che non userete mai è, di fatto, buttata. In alternativa alle mazzate dirette, potete poi avviare la modalità tattica, spostando la telecamera a volo d’uccello e impartendo ordini al vostro parti durante un comodissimo “stop” dell’azione.

nTKeVlHEQKysQuesta condizione, molto comoda e ottimale per la gestione di certi scontri, viene però rovinata da alcuni difettucci pratichi su cui, forse, non si è speso abbastanza tempo in via di sviluppo. Qui, infatti, l’azione viene mossa per mezzo degli stick uniti ad un apposito mirino che potrete muovere, entro un certo raggio d’azione, sul campo. Il punto è, su tutto, che tale mirino è per qualche motivo “solido” e pertanto si scontra con tutti i solidi della mappa. Il mirino, quindi, non può superare una staccionata, o una roccia o un albero e vi obbligherà a girarci intorno. Perché? Non bastava renderlo immateriale e permetterci di selezionare quel che ci pare? In questa modalità, inoltre, la telecamera non è regolata magistralmente e, soprattutto in situazioni anguste, capita spesso che non si riesca a vedere quel che si vorrebbe con risultati spesso caotici. Capita poi molto spesso che, nel passaggio tra questa modalità e quella di azione diretta, alcuni ordini che vi salverebbero il culo vengono persi. Cose come rianimare un alleato, schivare una trappola, girare una colonna sono oscuri per l’IA del gioco, tant’è che in certe situazioni la cosa migliore è disimpegnarsi dallo scontro e spostare tutto il party in stile trenino indiano.

Le critiche

E dunque, capirete, le magagne non mancano. Per quanto tutto diventi funzionale, certi errori di valutazione da parte di Bioware sono dietro l’angolo e vanno sottolineati. Ci chiediamo, ad esempio, chi sia il genio che abbia assegnato al tasto per saltare anche quello dell’interazione ambientale. Il risultato? Che se il lock on che evidenza un dato oggetto liscia su di un pendio (su cui magari si è faticosamente saliti per raccogliere il fottuto oggetto per la quest), il nostro personaggio salta finendo giù e obbligandoci a risalire. Stessa cosa dicasi in situazioni in cui, nel bel mezzo di uno scontro, si vuole effettuare un salto per superare un ostacolo e darsi alla fuga di un nemico. Perfetto… se non si becca in zona un fiorellino da poter raccogliere obbligando il personaggio a raccoglierlo nel mezzo della pugna. Questo è solo un esempio di situazioni che nel gioco avrebbero dovuto prevedere una qualche forma di revisione. Anche le abilità attivabili lasciano scoperto il fianco ad una critica. Le animazioni di alcune abilità sono infatti lunghe e, per quanto anche si punti un nemico, spesso i personaggi (soprattutto i ladri) lisciano clamorosamente il bersaglio concludendo la loro bella animazione con un buco nell’acqua. C’è anche un problema che il gioco si porta appresso dal precedente capitolo, ed è quello della scarsa “azione” nell’azione. Sembra un gioco di parole scemo ma in un titolo che cerca di mescolarsi ad un impianto ludico action, è quasi anacronistico non avere un move set che permetta di disimpegnarsi con semplicità o anche solo pararsi (cosa possibile solo se si ha l’apposita abilità da guerriero con scudo). Volendo prendere un esempio di settore, pensiamo al neanche tanto vecchio Kingdom of Amalur che, pur non essendo un caposaldo, sposava dinamiche da action con tutte le conseguenze del caso tra combo, schivate, parate e così via.

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Se la cosa si percepisce di meno nei personaggi da mischia (perché occorre, per forza di cose, attivare abilità a manetta), con personaggi dalla distanza (soprattutto i ladri con arco) in cui fondamentalmente si tiene premuto R2/RT per attaccare può spesso arrivare una certa “noia”, data più che altro dalla staticità dell’azione. Anche la visuale tattica è schiava di certe problematiche, la cui più evidente è certamente la mancanza di una coda di comandi, un qualcosa a dir poco fondamentale in un sistema che dovrebbe organizzare tatticamente l’azione, e che invece ci obbliga a mettere mano anche in situazioni in cui non servirebbe più alcun controllo diretto. Sempre in tema di critiche, è impossibile non citare l’IA nemica e amica. Se i nemici si comportano un po’ meglio grazie alla loro volontà di piallarvi sempre e comunque (il che, con certi mostri è anche indice di una certa sfida), i vostri compari saranno spesso dei pesci in un barile. Le situazioni più incredibili si verificano quando Varric cerca di sparare con la sua balestra da dietro un muro, o quando qualcuno degli altri geni della guerra resta fermo immobile su una trappola che scatta due o tre volte di fila. I personaggi, inoltre, tendono a consumare un esproprio di pozioni se non accuratamente regolamentati per mezzo dell’apposito menù, il che in un gioco che CI OBBLIGA a portare poche e risicate pozioni condivise traduce molti degli scontri in una mera botta di culo secondo il principio di: “speriamo che muori prima di me”.

Io, l’Inquisitore

sep_26_-_keyart_cassandraCiò detto, è evidente che siamo lontanissimi dai tatticismi di Origins, ma anche a debita distanza dall’assoluto qualunquismo di DA2. L’idea che potreste farvi è che Inquisition non è né carne né pesce e questo, in parte, è vero. L’intero impianto ludico avrebbe forse avuto bisogno di qualche attenzione in più ed alcune trovate (come obbligarci a portare poche e risicate pozioni condivise PER TUTTI) non sembrano brillare per intelligenza eppure… eppure il gioco in qualche modo funziona e vi avvinghia. Si tratta, come già sperimentato in questa serie, di una mera condizione di “pratica” per cui organizzatisi secondo il proprio stile di gioco si può brillantemente proseguire senza intoppi e con una cospicua dose di soddisfazione nel piallare certe categorie di nemici (come i draghi). Attenzione: non stiamo dicendo che diverrete i maghi del tavoliere! Le pretese tattiche del gioco semplicemente NON FUNZIONANO, ma non possiamo negare che ci si diverta e che il gameplay, modellato a servizio dell’azione, sia comunque in grado di rispondere bene. Anche perché, detta in soldoni, l’attenzione del gioco è tutta per il protagonista, l’Inquisitore. Per quel che riguarda il personaggio in sé, la sua progressione procede classicamente attraverso 20 livelli conseguibili con annesse specializzazioni, abilità passive e attive e un mare di roba da equipaggiare. Proprio l’equip ha in Inquisition un ruolo a dir poco primario poiché, a differenza di molti esponenti del genere, in Inquisition l’unico modo per aumentare statistiche come forza, costituzione, ecc sarà attraverso ciò che indosseremo! Il personaggio, infatti, aumenterà automaticamente i propri parametri in base alla classe scelta all’inizio del gioco, mentre al giocatore verrà dato il compito di far fiorire come vuole i vari alberi di abilità (circa 5 per ogni personaggio). È invece l’evoluzione del nostro personaggio in termini di potenza e leadership il fulcro attorno a cui ruoteranno diversi fattori tra trama, mazzate e rapporti sociali. Con l’arrivo di un personaggio con in mano le redini concrete di un’armata, il gioco ha guadagnato un paio di feature davvero interessanti, prima su tutte quella della gestione dell’organico al nostro “Tavolo della Guerra” (nulla più che una mappa tattica delle missioni disponibili nel mondo). Nel corso del nostro viaggiare completeremo missioni su missioni atte, fondamentalmente ad aumentare due fattori: il Potere e l’Influenza. Entrambi i valori sono numerici e mentre il primo è praticamente una valuta, il secondo avrà dei veri e propri livelli in cui crescere e perfezionarsi.

dragonageinqTali fattori rappresentano ovviamente la nostra importanza come potenza politica e bellica, sbloccando alcuni compiti di spessore non del tutto secondari. Il Potere, ad esempio, è la moneta con cui sbloccherete al Tavolo della Guerra le missioni della storia principale e non. Questo aspetto è interessante per due motivi. Il primo è quello di evitare che, come accadeva in Dragon Age: Origins, si arrivi a un punto della trama in modo impreparato. Salvo non siate semplicemente folli, è infatti impossibile affrontare missioni della trama con livelli inadeguati e il gioco vi dirà sempre e comunque qual’è il livello consigliato per il proseguimento della storia. Con i punti potere è inoltre possibile sbloccare tantissime nuove zone della mappa, nonché delle aree chiuse delle zone di gioco che necessitano dei vostri accoliti per essere sbloccate (metti caso: non puoi superare un ponte perché è crollato? Fattelo ricostruire!). L’influenza è invece, detta in soldoni, il “livello della vostra Inquisizione”. Più livelli guadagnerete, maggiori saranno le missioni secondarie che i vostri consiglieri (Culen il Templare, Leliana la Spia e Josephine la Diplomatica) potranno svolgere nel mondo per voi. Tali missioni spesso sono utili per ottenere risorse impiegabili nella manifattura di armi e armature, altre volte accontentano non poco i membri del vostro party, con tutta una serie di bonus di cui parleremo a breve. All’aumentare dell’influenza, inoltre, otterrete anche dei punti impiegabili nella “specializzazione” della vostra Inquisizione che, di fatto, altro non sono che modificatori passivi per migliorare la percezione della mappa, il numero di oggetti trasportabili, il numero di exp ottenibili e così via. Il bello è che tutto questo è lasciato nelle vostre mani e potrete sempre e comunque decidere a chi far fare cosa, piuttosto che organizzarvi per specializzarvi al meglio. Paradossalmente potrete anche infischiarvene di tutto e tirare diritti per la vostra strada, impegnandovi al minimo giusto per ottenere il potere e il livello del vostro PG utile a completare la quest principale. Più liberi di così si muore.

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I Migliori del loro tempo

daprintfeb_4E dato l’accenno nel paragrafo precedente, vale parlare per un attimo del sistema di rapporti sociali di Dragon Age. Similmente a quanto fatto per Mass Effect, sarà possibile reclutare nel gioco un ampio set di personaggi che andranno a formare il nostro “entourage”, più una serie di personaggi secondari che serviranno a migliorare le prestazioni del nostro esercito, piuttosto che ad arricchire l’offerta della nostra base (un mercante, uno stalliere, ecc…). Come siamo ormai abituati, Bioware ha costruito una rete di conversazioni e missioni atte a creare una rete sociale tra noi e i nostri sgherri che, se da un lato ha un fine ultimo ben noto: quello di flirtare e copulare con chi più ci piace nel party, dall’altro crea anche la prospettiva di tutta una serie di bonus e missioni aggiuntive. Scontentare un membro del party vuol dire inimicarselo, e magari non ricevere il suo appoggio pieno nel corso di determinate discussioni con l’effetto che certi giri di parole potrebbero renderci le chiacchiere più “spinose”. In extremis un personaggio infelice potrebbe optare per l’abbandono, lasciandovi un buco nel roster dei vostri inquisitori. Al contrario se un membro dell’entourage è felice esso potrebbe supportarvi, o convincere al posto vostro (e schiettamente) qualcuno a fare qualcosa per voi. Potrebbe poi svelarvi segreti, regalarvi oggetti o semplicemente sbloccare delle missioni con ricompense particolarmente vantaggiose. Il sistema di Bioware funziona e convince e, complice una caratterizzazione del party ECCEZZIONALE e un doppiaggio dinamico e ben interpretato, contribuisce a dare un feed più che positivo dei rapporti sociali rendendoli (salvo la lunghezza di certi discorsi) quasi mai tediosi. C’è solo una cosa che ci convince poco che diciamo qui perché siamo in tema di “scelte”, ed è il fatto che quasi nessuna scelta in Inquisition si trasforma, di fatto, in qualcosa di concreto e verificabile. Si ha sempre quell’idea che, per quanto si scelga, i risultati non cambino. Certo… potreste inimicarvi una fazione, piuttosto che un’altra, ma il pensiero di una sottesa traccia veicolata (e vincolante) sarà sempre presente. Un peccato se si pensa che serie fantasy come The Witcher sono, in tal senso, anni luce avanti in termini di causa/effetto. Intrigante e interessate è però la possibilità di creare al vostro mondo un background tramite il sito Dragon Age: Keep che, nel caso abbiate giocato i titoli precedenti, scandaglierà il vostro account Origin per riportare in Inquisition tutte quelle che erano le scelte intraprese nei giochi precedenti, e ciò a prescindere alla piattaforma su cui li avevate giocati!

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Tra missioni e consegne: il War-crafting

Ma si era parlato di equipaggiamento e materie prime, e dunque vale la pena spendere due parole nel sistema di crafting che, facendo il verso ad una semplice matrice simil-MMO, consegna nelle mani del giocatore uno strumento duttile, versatile e mai troppo complesso. Disponibile sin dal vostro primo avamposto ad Haven (ma opportunamente potenziato al conseguimento del vostro forte a Skyhold), il fabbro sarà il vostro migliore amico. Acquistare oggetti dai mercanti del gioco è infatti una pratica quanto mai da fessi (come vi abbiamo abbondantemente spiegato in questa piccola guida), ed ecco perché imparare a costruirsi il proprio armamentario è qualcosa a dir poco fondamentale.

dai_wm_mp5Le materie prime abbondano nel gioco e l’organizzazione delle stesse per la creazione di un equipaggiamento diverrà uno dei migliori escamotage per non crepare al cospetto di nemici più forti. In tal senso Dragon Age aggiunge al suo repertorio un’altra collaudata formula ludica: il crafitng, sebbene le missioni ad esso legate siano tra le più anguste di tutto il repertorio. Il punti è che, forse conscio che anche nel campo MMO esse sono le missioni più tediose al mondo, Bioware ci da la possibilità di ottenere materiali sia con l’esplorazione, che attraverso il conseguimento di molte delle missioni presenti sul tavolo da guerra. Questa scelta è intelligente e va sottolineata, perché nel suo piccolo dimostra come, ancora una volta, si sia cercato di mettere a proprio agio il giocatore, anche quello che è da sempre meno interessato a raccogliere erbette e piantine in giro per i videogame. Benché la pratica NON PUO’ essere del tutto evitata, è comunque intrigante scoprire che l’ampio assetto di missioni ci da la possibilità di mescolare gli incarichi come ci pare, passando dall’uno all’altro anche attraverso le mappe di gioco! Capiterà spessissimo di concludere due o tre missioni con una semplice esplorazione, così come succederà spesso che una missione principale ci dia un set di oggetti utile al completamento di molti altri incarichi e, perché no, utile anche alla creazione di potenziamenti per armi e armature. Il sistema è solo apparentemente complesso, e ci libera da quei paletti tipici di molti giochi di ruolo (soprattutto nipponici) che ci obbliga ad avviare una missione e tirar dritto, volenti o no, fino al suo conseguimento. A supporto di ciò c’è anche una gestione intelligente della mappa che, oltre a evidenziare la missione in corso (e tutti i punti ad essa associati), permetterà anche di “segnare” una destinazione manualmente e contemporaneamente, onde fissarsi un punto di riferimento comodo e chiaro. Il leitmotiv comunque è uno solo: fanculo alle regole! IO SONO L’INQUISITORE!

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Missioni di gruppo

dai_wm_mp2Prima di dedicarci al comparto tecnico, è doveroso segnalare che per la prima volta il gioco include una modalità multiplayer di tipo cooperativo con cui è possibile andarsene in giro per delle mappe appositamente costruite nello stile di un tipico dungeon crowler. Siamo felici di una cosa: questa attività è del tutto superflua e potete scegliere di dedicarvici come no. Il sistema di gioco è il medesimo della campagna in sigle player, salvo il fatto che giocando con delle persone vere qui ci si dedica solo alle mazzate in presa diretta, senza alcuna divagazione tattica. Sembra di giocare (con moooltissimi limiti) ad un titolo simil Diablo, in cui ogni giocatore può costruirsi il proprio Avatar (nulla più che uno dei tanti ipotetici sgherri delle fila inquisitorie) selezionabile tra una foltissima rosa di classi sbloccabili. Dalle armi, alle abilità, il vostro personaggino sarà ampiamente modificabile permettendo anche un certo estro bellico, e un divertimento che, francamente, non ci saremmo aspettati. La componente è divertente e le partite viaggiano stabili e senza lag. Si tratta anche di una modalità con un ottimo grado di sfida per cui, se organizzata con un gruppo di giocatori con un minimo di cervello, l’esplorazione dei dungeon di Inquisition può diventare un buon palliativo in multiplayer con cui divertirsi per ore ed ora. Sembra tutto bellissimo non trovate? Il punto è che, detto realisticamente, con un gioco così grosso, divertente e tutto sommato appagante: chi diamine ci giocherà mai online? Se la vostra risposta è stata: NESSUNO, allora ci avete preso in pieno. Il primo e più grande problema di questa modalità è la scarsezza di giocatori per cui, qualsiasi sia la partita che cercherete di imbastire, spesso non risponderà NESSUNO all’appello. Il bello è che anche il multi potrete mettervi a giocare da soli, avventurandovi per i dungeon in solitaria, ma il tutto è così palesemente messo su per il divertimento multigiocatore, che bastano 3 mostri del primo livello per mettervi seriamente alle strette! Postilla di chiusura: come nello stile EA sono presenti delle micro-transazioni che permettono di ottenere da subito tutta una serie di migliorie che, in ogni caso, sono a disposizione di tutti ma che possono essere ottenute sol un lungo (e lento) grinding.

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Bello, ma non bellissimo

dai_wm_mp1Tecnicamente parlando, Inquisition si difende abbastanza bene nel panorama dei titoli cross gen soffrendo, purtroppo, di tutte quelle che sono le problematiche legate a questo tipo di sviluppi. Siamo certi che con uno sviluppo esclusivo per nuove console, il titolo Bioware sarebbe infatti stato molto più proficuo in termini di resa grafica (tant’é che la versione PC è di molto superiore anche alle versioni per le nuove console). In ogni caso il Frostibite Engine sviluppato da Dice (che è qui il motore portante del gioco), si comporta egregiamente da il meglio di se specialmente nella texturizzazione dei materiali, della pelle e delle superfici riflettenti. Quello che è al top sono i modelli dei personaggi in cui quelli del nostro entorurage fanno decisamente la parte del leone. Ogni personaggio è esteticamente ineccepibile e gode di una caratterizzazione e di una cura dei dettagli maniacale attraverso cui spesso si evince il suo carattere e il suo temperamento. Dove troviamo invece note dolenti è nella creazione di tutti i comprimari, come i tizi in giro per Skyhold o qualsiasi altro povero coglione in giro per la mappa che, come da tradizione in questo genere di giochi, è sempre e comunque un povero pistola con una povera caratterizzazione. Solo pochi personaggi minori cercano di avere un certo guizzo, ma anche in situazioni in cui si vorrebbe cercare l’estro (come è il caso dei cittadini di Orlais, riccamente agghindati), il risultato è comunque una generale e scialba pochezza. Venendo agli ambienti, essi sono finalmente degli di una epopea fantasy con tutti i crismi. Dopo la colossale figura di melma fatta con Dragon Age 2, Bioware ha infatti ricalibrato il tiro costruendo ambienti monumentali, ricchi di differenziazioni, dettagli e con molteplici e intriganti colpi d’occhio. Ogni ambiente, gode poi di un minimo di carattere tale da identificarne ancor meglio le caratteristiche, e così una pioggia scrosciante, piuttosto che una nebbia o un forte vento, aiutano alla caratterizzazione di un mondo che vorrebbe (ed è) vivo e in costante agguato. Anche i mostri sono di primissima qualità e benché ci siano alcune razze accostabili per animazioni e pattern di attacchi, il team ha cercato comunque una buona diversificazione, creando un bestiario ampio e interessante, seppur privo di particolarismi. In cima alla hit certamente i dragoni, bellissimi e maestosi e con dei nomi che sembrano richiamare (forse volutamente) una nomenclatura fantasy di harrypotteriana memoria.

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Quel che non ci è piaciuto è che a fronte di una bellissima caratterizzazione, l’effettistica generale sia settata ai minimi storici per cui salvo qualche pulviscolo e i suddetti riflettenti, il gioco non gode di particolari divagazioni tecniche. Tuttavia Dragon Age: Inquisition non manca di farsi apprezzare e quel che più ci sorprende, come già detto, è anche una certa pulizia del codice che, salvo davvero pochissimi casi, restituisce un’azione densa ma pulita, priva di sbavature ed errore. Segnaliamo, infine, il “solito” eccellente doppiaggio originale, in cui non mancano dialettismi e flessioni atte ad identificare le regioni di origine di certi personaggi. Una cesellatura maniacale che dimostra, ancora una volta, come Bioware abbia voluto creare con Dragon Age non un videogame, ma un vero e proprio universo ruolistico.