Di recente abbiamo avuto la possibilità di intervistare il mitico Alessandro Campaiola. Alessandro ci ha parlato un po’ della sua vita da doppiatore e più approfonditamente di com’è stato iniziare il lavoro con One Punch Man!

Tu vieni da una vera e propria “dinastia” di doppiatori. Che ruolo ha giocato la tua famiglia nella tua decisione di intraprendere questa carriera?

Sicuramente un ruolo molto importante, perché ovviamente crescendo in una famiglia che ha sempre vissuto di quest’arte, ha avuto una grande impronta su di me, anche se io ho deciso di fare doppiaggio all’età di 15 anni. Nel senso che ho iniziato quando ero molto piccolo, ma ne ho sempre fatto poco, finché a un certo punto ho deciso io, di mia iniziativa, minacciando i miei genitori di non diplomarmi se non mi avessero fatto lavorare, di voler fare questo mestiere. Quindi ha avuto sicuramente un grande impatto, una grande importanza.

Puoi raccontarci come hai cominciato?

La prima cosa che ho fatto in assoluto è stata, all’età di 4 anni, una pubblicità per una marca di gomme da masticare per bambini, e non dimenticherò mai quel leggìo immenso, con venti panchette per farmi arrivare all’altezza del microfono… e sono andato avanti sempre facendone molto poco. Poi a 15 anni, quando ho capito che questo era la mia vita e volevo fare questo, ho iniziato piano piano, con molta difficoltà, ad andare a seguire i turni in sala, fare i primi piccoli ruoli, i primi turni, leggere tanto a casa da solo ad alta voce, provare e riprovare, finché dopo sette anni ho potuto dire di essere diventato un doppiatore professionista, di essere entrato in quel mondo.

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Sei giovane ma hai già un curriculum di tutto rispetto: “Kingsman”, “The Flash”, “Shannara Chronicles”, “L’attacco dei giganti”, “One Punch Man” e tanto altro. Quale film o serie ti è piaciuto di più doppiare, e perché?

Non ne ho uno preferito, tendenzialmente mi affeziono a tutto quello che faccio. Di queste citate la mia preferita (di cui ho anche un tatuaggio), perché ha avuto un grande significato artistico e che mi ha fatto fare una grande crescita, è Flash. Flash mi ha fatto fare un cambio recitativo e introspettivo molto importante, perché ho avuto modo di lavorare con il grande Michele Gammino, un’artista storico del nostro mestiere, che mi ha insegnato veramente tanto e continua ad insegnarmi tanto.

Parlando di personaggi, invece, a quale ti sei più affezionato?

Diciamo che mi è piaciuto molto doppiare Michelangelo delle Tartarughe Ninja perché è un personaggio veramente fuori di testa, e Saitama in One Punch Man. Perché sono personaggi particolari, che ti danno modo di fare quello che non è nell’ordinario, quindi non il solito personaggio. Loro due mi sono rimasti nel cuore per questo motivo.

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Conoscevi già i film o le serie a cui hai lavorato? Ti è mai capitato di lavorare su qualcosa che apprezzavi già, o di diventare fan di opere che hai conosciuto grazie al tuo lavoro?

Mi è successo un po’ tutto. Ad esempio L’attacco dei giganti l’avevo già visto tutto in originale un anno prima che arrivasse qui in Italia, One Punch Man lo conoscevo. Quando ho saputo che avrei fatto il provino per Flash ho visto tutte le puntate in originale e continuo a farlo adesso. Prima di andare a doppiarle le vedo in originale per avvantaggiarmi sul lavoro, però mi è successo anche il contrario, come per alcune serie un po’ più piccole, tipo Bates Motel, che è il prequel di Psyco, che ho cominciato a doppiare non sapendo cosa fosse ma a cui poi mi sono appassionato e che ho cominciato a seguire.

Oltre a quelli che hai già citato, hai anche altri modi più particolari per prepararti al lavoro?

Niente di particolare, in realtà. Quando ho la possibilità guardo prima le cose che andrò a doppiare. Per le serie tv c’è un ritmo molto serrato e purtroppo non si ha il modo di studiare bene a fondo un personaggio, quindi sono un po’ avvantaggiato in questo. Io dico sempre una cosa: credo che il mio lavoro si faccia e si debba fare, sugli occhi dell’attore. Cioè, per doppiare non devi guardare la bocca, non devi sentire la voce, ma devi guardare gli occhi, perché è il modo per capire quello che l’attore vuole veramente trasmettere. Però cose particolari no, anche perché noi lavoriamo a ritmi molto serrati: entri in sala, guardi il copione, guardi l’anello e incidi. Non c’è modo di studiare e di capire bene quello che stai facendo, insomma.

Oltre a ciò che hai fatto o che stai facendo, c’è qualcosa su cui ti piacerebbe lavorare?

A dire la verità no. A me piace molto il lavoro che faccio, mi piace fare qualsiasi cosa. I miei sogni li ho coronati, perché quando ho ripreso a fare doppiaggio i miei due sogni erano doppiare un personaggio importante di un anime e un supereroe, perché da quando sono bambino seguo Marvel e DC Comics. E si sono avverati sia con Flash e Quicksilver, che con Eren e Saitama. Quindi al momento va bene. Poi è ovvio che se dovesse arrivare una proposta tipo Luke Skywalker da adolescente sarei felicissimo, però al momento va bene.

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A cosa stai lavorando attualmente? Progetti per il futuro? Dove sentiremo la tua voce?

Attualmente sto facendo Flash, siamo arrivati anche in contemporanea, quindi sto doppiando una puntata a settimana. Poi Tartarughe Ninja 2, ho finito adesso X-Men e ho fatto un film molto interessante che si chiama Eddie the Eagle, con Taron Egerton, l’attore protagonista di Kingsman, e poi varie serie tv, anche meno conosciute. Perché quello che molti non capiscono è che si fa un po’ di tutto. Io faccio Flash, ma poi in realtà faccio altre cose, anche serie che magari non sono seguitissime. Poi, come attore, visto che faccio anche quello, sto scrivendo uno spettacolo comico, perché io e mio fratello siamo un duo comico, che avrà la regia di Antonio Giuliani. Poi c’è anche il “Festival delle voci d’attore”, che è un progetto che stiamo portando avanti noi, per cui al momento sono veramente impegnatissimo.

C’è qualche doppiatore a cui ti ispiri, o qualcuno che ti ha aiutato, dato consigli?

Da ringraziare ce ne sarebbero tantissimi. Le prime che ringrazio in assoluto sono Fiamma e Giuppy Izzo, perché sono state le mie maestre, mi hanno insegnato anche in un momento in cui tante altre persone non mi volevano, e questo rimarrà sempre con me, insieme a tante cose che mi hanno insegnato per quanto riguarda la sfera artistica. Ma ce ne sono tanti altri. Poi, per la verità, devo dire che non mi ispiro a nessuno. Potrei provare ad ispirarmi, ma molto lontanamente, per la mia grande inesperienza in confronto a lui, a mio zio, Luca Ward, che è stato anche lui un grande maestro. E poi devo ringraziare anche Michele Gammino, perché è stato unico per me.

Qualche collega che invece apprezzi particolarmente?

Ce ne sono tanti. Io prima di essere un doppiatore sono un grande nerd, un grande fan, e ce ne sono tantissimi che apprezzo tanto. A parte i mostri sacri, io amo Christian Iansante, Massimo Lodolo, Loris Loddi, Roberto Pedicini, Massimo Rossi, Riccardo Rossi, Giuppy Izzo. Per me sono i migliori, e cerco sempre di trasportare la passione pensando anche a quello che fanno questi grandi personaggi del mio mestiere.

Prima hai detto che qualcuno non ti voleva. Puoi spiegarci?

Sì, inizialmente sono stato anche cacciato dalle sale. Perché avevo ancora l’accento romano molto accentuato, non avevo la tecnica che ho oggi. E’ un lavoro molto difficile. Quello che molti non capiscono è che ci vuole tanta preparazione, però alcuni mi hanno detto proprio di cambiare strada. Ma siccome io sono molto testardo non mi sono mai arreso e ho sempre cercato di dimostrare non agli altri ma a me stesso che potevo farcela, quindi poi alla fine i risultati sono arrivati, e sono molto contento di questo.

Flavio Del Fante
Nato a Roma il 29 febbraio di qualche anno fa, fin da piccolo sempre curioso, poco incline a stare zitto e fermo, appassionato di libri, videogiochi e film d'azione, malato di sport, t-shirt, scarpe, George Martin e Tartarughe Ninja, sogno di vivere di scrittura e girare il mondo con lo zaino in spalla. Ci sto ancora lavorando su.