Nella vita le Boss Fight non finiscono mai…

…quindi perché non ripercorrere, nel mese dedicato alla Saga di Metal Gear Solid, i sette scontri più belli, ardui ed emozionanti dei primi quattro capitoli? Non ci sarebbe altro da premettere, se non che dover scegliere soltanto i migliori sette ha significato sofferenza, sudore sulla fronte e impegno scientifico da parte di chi scrive, perché praticamente ogni Boss Fight della Saga avrebbe meritato un posto in quest’articolo. Ma lo spaziotempo, si sa, è tiranno e ci impone spesso di fare scelte difficili. Le chiacchiere stanno a zero, i Boss a sette. Che dite, facciamo partire il countdown?

HARRIER

Appartenente alla categoria “uomo vs. macchina”, lo scontro con l’Harrier (primo esempio di caccia a decollo verticale) in Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty. Non il più impari, non il più spettacolare, eppure è capace di trasmettere qualcosa. Perché? Innanzitutto la zona di scontro è molto limitata: una passerella a due piani a congiunzione dei container della Big Shell. Tutto intorno, cielo e mare. I container sono momentaneamente inaccessibili, quindi non c’è via di fuga. Durante lo scontro la passerella viene progressivamente distrutta e incendiata dai colpi dell’aereo, concedendo sempre meno punti di riparo. L’unica arma con cui fronteggiare l’Harrier è il canonico Stinger, che di per sé non ci fa schifo, anzi, ma che richiede un certo tempo per essere usato a dovere (perché i missili a ricerca vadano a bersaglio, dobbiamo tenere l’obiettivo nell’inquadratura del mirino), tempo nel quale la nostra esposizione ai colpi nemici è massima. L’Harrier colpisce da ogni lato e dall’alto, a volte stando fermo, a volte di passaggio. Solid Snake (sotto lo pseudonimo di “Iroquois Pliskin“) ci dà una mano, dal suo elicottero, insieme a Otacon, ma niente di trascendentale. Lo scontro si piazza inoltre in un momento importante, sebbene ancora all’inizio, della trama. Il giovane Raiden, poco dopo aver ribadito quanto poco sappia di ciò che sta realmente accadendo, incontra prima Solid e poi Solidus Snake, che co-piloterà l’aereo con Vamp. Le cose lasciate in sospeso sono molte e, come da manuale di narrativa, la tensione dello scontro ne viene proporzionalmente accentuata. Solidus ci parla con voce metallica (prima che Bane diventasse una star di Hollywood), ci sfida e ci insulta fino all’urlo finale, ultimo tocco di classe.

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REX VS RAY

Abbiamo parlato di scontri uomo vs. macchina, ora passiamo a quelli macchina vs. macchina. Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriot non poteva mancare l’occasione di concretizzare le fantasie di ogni fan della Saga (e, soprattutto, di Kojima), che inevitabilmente si è chiesto, dopo Metal Gear Solid e Metal Gear Solid 2, cosa succederebbe se si scontrassero un Metal Gear Rex e un Metal Gear Ray. Detto, fatto. Un anziano ma ancora in forma Solid Snake (chiamato per l’appunto “Old Snake” nel quarto capitolo della Saga) fronteggia a bordo di un Rex, prelevato nientemeno che dalla cara vecchia Shadow Moses, l’agguerrito Liquid Ocelot (vale a dire Ocelot, posseduto dalla coscienza di Liquid Snake), a sua volta a bordo di un Ray. Il Ray, che dal mare balza sul terreno di scontro scivolando sulla pancia come un enorme e terrificante pinguino metallico, è stato progettato e costruito come successore del Rex, surclassando in tutto e per tutto il modello precedente. Snake, però, ha dalla sua il supporto di Raiden, armato di Katana e tonnellate di nanomacchine che gli permettono di saltare distanze proibitive a velocità superumane. Lo scontro in sé non è troppo difficile, ma quanto è fico distruggere tutto “per sbaglio” nel procedimento… Sconfitto il Ray, citazionismo e ironia a pacchi. Sapevate già che questa non era la fine, ciononostante, a volte, è bello farsi fregare.

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METAL GEAR REX

Siamo alle battute finali del primo Metal Gear Solid, finalmente chiamati a sconfiggere il grande e potente Metal Gear Rex, ovviamente pilotato da Liquid Snake. La stanza dello scontro è grande e, per forza di cose, dal soffitto molto alto. Nel fuggire spasmodicamente dai colpi del Rex, che peraltro ruggisce davvero come un dinosauro, l’ambientazione senza ripari ci comunica un senso di fragilità e nervosismo. Quando tutto sembra perduto, in nostro aiuto sopraggiunge “il ninja“, Gray Fox, prezioso e puntuale come un Millenium Falcon. Il nemico però, a differenza della Morte Nera, è ancora lungi dall’arrendersi e anzi, invece di farlo, finisce per schiacciare lo stesso Fox, letteralmente, sotto la sua zampa d’acciaio. Fox, amico deviato quanto leale, desiderava morire già da tempo, ma ciò non significa che vederlo morire per mano di Liquid non ci riempia ugualmente di rabbia. Snake, empaticamente con noi, urla a pieni polmoni. Lo scontro continua, piccolo uomo vs. macchina gigante pilotata dal bastardo di turno. Peccato che noi non siamo un uomo qualunque, noi siamo Solid Snake, e non c’è nulla che non possiamo abbattere con un paio di razioni e il giusto Stinger. Gray Fox sarà vendicato.

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THE END

Per qualche motivo, il fucile da cecchino ha sempre attirato le dita dei giocatori più smaniosi di grilletto. Ci fa sentire potenti. Nascosti, non visti, una piccola pressione e il nemico se ne va, con un colpo, pulito, elegante. Ci fa sentire divinità. Ecco, quello con The End in Metal Gear Solid 3: Snake Eater ha tutto il sapore di uno scontro tra divinità. Da una parte noi, con la nostra spocchia e la nostra ferma convinzione di essere i migliori dietro al mirino che tutto vede, dall’altra il più vecchio soldato ancora in attività, primo e più grande cecchino della storia militare. Ci sono un paio di modi per evitare lo scontro con dei “trucchetti” legittimi in puro stile Kojima: si può sparare a tradimento a The End durante una cut-scene precedente, oppure salvare durante lo scontro e aspettare alcuni giorni che il nemico muoia di vecchiaia, o meglio ancora salvare e mandare in avanti l’orologio della console ottenendo lo stesso risultato. Il mio consiglio? Non usateli. Godetevi questo 1 vs. 1 in una sezione di giungla amplia quanto silenziosa, popolata soltanto da voi e dal vostro avversario per tutto il tempo che lo scontro richiederà. Potrebbe protrarsi per ore ma non importa. Dovete vincere, dovete batterlo. Trovatelo prima che vi trovi lui. La pazienza è fondamentale, The End è tanto vecchio e giace tanto immobile che qualche volta persino si addormenta. Fategli fare sogni d’oro per sempre. Diventate il cecchino per eccellenza. Flirtate con la fine e poi eliminatela a sangue freddo.

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LIQUID OCELOT

Ecco l’unico motivo per cui la scazzottata con Liquid alla fine del primo Metal Gear Solid non trova posto in questa lista. Perché c’è un’altra scazzottata, sempre contro Liquid (anche se nel corpo di Ocelot), ancora più bella. È la fine di Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriot. Finora avete inseguito e sventato i piani del vostro sfuggente avversario con tutte le vostre energie, che peraltro si stanno esaurendo. Solid Snake è vecchio, ormai, e malato, almeno quanto Liquid Ocelot. I due però hanno un conto in sospeso da troppo tempo. Il destino del mondo non ha più importanza, importa soltanto quale dei due fratelli rimane in piedi per ultimo. Lo scenario è stupendo: in cima a un’enorme nave sommergibile da guerra, chiamata “Outer Heaven” in nome del grande sogno di Big Boss, in mezzo al mare, con il sole che tramonta lentamente sullo sfondo. Il combattimento, esclusivamente corpo a corpo, è scandito da una colonna sonora all’insegna della nostalgia, composta da quattro canzoni provenienti ognuna da un capitolo della saga di Metal Gear Solid. Due uomini vecchi che non si lasciano andare, perché non possono, e si prendono a pugni fino allo stremo. Niente di più allegorico, niente di più poetico. C’è addirittura un momento in cui entrambi i contendenti fanno per iniettarsi una sostanza che li aiuta a reggersi in piedi e, sapendo che l’altro avrebbe fatto altrettanto, se la iniettano a vicenda. Sentimento alle stelle. Se l’avete provato, sapete esattamente cosa vuol dire non voler mollare, fino alla fine. E il bello è che non è nemmeno la scazzottata più in alto di questa lista…

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PSYCHO MANTIS

Psycho Mantis. Devo dire altro? Geniale, geniale, geniale. Mentre scrivo queste parole sento profondamente l’ingiustizia di chi non ha giocato questa particolare boss fight. Se non l’avete fatto, smettete di leggere, fate in modo di recuperare. Dovreste farlo con tutte le boss fight di questa lista, in realtà, ma con Psycho Mantis lo spoiler sarebbe un crimine particolarmente grave. Il vostro nemico mostra poteri soprannaturali, abilità telecinetiche e, soprattutto, telepatiche. Può controllare la mente vostra e quella dei vostri alleati. Può leggere nella vostra mem-ehm, nella vostra mente. C’è solo un modo per sconfiggerlo, sottraendosi al suo controllo mentale e no, non è un elmetto di adamantio. Fatevi manipolare, comunque, per un po’, perché fare da tramite alla genialità di Kojima non ha prezzo. Pensare che sarebbe bastato che Hideo fosse nato una ventina d’anni più tardi e, nell’era dei controller senza fili, non avrebbe mai potuto concepire Psycho Mantis nel modo in cui l’ha fatto. Sono cose che ti riconciliano con il tempismo dell’universo. Da giocare con la memory card piena e la mano pronta a scambiare la presa del controller. Non dirò una parola di più, tranne che per un solo, misero attimo ho creduto davvero che avesse poteri telepatici. Un gioco del 1998. Geniale.

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THE BOSS

Tutto quello che è stato detto per il combattimento corpo a corpo con Liquid Ocelot, moltiplicatelo (almeno) per due. È IL confronto. Tra Naked Snake, ormai avviato sulla strada di un destino molto più grande di lui, e il mentore di una vita, una donna giusta dalla parte sbagliata della storia. Lei è The Boss, che avete il compito di eliminare perché tutto cambi o perché tutto rimanga com’è, nessuno lo sa con certezza. Ma non si può evitare. Senza armi, CQC (per “Close Quartier Combat”), ex allievo contro ex maestra, ormai allo stesso livello. In un campo di fiori bianchi. Musica come ne avete sentita raramente, di quelle che non si sentono solo con le orecchie ma con tutto il corpo. Lo scontro è già scritto, più di molti altri, e lo sapete bene, ma intuite anche che qui non si tratta affatto di chi vincerà, bensì di cosa significa vincere. Alla fine del combattimento una parte di voi saprà che la vittoria non rende liberi, e che anzi è più vero il contrario. Alla fine avrete vinto, sì, e sarete cambiati per sempre.

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