Se D&D dicono donna…

Lo sentite il vuoto? Quello che vi accompagnerà ogni lunedì mattina fino ad aprile 2017, quella dolceamara soddisfazione di non avere più spoiler da evitare, quell’ansia da prestazione al pensiero che mancano solo 13 puntate alla  fine di un’era.
Sì, siamo arrivati al finale di stagione di Game of Thrones, un finale col botto, come sempre, stavolta più che mai.
Questa sesta stagione ha portato gioie, rivelazioni e un drastico dimezzamento del cast, oltre ad una nettissima diminuzione di nudi e bordelli… Coincidenze? Noi di Stay Nerd pensiamo di no!

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Sceneggiatori che odiano le donne

Fino alla scorsa stagione, le critiche più pesanti mosse alla serie HBO erano quelle di misoginia e violenza eccessiva nei confronti dei personaggi femminili dello show: se da una parte molte scene prevedevano superflui nudi integrali, dall’altra alcune delle protagoniste hanno passato momenti non proprio piacevoli, come il barbecue di Shireen e lo stupro di Sansa Stark. Proprio dopo Unbowed, Unbent, Unbroken, sesto episodio della quinta stagione, l’opinione pubblica si è scagliata contro gli sceneggiatori, Benioff e Weiss, e molte donne hanno dichiarato che non avrebbero più seguito lo show.

Se queste donne non hanno mantenuto la loro promessa, cadendo di nuovo nella trappola del trono, saranno rimaste piacevolmente colpite dal cambio di rotta attuato durante le ultime dieci puntate.
La sesta stagione, infatti, si lascia alle spalle queste accuse e fa delle donne di Westeros le protagoniste assolute, fregandosene dell’evoluzione psicologica dei personaggi e degli errori commessi in passato, come la pessima caratterizzazione delle serpi della sabbia.

La regina che giocava con l’altofuoco

Certo, se la situazione sociopolitica dei sette regni vede sul trono un pischello che si lascia traviare dal primo santone di passaggio, possiamo capire che a King’s Landing (e che landing che ha fatto) Cersei riesca, alla fine, a conquistare il trono. In fondo, la regina (fu) madre ci è sempre stata presentata come una donna avvezza ai giochi di potere e alla manipolazione, senza dimenticare che la sanità mentale non è mai stata il suo forte.
Follia e grandezza sono due facce della stessa medaglia, come sanno bene i Targaryen.

Cersei, in effetti, resta almeno coerente con il suo personaggio, e cerca in ogni modo vendetta per i maltrattamenti subiti dall’High Sparrow, pur finendo per essere causa dei suoi mali. Per quanto totalmente fuori di testa, Cersei rimane fedele a se stessa, cosa che non si può dire di altre lady dei sette regni.

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Sansa Stark, per esempio. Vi ricordate la ragazzina impaurita che ha saltato dalle mura di Winterfell insieme a Theon Greyjoy? Beh, probabilmente ha battuto la testa durante la caduta e ha subito un pesante cambiamento di personalità. No, lo so cosa state per dire: dopo una brutta esperienza negativa le persone reagiscono diventando più forti. Benissimo, posso anche accettarlo, ma come mi spiegate la trasformazione da timorosa ragazzina bistrattata dall’universo a generale capo stratega del nord?
La risposta è semplice, ma non piacevole.
D&D, messi alle strette dal pubblico insoddisfatto per il trattamento dei suoi personaggi preferiti, senza più la traccia di Martin da seguire e con il timore di lasciare troppe sottotrame aperte a tredici episodi dalla fine, hanno deciso di percorrere quello che sta diventando un trend nel mondo dell’intrattenimento, e dare agli spettatori ciò che vogliono: personaggi femminili forti.

No, certo che non è una cosa negativa.
Forse.

La Khaleesi dei castelli di Qarth

Di personaggi femminili forti la serie è piena, nonostante gli sceneggiatori ci abbiano privato di alcuni tra i più interessanti (di nuovo, le serpi della sabbia trasformate in ninja con le tette riprodotte in serie, Arianne Martell, Lady Stoneheart). Nessuno direbbe mai che Daenerys Targaryen, Arya Stark o Brienne di Tarh siano stereotipi della donna medievale, ma la trasformazione messa in atto durante questa stagione ha finito per appianare le differenze tra Lady Olenna e Gilly, rendendo ogni personaggio munito di vagina una figura mitica e senza vacillamenti.

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Provate a pensare alla psicologia di personaggi come il defunto Ramsay Bolton, un pazzo sadico senza scusanti, o alla viscidezza di Petyr Baelish: nessuno userebbe la parola badass per definirli, né potrebbe parteggiare per loro nel gioco del trono. Semplicemente, sono personaggi negativi, consapevoli di avere una morale pessima, senza nessun tratto caratteriale che possa addolcire il giudizio dello spettatore su di loro, come siamo invece portati a fare per Ellaria, o per la stessa Cersei. Anche la new entry Lyanna Mormont, nuovo idolo dei social, perde molta della sua potenza, tra una battuta sprezzante di Sansa e la rivalsa di Yara Greyjoy.

L’impressione è appunto quella di uno show che chieda scusa per quanto successo finora, e che, timoroso di perdere il suo pubblico, si prostri promettendo gioie e la conferma del segreto di Pulcinella sui natali di John Snow, senza preoccuparsi di sciocchezze come le linee temporali (ma dico: sei stagioni per convincere Dany a partire e poi grazie a Varys che si teletrasporta da Dorne a Mereen, in mezza puntata imballano i mobili, trovano un babysitter per Daario e partono?). Lo sforzo messo in atto da D&D per rendere lo show feminist-friendly è evidente: hanno tolto le tette e ci hanno lasciato i draghi, ma solo perché non esistono associazioni contro lo sfruttamento dei lucertoloni squamati; hanno tolto gli stupri e sottolineato così tanto il saffismo di Yara Greyjoy da renderla, sì, uno stereotipo della butcher lesbica.

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Hanno tolto l’umanità alle donne della serie per regalare loro pochi secondi di gloria; solo a Melisandre hanno lasciato i suoi dubbi e i suoi fallimenti, rendendola un personaggio controverso ma affascinante, cosa che non posso dire degli altri.

Sono convinta che l’idea iniziale degli sceneggiatori fosse positiva, che la loro mossa sia stata sì pubblicitaria, ma non malefica, tuttavia, nel gioco del trono hanno voluto trasformare le donne in uomini, pensando erroneamente che una donna che sappia fare la guerra possa far tacere il malcontento, che quello che vogliono le donne sia quello che gli uomini pensano che le donne vogliano. Senza capire, in fondo, di aver sbagliato ancora una volta.

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Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.