Che il 2017 sia stato un anno legato al passato e alla nostalgia non è certo una novità. Remaster di peso hanno fatto il loro ritorno per la gioia di tutti i videogiocatori ormai cresciuti. Tuttavia, oltre a riproposizioni di titoli iconici, stiamo assistendo al ritorno in auge di generi videoludici particolarmente in voga vent’anni fa, come i racing game futuristici. Wipeout Omega Collection, approdato questa estate su PlayStation 4, appare l’esempio perfetto per riassumere le prime righe di quest’articolo. Eppure sarebbe scorretto non menzionare la produzione indie che, nel riportare a galla un genere finito nel dimenticatoio, ha avuto un ruolo molto importante. Lo ha fatto il team italiano 34BigThings con l’apprezzato Redout e presto lo farà Lightfield, titolo realizzato dal piccolo studio viennese Lost in the Garden.  

Assenza di gravità

Il successo di un genere videoludico spesso implica la proposizione di numerosi titoli molto somiglianti tra loro e che dunque peccano di originalità. Un errore che Lost in the Garden ha voluto evitare, realizzando un gioco che sì, riprende le meccaniche dei racing game futuristici, ma allo stesso tempo le scardina. Come? Eliminando tracciati predefiniti e ideando delle corse omnidirezionali. In Lightfield non esiste la tradizionale gravità: la nostra navicella infatti non correrà su piste lineari, ma si ritroverà a vagare all’interno di mappe variegate, ricche di bivi e strade parallele. La chiave per potersi destreggiare tra gli ostacoli e gli avversari è agganciarsi, tramite un apposito tasto, alle varie piattaforme e cunicoli che compongono il tracciato, in modo da aumentare la velocità del mezzo. Riassumendo, i riflessi saranno costantemente sollecitati per comprendere meglio dove agganciare la nostra navicella e che strada prendere per avvicinarsi al traguardo. Ogni giro dunque potrà essere diverso dal precedente, a seconda delle nostre preferenze.

L’impatto iniziale, nonostante il tutorial chiaro ma forse fin troppo basilare, potrebbe risultare caotico. Le azioni-base (accelerare e agganciarsi) non permettono di godere appieno di Lightfield: è con la pratica che impareremo diversi trick e comandi, come saltare al momento giusto, virare e compiere giravolte, che renderanno le gare più entusiasmanti, senza contare poi che anche il semplice aggancio dev’essere fatto con attenzione, altrimenti vi è il rischio di sbattere contro un muro. Anche perché, a differenza di WipEout o Redout, in Lightfield si percepisce meno il senso di velocità proprio per l’estensione delle mappe, e se ci limitiamo al solo correre e saltare da una piattaforma all’altra il gioco potrebbe apparire noioso. A rendere le corse ancor più adrenaliniche sono degli elementi situati all’interno delle mappe, come gallerie che aumentano la nostra velocità, o al contrario tempeste di fotoni che faranno ballonzolare la nostra navicella quando si ritroverà in volo.

Pochi ma (quasi) buoni

Spiegate le regole di Lightfield, è giunto il momento di delineare meglio com’è strutturato il titolo. I tracciati non saranno tutti disponibili nell’immediato, ma basterà correre all’interno di quelli disponibili per acquisire i punti esperienza necessari a rendere accessibile il resto delle piste. Più si correrà, più si crescerà. Questo concetto potrebbe far storcere il naso, verrebbe da pensare: a che pro correre sull’unico tracciato disponibile per minuti interminabili fino a quando non si sbloccherà quello successivo? E qui viene fuori l’altro elemento interessante di Lightfield: l’esplorazione. Le mappe aperte spingono ad avventurarsi per vie nascoste e zone differenti, all’interno delle quali sono nascosti dei tesori. Sono 42 in totale, e donano grande particolarità a un titolo del genere.  La pecca di Lightfield riguarda più che altro i tracciati, che sono solo 7, con ognuno di essi che offrirà diversi tipi di sfide riassumibili nella classica corsa e prova a tempo. A ciò si aggiunge anche la modalità multiplayer, disponibile sia online che in locale, per un totale di 4 giocatori.

Sebbene il numero parecchio ridotto di tracciati possa apparire un grosso difetto, occorre precisare che essi visivamente sono ben realizzati. L’assenza di gravità consente di correre dentro aree totalmente irregolari, affascinanti e molto dinamiche. Non esiste nulla di statico in Lightfield, e questo crea uno spettacolo piacevole per gli occhi. Il titolo è una vera esplosione di colori: cromie contrastanti si alternano tra loro, dando proprio quel tocco futuristico all’atmosfera di gioco, ma senza apparire troppo vivace o esagerato alla vista. Nonostante i pochi dettagli, il motore grafico Unity riesce piacevolmente a sorprendere grazie a un mix ben amalgamato di forme irregolari, strutture atipiche, forme geometriche e colori. Quanto al comparto sonoro, esso si rifà alla musica elettronica. Principale autore dei brani è Zanshin, musicista e producer viennese. È chiaro che in questo caso gioca un ruolo decisivo la soggettività delle orecchie del giocatore ma, sebbene tale genere musicale cada a fagiolo su questa tipologia di gioco, i brani risultano a volte fastidiosi. I toni martellanti e incalzanti snervano, specie durante le planate e le sezioni in volo, molto lente, poco prima dell’aggancio.

Verdetto:

Lightfield è un esperimento ben riuscito. Con un occhio verso il passato e l’altro verso il futuro, riesce a divertire tramite un genere videoludico che sta rinascendo, il tutto proponendo un nuovo approccio. L’apertura dei tracciati e l’assenza di gravità donano originalità al titolo. Nonostante l’impatto iniziale sia un po’ traumatico, presa la mano riesce a divertire, grazie anche a uno stile grafico molto gradevole. Tuttavia il titolo non è esente da difetti, come un numero davvero limitato di tracciati e un comparto musicale che più che fomentare disturba (chi scrive apprezza la musica elettronica, pur rendendosi conto di dire qualcosa di personale). L’effetto generale di Lightfield è comunque ben riuscito, rivelandosi una piacevole scoperta, soprattutto per i fan dei racing game futuristici che attendono un nuovo tipo di sfida su console. Lightfield, infatti, sarà disponibile per PlayStation 4 e Xbox One.

Lorena Rao
Deputy Editor, o direttigre se preferite, assieme a Luca Marinelli Brambilla. Scrivo su Stay Nerd dal 2017, per cui prendere parte delle redini è un’enorme responsabilità, perché Stay Nerd è un portale che punta a stimolare riflessioni e analisi trasversali sulla cultura pop a 360° tramite un’offerta editoriale più lenta e ragionata, svincolata dalle dure regole dell’internet che penalizzano la qualità. Il mio pane quotidiano sono i videogiochi, soprattutto di stampo storico. Probabilmente lo sapete già se ascoltate il nostro podcast Gaming Wildlife!