Abbiamo intervistato Gianni Pacinotti, in arte Gipi, presente al Lucca Comics & Games 2015 per presentare il suo primo gioco da tavolo, Bruti. 

Sei qui a Lucca per presentare il tuo nuovo gioco di carte Bruti, vuoi presentarlo sinteticamente?

Certo, è un gioco di combattimento con le carte, non un gioco di ruolo, ma proprio un gioco di legnate nella testa che si gioca in due, tre, o quattro giocatori in duelli uno contro uno, in rissa tutti contro tutti o nella modalità più divertente -in termini di “casino”- che è due contro due.

Per arrivare fin qui, tu e il tuo coautore per Bruti avete scelto la via del crowdfunding. Cosa vi ha spinto a seguire questa opzione, bypassando le normali linee editoriali?

Erano tre anni che lavoravo a Bruti. Le meccaniche erano chiuse, ci giocavo a casa mia con i miei amici, Massimo Colella il mio collaboratore, che è un italiano che vive a Parigi, aveva già fatto dei crowdfunding e mi ha detto “facciamolo diventare una cosa vera”. Abbiamo provato, un sacco di persone gentilissime dal cuore d’oro ci hanno dato fiducia, ci hanno responsabilizzato, quindi abbiamo lavorato nel modo migliore possibile e siamo arrivati in fondo.

bruti

Eri già appassionato di giochi da tavola?

Io ho iniziato a giocare a 16 anni, considera che ho fatto il Master a D&D per anni, ma giocavo anche ad Advanced Squad Leader e altra roba veramente tosta, insomma si, me ne sono fatti tanti di giochi da tavolo.

Qualcuno definisce i tuoi disegni semplici, noi invece li troviamo assolutamente sofisticati. Tu come definiresti il tuo stile?

Io non ho solo uno stile. Io so disegnare molto bene quando voglio, solo che mi sono scelto una via, ho dei gusti, però questi gusti cambiano a seconda del lavoro di cui mi occupo. Se devo fare una storia a fumetti dove il disegno deve stare sotto la narrazione faccio un disegno stilizzato e asciutto, poi può anche non piacere a qualcuno e questo è legittimo. Se devo fare delle illustrazioni per un romanzo fantasy come la copertina di YA di Recchioni cerco di fare un bel disegno che possa piacere ai ragazzi. A me piace disegnare in tutti i modi. Di stili ne ho tanti, ho passato la gioventù a imparare a disegnare in modo classico, quindi proporzioni, muscoli, tendini e tutto quello che serve. Quando sono diventato grande -a 37 anni- avevo voglia di raccontare delle storie che avevano uno stile più stringato e più di sintesi, e quindi l’ho usato. Per Bruti avevo bisogno di qualcosa che fosse Fantasy ma mio, per cui ho inventato un altro stile ancora. Dipende dal lavoro che ho tra le mani.

gipibruti1Tu a differenza di altri tuoi colleghi non sei molto attivo sui social network, cosa pensi di questa forma di contatto virtuale. Secondo te esiste un modo buono di sfruttarli?

Assolutamente si, però ti devo correggere: io fino ad un anno e mezzo fa ero molto assiduo su facebook, litigavo con un sacco di gente e mi buttavo in tutte le discussioni del mondo. Poi mi sono innamorato per la prima volta in vita mia, ho guardato quel monitor e ho detto “Ma che cazzo sto a fare”. Ora lo uso per comunicare con le persone che mi seguono e per far vedere i miei disegni perché comunque mi fa piacere. Come tutte le droghe va saputo gestire, è una questione personale: c’è gente che fuma una sigaretta al giorno, io ne fumo 40, per cui ci devo stare attento. Però lo ritengo una “droga pesante”.

Secondo te è legittimo parlare di Graphic Novel, oppure è solo un modo anche piuttosto triste di elevare il fumetto al pari di altri media come se a prescindere si dovesse considerare inferiore?

Il fumetto non ha bisogno di essere elevato a nulla perché quando è fatto bene spacca ogni culo possibile. Il termine Graphic Novel è nato in America per dare un nome a un prodotto che fino a quel momento non esisteva, cioè un romanzo a fumetti che avesse un inizio e una fine, che non fosse una serie e che non avesse un personaggio che sarebbe tornato in altre storie ecc. In Italia ha attecchito perché i giornalisti sono stupidi, e avevano bisogno di un etichetta, perché in Italia purtroppo se guardi sul vocabolario -oggetto che non esiste quasi più ma esisteva fino a poco tempo fa- il termine fumetto aveva anche un’eccezione negativa, come una cosa semplice e per stupidi. Possiamo interrogarci sul perché in Italia aveva questa accezione, in Francia il fumetto è considerato al pari di tutte le altre arti. Però a me non me ne frega niente di queste cose, io penso che le parole non contano nulla. Se un autore è bravo e parla al pubblico, quel pubblico se ne fregherà del nome che gli altri mettono alle sue opere. Avrà trasmesso delle emozioni e questo sarà sufficiente.

IMG_9277

Quali sono le tue principali fonti di ispirazione?

Nel fumetto ho avuto dei maestri, soprattutto disegnatori degli anni 80′, perché io ho un’età purtroppo. Andrea Pazienza, Tanino Liberatore, e molti altri che appartenevano alla scuola italiana di quegli anni. Ma da ragazzino ero pazzo anche di Moebius e di tanti autori internazionali… ma è una cosa continua, che non finisce mai.

11004636_1567274446874915_2970900844775668298_o

Puoi darci qualche news sul tuo prossimo lavoro, La terra dei figli?

La terra dei figli è lì. Bruti mi ha rubato tutto il tempo finora ma adesso che è uscito posso tirare il fiato e probabilmente ricomincerò a lavorarci.

Da veterano e professionista affermato quali sono i consigli che daresti a chi vuole intraprendere una carriera come la tua. Secondo te qual è l’incipit che ci vuole per cominciare bene questo cammino?

L’incipit è fare una costruzione di sé come si deve. La questione è: perché te dovresti fare di mestiere quello che racconta storie agli altri invece di andare a lavorare in una fabbrica in catena di montaggio. Te lo devi meritare. Vuol dire che ti devi fare il culo più di tutti gli altri. Che non ti devi lamentare, che lavorerai gratis, che lo prenderai nel culo, ti gireranno le palle e non dormirai la notte, farai lavori di merda e nel frattempo studierai per diventare un buon disegnatore o un buon raccontatore di storie perché alla fine, quello che te vuoi è una poszione da privilegiato, cioè uno che campa della sua arte, non ha un capo, fa il cazzo che gli pare e gode come un maiale quando lavora. È una cosa che ti devi guadagnare!

A cura di Eugene Fitzherbert e Davide Salvadori

Davide Salvadori
Cresco e prospero tra pad di ogni tipo, forma e colore, cercando la mia strada. Ho studiato cinema all'università, e sono ormai immerso da diversi anni nel mondo della "critica dell'intrattenimento" a 360 gradi. Amo molto la compagnia di un buon film o fumetto. Stravedo per gli action e apprezzo particolarmente le produzioni nipponiche. Sogno spesso a occhi aperti, e come Godai (Maison Ikkoku), rischio cosi ogni giorno la vita in ridicoli incidenti!