Se dici “Seth MacFarlane” la prima cosa che puoi pensare è “I Griffin”. Il poliedrico autore/comico americano è infatti il padre e creatore del popolare show che, partendo come emulo dei Simpson, si è poi conquistato una fetta del mercato dell’intrattenimento tutta sua con dei meriti che, francamente, ci sembrano più che meritati. Eppure MacFarlane, da qualche tempo a questa parte, ha deciso di trascendere il medium televisivo e lanciandosi al cinema con Ted, ha saputo persino convincere il pubblico della sala. Non tutto ovviamente, ma buona parte di esso, che ha trovato nell’equilibrata dose di volgarità, situazioni improbabili e comicità sessualmente esplicita una trovata d’altri tempi.

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Ted, almeno per chi scrive, era il “Mad Magazine” fatto al cinema. Un qualcosa completamente fuori di testa e, paradossalmente, così sconclusionato da avere quasi ragione d’esistere. In questo senso non deve meravigliare il suo successo, in parte sicuramente dovuto anche al nome del regista/autore, ma in parte certamente dovuto all’idea, alla sua originalità e, perché no, alla sua realizzazione. Con premesse simili ci si aspettava che con “Mille modi per morire nel west” MacFarlane potesse replicare la “magia” o quanto meno confezionare una pellicola che, senza troppe pretese, potesse intrattenere e divertire. Ma leviamoci il dente: non è così.
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o-A-MILLION-WAYS-TO-DIE-IN-THE-WEST-TRAILER-facebooko-A-MILLION-WAYS-TO-DIE-IN-THE-WEST-TRAILER-facebooko-A-MILLION-WAYS-TO-DIE-IN-THE-WEST-TRAILER-facebookAmbientato nel bel mezzo del 1800, ai tempi di un West quanto mai selvaggio e polveroso, Mille modi per morire nel west racconta di Albert, un pastore incapace di badare al suo stesso gregge e in qualche modo demotivato dai tempi che corrono. Il West è pericoloso e letale, e questo Albert lo sa tanto che, in pratica, il nostro tira a campare spinto solo dall’amore per la sua Louise, alias Amanda Seyfried che, tuttavia deciderà di mollarlo per il più benestante e belloccio Foy, un Neil Patrick Harris nelle vesti di baffutissimo damerino. Sull’orlo della depressione il nostro ritroverà fiducia in sé stesso grazie ad Anna, una misteriosa ma abilissima pistolera interpretata da Charlize Theron che instaurando con Albert una profonda amicizia lo aiuterà a guarire dal male di vivere. La trama, come capirete, non è nulla di particolarmente complesso ma questo nn è necessariamente un difetto. L’intenzione di MacFarlane è infatti palese: portare su schermo un certo tipo di cinema in costume che abbia la pretesa di intrattenere senza fronzoli, un po’ come successe con Ritorno al Futuro in cui lo stesso Zemeckis si cimentò con l’epopea western e che, non ha caso, è in Mille modi per morire degnamente citato con tanto di Delorean! Il problema non è neanche il cast che, oltre ai succitati, si avvale anche nella presenza di Liam Neeson e Giovanni Ribisi. Il punto è che l’intero film non ha quel sapore tragicomico tipico delle opere del suo autore, ma sembra piuttosto una barzelletta raccontata male, con un accenno di dislessia e, metti, anche un po’ di pretese di troppo.

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maxresdefaultSe i costumi, gli attori (evidentemente divertiti dal film e spesso in stato di grazia) e persino le citazioni (ce ne sono un paio che vi strapperanno più di un sorriso) sono ben mescolate, il film soffre di un generale senso di inadeguatezza. Pur cercando di agglomerare una sequenza lunghissima (forse sin troppo lunga) di eventi, citazioni, sparatorie, il risultato è un coinvolgimento zoppicante, scialbo e talvolta sinceramente noioso. Un peccato, soprattutto perché la maestria di MacFarlane è, almeno per noi, indubbia e dopo Ted ci si aspettava se non un miglioramento dello stile (parodistico) quantomeno un mantenimento dello status quo. C’è una gratuità dell’idiozia in questo film che talvolta non trova giustificazione. Vero è che un certo tipo di commedia è tipica del modo di fare di Seth, ma è indubbio che siamo lontani anni luce dall’intelligente sconclusionatezza delle gag dei Griffin, e comunque a “diverse lune” dall’estro e dalla simpatia di Ted. Il bello è che a MacFarlane vale comunque la pena di fare un plauso, perché dimostra senza mezze misure di essere un conoscitore del cinema cui vorrebbe riferirsi dimostrandosi a suo agio sia nelle inquadrature, che nelle scelte dei luoghi che in quant’altro sia di contorno a costruire quasi perfettamente l’idea di un cinema western. Il punto, allora, è proprio la mollezza del film e il voler per forza strappare una lacrima allo spettatore, cosa che di tanto in tanto riesce ma senza pretese e con gag dimenticabili. Mille modi per morire nel West è quindi un pasticcio, un cocktail in dosi sbagliati in cui, a dispetto di un cast stellare e di una realizzazione di spessore, tutto il resto è noia.