Un disastro animato targato Netflix

Non è nuovo il desiderio, da parte del leader del settore dell’on demand da 93 milioni di abbonati, di incrementare la propria offerta nel campo degli anime, spesso importando dalla terra del sol levante serie di grande successo, piccoli classici e miti istantanei del presente, come One Punch Man, L’attacco dei giganti, Sword Art Online, Steins Gate, Gurren Lagann, Cowboy Bepop e tanti altri, insieme a film sempre di marca nipponica che difficilmente potremmo altrimenti vedere fuori dai confini nazionali, tra cui spiccano Wolf Children e The Boy and the Beast. Ultimamente, a questa tendenza si è aggiunta anche quella di dare vita a produzioni originali da ospitare sulla piattaforma. Dopo Perfect Bones di Kazuto Nakazawa e Castelvania di Warren Ellis è purtroppo arrivato il turno di Neo Yokio di Ezra Koenig, che ha debuttato il 22 settembre 2017. Diciamo “purtroppo” perché Neo Yokio rischia seriamente di strappare ad Iron Fist la palma di peggior prodotto Netflix del 2017.

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Neo Yokio è la città più grande e famosa del mondo, cresciuta nel corso dei secoli fino a diventare una metropoli sconfinata, dai confini vastissimi dove abitano milioni di persone. A causa di questa sua prorompente ascesa, attirò l’attenzione di un esercito di demoni deciso ad occuparla per sfruttarne le immense risorse. Nel tentativo di risolvere questa crisi, alla fine del diciannovesimo secolo il sindaco ha fatto venire dall’Europa una legione di maghi, stregoni ed esorcisti, che riuscirono a contenere la minaccia. Per ringraziarli, diede loro ricchezze, status sociale e palazzi in cui abitare, affinché potessero negli anni intervenire in caso di nuove apparizioni malvagie. Nel presente, Kaz Kaan (Jaden Smith) è il giovane rampollo di una delle più antiche famiglia di Magistrocratici, ovvero i discendenti della casta magica. È un ragazzo vanitoso, eccentrico, malinconico e molto superficiale, che tra un esorcismo e l’altro passa tutto il suo tempo con gli amici dell’alta società, Lexy e Gottlieb (The Kid Mero e Desus Nice) e il suo robot maggiordomo Charles (Jude Law) tra festini, bevute e bella vita, attento ad evitare le frecciatine del suo rivale Arcangelo Corelli (Jason Schwartzman). Quando gli toccherà liberare da una possessione demoniaca una sua vecchia conoscenza, la fashion blogger Helena St. Tessero (Tavi Gevinson), si troverà al centro di una serie di eventi che metteranno in discussione la sua esistenza nella bella città.

Devo dire che questa serie mi fatto vedere una luce in fondo al tunnel. Dovete sapere che chi vi scrive sogna (come tanti amanti della nerditudine) di poter un giorno scrivere e dirigere una serie televisiva animata. Beh, grazie a Neo Yokio ho capito che c’è speranza per tutti. Se Netflix (NETFLIX!) ha così tanti soldi da poterne buttare via in un simile obbrobrio allora forse verrà pure il mio turno e per tutti gli altri dilettanti che desiderano cimentarsi con questa forma d’arte. Non è ben chiaro cosa abbia infatti spinto i dirigenti di una delle aziende dell’intrattenimento più spigliate e prorompenti degli ultimi anni a produrre una tale schifezza. Eppure, dietro al tavolo creativo abbiamo Ezra Koenig, non esattamente l’ultimo degli incompetenti ma uno che nella vita ha fatto di tutto, dal musicista allo scrittore passando per cantautore e radio dj, oltre che guadagnarsi il pane come vocalist per il gruppo dei Vampire Weekend. Dunque, ci si aspetterebbe, se non altro, qualcosa che abbia uno certo savoir faire, delle sfumature, tocchi di classe, in poche parole: stile.

O, almeno, un prodotto che non ti faccia venire voglia di lavare le pupille col Viakal e di staccarsele dalle orbite per paura di rivederlo per sbaglio. Invece, quello che ci troviamo di fronte è una serie che nasce male e termina malissimo, senza capo né coda che all’inizio si convince di essere una “parodia” della Grande Mela e alla fine si prende troppo sul serio quando non c’era assolutamente nulla da prendere sul serio. La qualità della scrittura è imbarazzante, da scuola elementare o da film porno (e pensare che è pure vietata ai minori di 14 anni), quella dell’animazione è ancora peggio, nonostante le ciofeche a cui a volte siamo stati abituati made in Japan, senza contare l’ambientazione, i personaggi e la storia. Per non parlare poi del protagonista: un belloccio privo di spina dorsale, autoironia, spirito di osservazione e coraggio, piatto come l’elettroencefalogramma di un defunto. Kaz Kaan è veramente orrido, sebbene all’inizio possa pure avere qualcosa di interessante e probabilmente l’obiettivo era quello di farne una presa umoristica di una figura tipica: il ragazzino viziato e facoltoso pieno di soldi, categoria umana che abbonda dalle parti di New York e che ha fatto la storia della città che non dorme mai. Tuttavia, è pure il protagonista, il motore della serie che deve confrontarsi con stranezze e avventure assurde, dunque è obbligato a dimostrare delle doti morali o un qualcosa che possa giustificarlo in questo suo ruolo. Il risultato è invece un ragazzo stupido che più stupido non si può, che ha quasi nulla di buono o di valido, sia quando interpreta la veste della parodia sia quella dell’eroe, tra l’altro dotato di strani poteri di cui nessuno si degna neanche per un istante di dare una spiegazione. Oltre che essere animato in maniera scandalosa, tanto da far rimpiangere certi filler di Naruto disegnati tenendo una matita tra le natiche e premendo forte, l’elemento magico, che teoricamente dovrebbe essere una delle parti centrali della narrazione, viene messo lì tanto per, senza approfondirlo mai e senza dare nemmeno una parvenza di spiegazioni del perché. Invece, si preferisce sprecare il misero tempo a disposizione (appena sei episodi, Dio sia lodato) per parlare di martini con le mozzarelle e robot maggiordomi/volanti che in realtà non sono robot. E proprio questo poteva essere un buono spunto: l’idea di un mondo dove coesistono grandi tecnologie e magia, sullo sfondo di una Terra alternativa e una città ultrafuturistica in cui interi quartieri sono costruiti interamente sott’acqua.

Vista così, poteva anche trattarsi di una buona idea per una serie quantomeno gradevole, invece è realizzata in maniera talmente pessima che anche il minimo salvabile finisce per affogare in un mare di pochezza e pressapochismo. Ma a questa sofferenza per gli occhi si aggiunge anche la proverbiale beffa, visto che il team di doppiatori presenta alcuni pezzi grossi del cinema statunitense, su tutti Jude Law costretto, suo malgrado, a dare voce all’automa Charles. Questo conferma sul serio la sensazione di prima, ovvero che i ragionieri di Netflix si fossero trovati nel bilancio un po’ di milioni in più da spendere e, non sapendo come buttarli, abbiamo scelto di investirli in una simile mostruosità, tanto che hanno pure chiamato delle autentiche star per il doppiaggio.

Davvero, ci sono tante altre belle cose in cui potete impiegare due ore della vostra vita. Per esempio, la pittura dei chicchi di riso, la caccia al dodo, l’ukulele suonato con le dita dei piedi, un corso di tango col lamantino, qualunque cosa. Ma, per l’amor del cielo, evitate di guardare questa vergogna animata.

Verdetto

Neo Yokio rischia sul serio di strappare al fotofinish il premio di peggior produzione di Netflix del 2017. Una serie animata pessima, scialba, superficiale, piatta, senza nessun motivo valido per farsi vedere di cui si fatica a capire il motivo che ha spinto i dirigenti dell’azienda a finanziarla.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!