La sottile linea poetica

Cos’è Paterson? È un film, senza dubbio, diretto da Jim Jarmusch e interpretato, principalmente, da Adam Driver e, in secundis, da Golshifteh Farahani. Ma è anche una tenera dichiarazione, d’amore. Non un inno, né alcunché di urlato, è un sussurro timido, ma anche deciso, determinato a tracciare una linea a difesa di una poetica del fare le cose che costituisce, al di là di tutto, un valore.

Ma cerchiamo di spiegarci meglio.

11

Il protagonista, Paterson, chiamato come la cittadina in cui vive, è un autista di bus (che l’attore si chiami Adam Driver è solo una fortunata coincidenza, abbiamo controllato). Ma non è solo questo, anzi, il film continua a sovrapporre la sua routine da “uomo comune” a quella di un poeta. Paterson è anche un poeta. E, da ciò, l’intero conflitto del film. Cosa significa essere poeti? Si deve essere solo poeti, per potersi dire tali? C’è qualche requisito particolare? E, viceversa, qual è la definizione di un non-poeta?

Protagonista e co-protagonista ci aiutano ad entrare dentro due vite intrecciate, avvicinandoci pianissimo, con un ritmo da meditazione yoga e un realismo che diventa, senza dubbio per scelta, statico. Paterson è un film lento, inutile girarci attorno, ma che vuole essere così, e non lo nasconde per un solo secondo. Una fotografia sapiente e sempre gradevole all’occhio ci accompagna insieme alla regia, ripresa ferma dopo ripresa ferma, ostentando un gusto quasi documentaristico che inizialmente, specie se abituati agli standard hollywoodiani, non può che stranire, ma cui, se gli date una chance, potreste abituarvi e apprezzare.

22

L’azione fisica, in questo film, è quasi del tutto assente. Per il poco che se ne vede, risalta come un diamante in una grotta di sabbia nera. Perciò, ecco, non la cercate qui. Se però state cercando una pellicola che accarezzi con grande delicatezza, sensibilità e originalità un tema esistenziale, quello dell’identità della propria anima, allora Paterson potrebbe essere il film per voi. Senza sottovalutare la prestazione eccellente di Adam Driver e della sua compagna in-movie Golshifteh Farahani, che incarna un modello di musa votato all’amore e al crederci sempre e comunque. Tanto che, nonostante si comprenda l’ineluttabile destino delle sue ingenuità, non si può fare a meno di parteggiare comunque per lei.

La trama tratteggia con calma elefantiaca tre atti ben definiti, sviluppandosi e concludendosi con un mezzo deus ex machina che però, in questo particolare caso, non è licenza tanto grave, anzi, funziona. Talvolta non c’è alcun atto eroico da compiere, bisogna semplicemente riconoscersi per (ri)trovare la felicità, e a fare questo può bastare semplicemente lo specchio di due occhi che somigliano ai nostri.