La rivoluzione silenziosa

Con l’uscita dei titoli dedicati alla nuova stagione calcistica tornano puntuali le solite due domande che tutti gli appassionati si pongono: quella inevitabile, visto il dualismo degli ultimi dieci anni, su quale sia il migliore tra PES e FIFA, e quella altrettanto annosa su quanto sia sensato spendere ogni anno soldi per un gioco di calcio, viste le poche differenze (perlomeno per l’occhio non attento) tra un episodio e l’altro.

Se alla prima domanda risponderemo con le nostre recensioni (a breve arriverà anche quella di FIFA), per quanto riguarda la seconda ammetteremo che in un primo momento siamo rimasti un po’ spiazzati da questo PES 2018.

Sarà per l’immagine principale con Neymar ancora con la maglia del Barcellona (il campione brasiliano è passato al Paris St. Germain in una travagliata operazione di mercato, con il gioco presumibilmente già alle fasi avanzatissime dello sviluppo), sarà per i menù completamente identici a quelli del 2017, ci è sembrato davvero di trovarci di fronte alla versione dell’anno scorso del simulatore calcistico Konami.

Che anno è?

Anche perché il gioco fa di tutto per confermare quest’impressione: dalle già citate grafiche dei menù alla schermata della gestione della squadra, fino ad arrivare alle varie modalità del gioco stesso, quasi tutto è perfettamente sovrapponibile a quanto già visto in PES 2017.

C’è la novità delle sfide 3vs3, c’è qualche piccolo cambiamento sulla gestione degli osservatori, ma anche l’online non fa registrare cambiamenti. Di positivo c’è che è tutto abbastanza fluido e solido e difficilmente si riscontrano problemi di connessione, ma con un avversario come l’Ultimate Team dall’altro lato, MyClub non ha certo vita facile. Così come la modalità Diventa un Mito, uguale da anni ed anni, e che meriterebbe un po’ più di una svecchiata, sempre considerando che sul lato opposto siamo alla seconda stagione de “Il Viaggio”.

È uguale anche il sonoro, decisamente migliore negli stadi su licenza, e con la telecronaca di Caressa e Marchegiani, che ricicla gran parte delle frasi delle scorse edizioni, e per la verità presenta qualche difetto di troppo con i due cronisti che spesso si sovrappongono (con risultati talvolta esilaranti).

pes 2018 recensione

Il calcio, quello (quasi) vero

Ma la vera rivoluzione PES la fa sul campo da gioco, ed è questa la cosa più importante. Il gameplay è stato rifinito in maniera magistrale e, come scritto già nell’anteprima, regala una sensazione di libertà mai provata nella serie. Tutto è più convincente, dai rimpalli alla gestione dei contrasti, dai cross finalmente migliorati, alle animazioni, ogni cosa rasenta la perfezione.

Il ritmo di gioco più compassato regala ulteriore realismo al gameplay, ma per fortuna non è artificioso: non è stato abbassato il ritmo, è semplicemente una conseguenza delle modifiche al gameplay, che vedono i movimenti corali molto più curati, le sovrapposizioni ed i movimenti senza palla assai più realistici, così come la fisicità dei giocatori, ed il sistema di passaggi assolutamente perfetto.

Anche portieri sembrano sensibilmente migliorati (per la verità ai livelli più alti, anche troppo) e regalano meno papere. Certo qualche magagna c’è ancora: c’è la novità visiva del doppio cursore (uno sul giocatore selezionato ed uno sul primo che verrà selezionato in caso di pressione del tasto L1), che per la verità non è che convinca tantissimo, ma è un po’ un difetto di tutto il sistema, visto che ho contato anche una decina di pressioni del tasto, prima di selezionare il giocatore che volessi effettivamente utilizzare.

Difficoltà le abbiamo incontrate anche nei tiri di precisione, sui quali i portieri adesso abboccano davvero di rado, e sui colpi di testa, molto migliorati ma che purtroppo a volte risultano inspiegabilmente deboli. Per il resto, giocare a PES 2018 è veramente un piacere, dà proprio la sensazione di trovarsi sul campo di calcio, rendendo il titolo – sotto questo punto di vista – il migliore della serie per distacco, quantomeno per gli ultimi dieci anni.

Anche visivamente il Fox Engine di Konami fa il suo eccellente lavoro. I volti dei giocatori sono super rifiniti, le cutscene risultano meno finte che in passato, e gli ambienti degli stadi su licenza, Anfield su tutti, sono quasi commoventi.

Man Blue, PM Black White, MD White… BASTA!

Ciò che dispiace, soprattutto in virtù dell’anno che compare a fianco il nome di PES, è la questione delle licenze, sulle quali Konami rimane clamorosamente indietro. Ok la licenza ufficiale di Champions ed Europa League, ma se si pensa che mancano numerose squadre che partecipano ad entrambe le competizioni, tutto sembra perdere di senso. Manca la Bundesliga, e il campionato inglese e quello spagnolo hanno solamente un paio di squadre ufficiali (su 20). Anche le nazionali presentano spesso delle rose inventate di sana pianta, e francamente di questa situazione ne abbiamo un po’ le scatole piene.
A nessuno frega niente del campionato cileno, Konami. Neanche ai cileni. Qualcuno doveva dirtelo.E
Ed è un peccato, perché sono passi falsi che un gioco di calcio confezionato così alla grande non meritava, visto che le (poche) pecche di gameplay sono peccati venali, ma che la serie si trascina dietro da anni, e sarebbe anche ora di provare a risolverli.

Anche svecchiare alcune modalità non sarebbe affatto una cattiva idea (anche quest’anno nella Master League l’unica novità era il menù verticale anziché orizzontale, e soprattutto l’assenza delle licenze (nonostante la possibilità, sebbene valida solamente su PS4, di scaricare file opzioni da internet) può essere gestita in modo meno doloroso, dotando le squadre di nomi più simili alla realtà, e divise somiglianti a quelle reali, per dirne una. Ma Konami quella campana proprio non la vuole sentire, e allora tocca accontentarsi.

E per carità, PES 2018 è un bell’accontentarsi, ma dà quella sensazione di incompiutezza, come l’Italia di Euro 2000, la Samp del 1992, e la Juve delle due finali perse in tre anni, e fa male. Se non ci credete, chiedetelo ai tifosi.

Verdetto:

PES 2018 è un gioco dai due volti: il primo è identico all’anno scorso. Grafiche, menù, sonoro, tattiche, modalità, sono praticamente presi di peso dall’edizione 2017, salvo alcuni irrisori cambiamenti. L’altro è un volto nuovo, bellissimo. Il gameplay è il migliore della serie forse in assoluto, ed il gioco è molto più tattico, fisico, ragionato, realistico, grazie a una vera e propria rivoluzione attuata da Konami sul campo di gioco. Giocare a PES 2018 è veramente un piacere e diverte quasi come una partita vera. Peccato che si perda poi nel proverbiale bicchiere d’acqua dei vecchi difetti, dai quali proprio non riesce a liberarsi.

Gabriele Atero Di Biase
Diplomato al liceo classico e all'istituto alberghiero, giusto per non farsi mancare niente, Gabriele gioca ai videogiochi da quando Pac-Man era ancora single, e inizia a scriverne poco dopo. Si muove perfettamente a suo agio, nonostante l'imponente mole, anche in campi come serie TV, cinema, libri e musica, e collabora con importanti siti del settore. Mangia schifezze che lo fanno ingrassare, odia il caldo, ama girare per centri commerciali, secondo alcuni è in realtà il mostro di Stranger Things. Lui non conferma né smentisce. Ha un'inspiegabile simpatia per la Sampdoria.