Meglio attendere o lanciarsi subito nell’avventura?

Nel grande vuoto che è il parco esclusive di Xbox One, Microsoft ha puntato per la stagione invernale su PlayerUnknown’s Battlegrounds, anche noto come PUBG, probabilmente il più grande e inaspettato successo dell’anno, con milioni di copie piazzate e milioni di giocatori che lo guardano e lo trasmettono su Twitch, nonostante lo stato di accesso anticipato della versione PC si stia concludendo mentre scrivo queste righe.
Dicevo, PUBG è la scommessa di Microsoft per le vacanze natalizie, sebbene il gioco sia in Game Preview su Xbox proprio mentre arriva alla versione 1.0 su computer. Ovviamente l’incompletezza porta problemi, che speriamo verranno risolti nella versione completa; proprio per questo non vi trovate di fronte ad una recensione, ma ad un articolo che vuole rispondere ad una semplice domanda: ha senso acquistare ora PUBG, o è meglio aspettare l’uscita del gioco finito?

Facciamo un ripassino per chi non conosce Playerunknown’s Battlegrounds, innanzitutto. PUBG mette in scena una battle royale, uno scontro tutti contro tutti (nella modalità di gioco principale, ma ci sono modalità team based) in cui vince chi rimane in piedi. Sviluppato da BlueHole, il gioco era in origine una mod di Arma che ha acquisito come spesso accade una sua identità propria, e si è subito imposto sui principali canali di streaming per motivi abbastanza evidenti, data la sua natura survival con loot casuale, dove il pericolo è sempre dietro l’angolo e ogni partita è incerta e giocata sul filo.

Cento partecipanti a partita iniziano il match su un aereo che sorvola l’isola dal sapore sovietico su cui avviene lo scontro; possono decidere quando lanciarsi giù, paracadutandosi dove preferiscono. La mappa di gioco è una sola (con una seconda in arrivo), di dimensioni più che generose, dove casualmente, in ogni partita, spunta l’equipaggiamento che i giocatori possono raccogliere se vogliono durare più di un battito di ciglia. L’obiettivo è, come già detto, rimanere l’ultimo. L’incertezza è data dall’equipaggiamento che si riesce a trovare, dalla sua qualità e soprattutto dal tempo che ci vuole per reperirlo. L’altro fattore determinante è la fortuna e l’attenzione. La mappa è davvero grande e la draw distance è impressionante, quindi i giocatori possono essere visti anche da molto lontano. Se avete un fucile a pompa, e qualcuno ha trovato un fucile da cecchino, potete anche iniziare a contattare le onoranze funebri, ad esempio.

Il gioco ovviamente non vi fa girovagare per una mappa così estesa all’infinito, nella speranza di incontrare qualcuno (le sessioni durerebbero così 48 ore). Appena iniziata la partita viene infatti definita un’area da raggiungere entro cinque minuti, pena la morte. Dopo il primo restringimento ne avvengono altri, con tempi sempre più stretti, per fare in modo che i sopravvissuti vadano a concentrarsi in una zona sempre più piccola. Le partite diventano così un continuo tentativo di arrivare nel luogo indicato, cercando di non farsi uccidere e raccogliendo per strada l’equipaggiamento migliore per affrontare le varie situazioni. Tutto questo avviene tra diverse variabili, come il comparire casuale di zone rosse che vengono bombardate a tappeto per qualche secondo, uccidendo sul colpo chi si trova sotto la pioggia di ordigni, oppure la comparsa altrettanto randomica di golose loot box, contenenti ricco equipaggiamento che richiamerà non solo voi ma anche altri utenti. Insomma, incertezza su quello che sarà e scelte da fare in un momento sono gli elementi cardine di PUBG.

A questo punto quindi è bene aprire una parentesi, dato il bislacco gameplay del gioco: nessuno potrà dirvi se PUBG vi piacerà. È estremamente particolare, si cammina per interminabili minuti senza che succeda nulla, oppure si rimane sdraiati tra le piante perché si è sentito uno sparo in lontananza e non si capisce chi abbia fatto fuoco, e soprattutto se lo abbia fatto su di noi. Vedrete giocatori sfrecciare a bordo di auto o correre ignari della vostra presenza, e dovrete decidere se attaccare o meno. PUBG alterna momenti di vuoto dove la tensione è alta data l’impossibilità di sapere se avverrà qualcosa al prossimo passo, ma in cui fondamentalmente si cammina indisturbati, a pochi e brevissimi attimi che possono essere risolutivi, in grado di farvi vedere il game over se non sarete abbastanza tempestivi o prenderete la decisione sbagliata. Può essere frustrante e noioso per alcuni, non trattandosi di partite mordi e fuggi ma di match lunghi anche 20 minuti, oppure estremamente stimolante per altri. Insomma, in sintesi è uno di quei giochi che o si ama o si odia.

Playerunknown’s Battlegrounds

Ma veniamo alla domanda iniziale: ha senso comprare Playerunknown’s Battlegrounds ora? , e vediamo perché.
Il gioco ha diversi problemi tecnici, il framerate è instabile al limite dell’imbarazzante, le texture non si caricano spesso e volentieri per lunghissimi secondi, e mi è capitato anche di entrare in una porta e aspettare 20 secondi perché comparissero i muri dell’edificio. Il sistema di equipaggiamento degli oggetti è macchinosissimo, i comandi poco reattivi e soprattutto mappati in maniera discutibile. Tutto questo mentre i bug piovono dal cielo tipo Piaga d’Egitto. Però l’atmosfera è intatta. Ora, aspettarsi di comprare un gioco in accesso anticipato senza incappare in problemi è stupido. PUBG ne ha davvero tanti, ma c’è anche da dire che questi non vanno più di tanto a inficiare sul feeling del gioco. Certo, è tutto molto brutto da vedere, però si può giocare. Il netcode funziona bene, il matchmaking è veloce, non abbiamo riscontrato disconnessioni o lag particolari: tutto nella norma sotto questo punto di vista. Il contraltare è un’estetica grezza e sporca. La scelta, ancora una volta, sta a voi.

Se quello che vi interessa è buttarvi fin da subito nella mischia, non potete giocare PUBG su PC, e sapete di poter soprassedere su tutti questi problemi, potete compiere l’investimento. Se come me vedere un gioco sporco vi infastidisce, portate pazienza fino alla release finale.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.