È davvero tutto ciò che abbiamo sempre sognato?

È il fenomeno del momento, ci giocano tutti, scene di isteria di massa vengono filmate e pubblicate su YouTube. I media generalisti non sanno come gestire la cosa, giornali di livello nazionale pubblicano invettive dando dei ritardati ai giocatori, dimostrando chiaramente di non aver compreso neanche il business model del F2P, mentre altri invitano i detrattori ad un semplice “non rompere le palle”. Storie di vita vissuta, che poi è un’elegante perifrasi per dire che nessuno ci sta capendo una mazza, manco fossero sbarcati gli alieni sulla terra. Una domanda che però è stata fatta poké volte (scusate la battuta) è la seguente: “Ma com’è questo Pokémon GO?”

È bello, è brutto, è divertente, funziona e via discorrendo. A quando pare sono tutti troppo “catturati” (di nuovo, scusate) dalla propria pokémania per domandarsi com’è a livello di videogioco duro e puro. Quindi, con la presente cercherò di tenere un bilanciamento tra quello che è di fatto un divertimento più virale che realmente interessante, e quello che il titolo offre come videogioco nudo e crudo. Prendete quindi il voto in calce cum grano salis.

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Come funziona?

Partiamo dall’inizio: Pokémon GO è sviluppato da Niantic, ex startup nata in seno a Google. Il suo primo lavoro di grande spessore fu Ingress, videogioco mobile che come Pokémon GO si impernia sulle mappe, la geo-localizzazione, i team e la realtà aumentata, e gioco dal quale questo nuovo Pokémon eredita tutte le idee, senza praticamente aggiungere altro, se non i mostriciattoli (che non è poco, direte, e d’accordo). Il nuovo titolo di Niantic permette al giocatore di muoversi nella propria città, di attivare la fotocamera per veder comparire i Pokémon nel mondo reale e catturarli con un minigame in cui è necessario tirare la sfera nel punto giusto per portare a segno la cattura, comunque non certa perché il mostro, come negli episodi canonici della saga, potrebbe uscire e scappare. Il giochino è invero piuttosto ripetitivo, e anche impreciso nel riconoscimento dell’ambiente circostante, tanto che per facilitare le possibilità di cattura ho dovuto escludere la realtà aumentata.

I Pokémon catturati portano in dote delle caramelle specifiche per esemplare (caramelle Bulbasaur, caramelle Charmender, caramelle Squirtle… ognuna valida anche per le relative evoluzioni), necessarie a farli evolvere. I mostriciattoli inoltre sono casualmente dotati di uno specifico livello di forza, che può essere a sua volta potenziato con altro strumento, la polvere di stella (valida invece per qualsiasi esemplare). Gli strumenti disponibili nel gioco sono, oltre alle Pokéball di vario tipo, le classiche pozioni, i rivitalizzanti, gli aromi per attirare i Pokémon (essenziali e “condivisi” in rete, una volta usati in una determinata zona) e le incubatrici per far schiudere le uova. Esatto, ci sono anche le uova Pokémon, da trovare casualmente nei PokéStop o acquistate con denaro reale e schiudere dopo alcuni chilometri di passeggiata reale. Abbiamo quindi nominato i PokéStop, ed è il momento di spiegare cosa sono: punti di interesse sparsi per la città in cui è possibile fermarsi per ricaricare le Pokéball e trovare oggetti casuali, come uova o strumenti assortiti.

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Come si combatte?

Ultimo elemento di gameplay sono le Palestre, contese tra tre squadre (tra cui dovrete sceglierne una per voi), Team Coraggio, Team Istinto e Team Saggezza, ognuno dedicato ad uno dei tre uccelli leggendari: Rocco Siffredi, John Holmes… ah, no scusate. Dicevo, ognuna dedicata ad uno dei tre uccelli leggendari: Moltres, Zapdos e Articuno. Comunque le Palestre sparse per il territorio sono anche l’unico modo (per ora) che avrete di combattere contro altri mostri, lasciati a difesa dai propri allenatori. Gli scontri si distaccano da quelli tradizionali: il giocatore può solo schivare gli attacchi avversari e attivare la super-mossa, con il Pokémon avversario controllato dalla CPU. E poi, cos’altro si fa? Basta, è finita qui.

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Come si sclera?

Se la quantità di contenuti, come potete vedere, è piuttosto risicata, al contrario i problemi tecnici sono parecchi. I server vanno spesso e volentieri offline, a volte è impossibile entrare, e si riscontrano maggiori difficoltà usando l’account Allenatori di Nintendo che utilizzando l’account Google. Punto secondo: al gioco piace tantissimo freezare, e lo fa sistematicamente quando si sta per catturare un Pokémon, con la Pokéball che rimane bloccata lì in mezzo, senza muoversi. Non sappiamo se è dentro o fuori finché non ravviamo il gioco, creando il già famoso paradosso del “Pokémon di Schrödinger”. Se state pensando che è un problema del mio telefono, l’ho provato sia su Meizu M2 Note che su Asus Zenfone 2 ZE551ML, ed è capitato con entrambi i modelli. Con l’ultimo aggiornamento il problema è stato certamente mitigato, ma non risolto.

Su Zenfone 2, tra l’altro, gli edifici della nostra città presentano una serie di inarrestabili glitch grafici che li fanno sfarfallare con grande gioia, niente che rompa il gioco, ma danno un po’ fastidio. Sommiamo a questo il fatto che spesso e volentieri per riuscire ad “aprire” una palestra o un Pokémon nelle vicinanze bisognerà cliccare più volte, e che il Gps spesso impazzisce e fa girare il nostro personaggio in giro per il mondo senza motivo, ma in fondo questo fa anche comodo. Personaggio che, aggiungo, è personalizzabile quasi zero.

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Come si giudica?

Quindi Pokémon GO è un gioco che, in quanto tale, funziona maluccio e propone poche cose da fare. Ma? Ma trova in altro la sua forza: è un fenomeno virale, ci giocano tutti ed è la moda del momento, quindi ci giocate anche voi, ed anche io. È divertente? Ni, è divertente nella misura in cui ci intrattiene mentre si cammina da soli con il telefono in mano e si trova un Pokémon da catturare, ma uscire di casa e girare per ore a catturare mostri virtuali per avere la collezione più grande a me non entusiasma, almeno non finché presenta tutta una lista di problemi tecnici che rendono l’avventura decisamente meno godibile. È anche una questione di gusti personali, di quanto amate i Pokémon e quanta pazienza intendete sacrificare sul loro altare. Certo è che, anche messi da parte i problemi tecnici, gli stimoli che il gioco offre non sono tanti, vista anche l’assenza di interazioni con gli altri giocatori. Si spera, al riguardo, in numerose patch e aggiornamenti futuri (vedremo già con l’arrivo imminente del braccialetto di Pokémon GO Plus, che noi di Stay Nerd abbiamo messo in palio in un concorso a tema, se cambierà qualcosa).

Pokèmon GO è un fenomeno pop, prima di essere un bel videogioco. Era una moda già in anticipo sulla data d’uscita ufficiale, e sicuramente molto prima che qualcuno si interrogasse sulle sue reali qualità. È un titolo che a modo suo diverte, giocando sul fattore nostalgia, sull’accessibilità, su una progressione semplice e per nulla difficile da padroneggiare, sommandoci un sistema di confronto con gli altri giocatori asimmetrico che divide quest’ultimi in squadre. Metteteci poi Internet, con il suo funzionamento virale, e le sue prese di posizione che assumono i tratti del bianco o del nero, e così il mondo si è fomentato, la gente è impazzita, pro o contro, senza mezze misure. Pokèmon GO, nonostante sia già divertente e “mondiale”, è un gioco uscito forse troppo presto e con poche funzioni, oltre a tanti difetti. Vi terrà incollati allo schermo per un sacco di motivi, come sta facendo con me, ma oggettivamente non è (ancora?) il prodotto da sogno che tutti noi Pokéfan abbiamo, sepolto da qualche parte, nel profondo del cuore.

Luca Marinelli Brambilla
Nato a Roma nel 1989, dal 2018 riveste la carica di Direttore Editoriale di Stay Nerd. Laureato in Editoria e Scrittura dopo la triennale in Relazioni Internazionali, decide di preferire i videogiochi e gli anime alla politica. Da questa strana unione nasce il suo interesse per l'analisi di questo tipo di opere in una prospettiva storico-politica. Tra i suoi interessi principali, oltre a quelli già citati, si possono trovare i Gunpla, il tech, la musica progressive, gli orsi e le lontre. Forse gli orsi sono effettivamente il suo interesse principale.