Color Tex 10

tex 10

Il colore dell’avventura!

Si rinnova l’appuntamento con la semestrale uscita di Tex rigorosamente in technicolor. Com’è noto, visto il suo prorompente successo, la testata che propone il ranger di papà Bonelli e Galep in una nuova veste colorata dal 2013 ha cambiato formula, sdoppiandosi in due episodi dalla diversa alchimia. Infatti, ora il numero che sbarca in estate presenta una storia lunga di  ben 160 pagine e quello autunnale è composto da tanti racconti di 32, ciascuno opera di artisti diversi e con la copertina illustrata da una superstar internazionale. E anche questa volta, dopo l’ottimo numero di giugno, La pista dei Sioux, frutto del duo Tito Faraci/Mario Milano con i colori di GFB Comics, arriva Il mescalero senza volto e altre storie.

Il mescalero senza volto: Un cavaliere misterioso cattura Kit Carson e lo usa per attirare in trappola il suo amico di sempre. Rio Quemado: I nostri pards si trovano purtroppo per loro immischiati negli affari di una ricca famiglia del Messico in lotta con un gruppo di banditi apparantemente pericolosi. Un cavallo di pezza: Tex decide di indossare i panni del vendicatore per dare giustizia alla memoria di una bambina brutalmente assassinata. Amici per la morte: Aquila della Notte si troverà a dover rendere un favore ad un suo vecchio amico di gioventù. Chupacabras!: Tex e Carson scopriranno a loro spese che a volte certe leggende sono molto più simili alla realtà di quanto si potrebbe immaginare.

Il color fest di questa stagione è a dir poco nutrito di autori differenti e storie altrettanto variegate. Ormai, per quanto riguarda le testate parallele delle sue serie maggiori, la Bonelli lascia un certo margine di spazio da personaggio a personaggio, con l’obiettivo di reclutare fumettisti che appartengono ad altre spiaggie artistiche e di colpire, di conseguenza, i gusti di tanti lettori diversi. Per quanto riguarda Tex, è una sperimentazione che gioca in parte sulla forma e in parte sul contenuto. Insomma, si cerca di raccontare attraverso nuovi modi senza cambiare troppo, cosa che invece accade per altri caracter più propensi a questo tipo di esperienze, come Dylan Dog. Infatti, accanto a penne esperte Bonelli (Mauro Boselli, Moreno Burattini) abbiamo reclute non esattamente di primo pelo ma neanche di lunga militanza (Jacopo Rauch, Luca Barbieri, Francesco Testi). Stesso discorso per i disegnatori, dove troviamo matite più collaudate (Maurizio Dotti, Mauro Laurenti) alternate ad altre un po’ meno rodate ma con già diversi lavori in Via Buonarroti e di sicuro avvenire (Michele Rubini, Walter Venturi e Alessandro Bocci). Alla fine, il risultato è una raccolta di racconti piacevole e accattivante, prodotta da un ottimo connubio tra la saggezza bonelliana di lungo corso e la consapevole maturità di alcune nuove firme pronte per misurarsi col mito di Tex. E, ciligina sulla torta, la copertina è stata illustrata dal grande fumettista britannico Gary Frank, che ci regala una figura intera granitica e pronta allo scontro.

Voto: 7.5

Martin Mystère – Le nuove avventure a colori 2: L’elmo di Scipio

MM-2

“Scipione? Quello dell’inno di Mameli?”

Continua il rilancio in HD voluto da Bonelli Editore per riportare in auge uno dei suoi personaggi storici degli anni ’80: Martin Mystère! Il nostro sedicente Dectetive dell’Impossibile prosegue le sue indagini cominciate sul numero precedente con il furto della Battaglia di Anghiari ai danni del miliardario Harri de Leon, imbattendosi in un elmo proveniente da un mondo bidimensionale appartenuto niente meno che a Publio Cornelio Scipione, l’Africano! Nel tentativo di fare luce sul “mystero“, Martin e Max andranno prima a Torino, dove affronteranno il risveglio di alcune mummie al Museo del Cinema sotto la Mole, poi a Firenze, dove dovranno fare i conti con un gruppo di nazisti fanatici che, manco a dirlo, hanno messo gli occhi sul prezioso cimiero…

Dopo lo sfavillante “avvio di stagione” di questa rivisitazione in grande stile di uno dei personaggi canonici della Bonelli moderna, il secondo episodio si conferma sui buoni livelli del precedente, mostrandoci alcuni aspetti della vita di questo giovane Martin del 2016 e reinserendo molti elementi vintage della vecchia serie in un contesto completamente rinnovato. Interessante vedere come diversi particolari del classico Buon Vecchio Zio Marty sono stati traslati in questa odierna realtà senza perdere neanche un po’ del loro mordente old style, ma caricandosi di un’attrattiva diversa. Si sa che l’abito non fa il monaco, ma nella sua nuova veste il nostro indagatore dall’implacabile logorrea non è l’unico ad aver giovato da una necessaria rinfrescata. Stessa sorte è toccata infatti a tanti archetipi narrativi favolosamente anni ’80, capaci di sbarazzarsi dall’etichetta tremenda del “già visto”. Questo testimonia ancora una volta il saggio lavoro di sceneggiatura realizzato dal gruppo dei “mysteriani” e dall’ottimo comparto grafico della serie, che in questo numero vede alle matite Alfredo Orlandi con i colori di Daniele Rudoni e Elisa Sguanci. Attendiamo con famelica curiosità il prossimo.

Voto: 7

Dampyr Magazine

dampyr-mag-1-up-750x400

Vampiri e… Vampirologi.

Bei tempi questi, per il Dampyro di casa Bonelli! Dopo aver spento le duecento candeline con La Legione di Harlan Draka ad opera del duo Mauro Boselli/Luca Rossi, visitato l’inferno dantesco nell’ottimo speciale annuale La Porta dell’Inferno di Moreno Burattini e Fabrizio Longo, si appresta ora ad uscire una nuova pubblicazione di Harlan & Co. Si tratta infatti del Dampyr Magazine, format che riprende i vecchi almanacchi in un miscuglio di storie e articoli, sull’onda di quelli fatti per Dylan Dog, Tex e Dragonero. I racconti contenuto all’interno sono tre e presentano tanti scenari diversi, più un gradito ritorno…

Il Re della montagna: Il protagonista di questa vicenda è il pittore svedese John Bauer, celebre ritrattista di Troll, conteso tra la sua vita reale e le fantasie che dipinge. Sembre che siano fantasie e non mondi realmente esistenti che chiedono un compenso per essere ritratti. Ad Harlan e a Gudrun toccherà scoprilo, viaggiando nei magici boschi della Svezia. Rave Party: Tesla si concede per una volta una vacanza in solitaria, assistendo ad un concerto dal pubblico “particolare”. Peccato che non si tratti dell’unica creatura paranormale presente e che anche un demone della Dimensione Nera si trovi nei paraggi. La lente di diamante: Adattamento dell’ononimo racconto di Fitz-James O’Brien, scrittore del XIX secolo considerato il padre della fantascienza e del fantastico moderno.

I magazine sono, in sostanza, gli eredi dei vecchi almanacchi Bonelli, uscite che presentavano un’insolita concomitanza di storie inedite e articoli che trattavano dei più disparati argomenti. Questo è il primo in assoluto per Dampyr e mostra una struttura essenzialmente simile a quelli delle altre testate. Qui, però, è evidente la volontà di dare una forte impronta caratteristica a questa nuova pubblicazione, per non trasformarla in un mero contenitore di racconti. Boselli e Colombo (che torna su Dampyr dopo una lunga assenza) giocano sul pesante creando sceneggiature di un’altissima qualità, che non avrebbero sfigurato sulla serie regolare, calando Harlan in un contesto fiabesco perfettamente illustrato da Paolo Bacilieri ne Il Re della montagna e mostrandoci il lato più umano della nostra vampira preferita: Tesla. L’ultima storia porta poi la firma di un disegnatore sensazionale come Corrado Roi ed è interamente a colori, ancora una volta prova provata di come questo magazine abbia voglia di non adagiarsi sugli allori di una serie decennale come Dampyr ma tentare di proporci qualcosa di diverso. Il risultato è, per ora, veramente soddisfacente e l’esperimento dimostra quanto di buon possano offrire Harlan e compagni.

Voto: 7. 4

Dylan Dog 363: Cose Perdute

Dylan Dog 363

Tra le fantasie dell’infanzia si nascondo gli incubi dell’età adulta.

Dopo la sbornia lucchese e i primi festeggiamenti per il trentennale di Dylan, con l’attesissimo ritorno di Tiziano Sclavi nel mezzo, comincia ora una nuova fase dell’Indagatore dell’Incubo. Non sono poche infatti le novità che i lettori hanno trovato dopo l’albo di Ottobre, Dopo un lungo silenzio. Uno su tutti, il cambio di copertinista. Al termine di un impegno ventennale che conta centinaia e centinaia di copertine, Angelo Stano, come spiegato dal curatore Roberto Recchioni, ha lasciato l’incarico per potersi meglio dedicare ad altri impegni. Non è un mistero che la matita storica dell’inquilino di Craven Road stia, in questi ultimi anni, consacrando anima e corpo a progetti diversi sempre all’interno della Bonelli. Chi avrà tenuto d’occhio le edicole nei mesi scorsi, si sarà accorto che Stano ha illustrato il secondo speciale de Le Storie, uno dei cartonati alla francese di Tex e, a quanto pare, sta lavorando ad un racconto completo di Dylan Dog scritto da Sclavi. Niente di strano, dunque, che abbia deciso di abbandonare il suo celebre ruolo nella testata per fare esperienze diverse con personaggi diversi. Se ne facciano una ragione i nostalgici: da oggi, il copertinista è un talento straordinario che, all’epoca dello sbarco in edicola dell’Alba dei morti viventi, aveva solo 4 anni: Gigi Cavenago. Un’artista incredibile che non ha certo bisogno di presentazioni e che, di recente, è diventato familiare ai fan dylaniati illustrando le copertine dell’Old Boy e l’albo del trentennale, Mater Dolorosa. Quindi, la scelta era naturale e, ora come ora, anche scontata: Cavenago è un disegnatore di livello internazionale che ha pochissimi uguali nel mondo. La prima storia di cui ha realizzato la copertina è Cose Perdute, del duo sempreverde Paola Barbato/Giovanni Freghieri.

Le giornate sembrano scorrere uguali come sempre negli ultimi tempi, per Dylan Dog, se non fosse per un piccolo particolare: fa sogni turbolenti durante la notte e avverte delle strane presenze perseguitarlo. Ricordi vaghi e sfuocati stanno affiorando poco a poco nella sua mente, ricordi appartenenti ad un’età perduta. Mentre cerca di capirci qualcosa, l’Indagatore dell’Incubo riceve un misterioso biglietto da un certo “B” e decide di approfondire la questione. Nel frattempo, un serial killer dà il via ad una spirale di sangue e vendetta…

Interessante notare come la prima illustrazione del neo-copertinista Cavenago riguardi un aspetto poco toccato in questi trent’anni: il Dylan bambino. Quel Dylan di cui si sa pochissimo e che è stato protagonista di un numero esiguo di storie, brevi e lunghe. Più curioso ancora è accorgersi che questo albo segue quello scritto da Sclavi e ne precede un altro, Gli anni selvaggi, del duo Baraldi/Mari previsto per il 29 dicembre, che tratta un argomento prima mai approfondito o di sfuggita: l’adolescenza del nostro eroe. L’idea che ne deriva e che, negli ultimi numeri, da Mater Dolorosa a quello del prossimo mese, con i nuovi annunci e gli inaspettati ritorni, anche attraverso le immagini delle copertine (prima il galeone fantasma, poi la cover bianca, ora Dylan bambino e Groucho, poi l’adolescenza), si voglia tracciare una simbolica rinascita dell’inquilino di Craven Road, guidata in sinergia da autori vecchi e nuovi. Non sembra un caso che questo percorso tocchi il suo punto più elevato, metaforico e meta-narrativo proprio in concomitanza con i suoi festeggiamenti più attesi. Ma ora veniamo alla storia di questo mese. La premiata coppia Barbato/Freghieri ha sempre prodotto capolavori su capolavori (Il prezzo della morte e Necropolis, tanto per citarne due) e anche stavolta non tradisce. Un numero solido, che mette in scena un racconto intrigante tra sogno, delitti e memorie passate, in pieno stile dylaniato. La Barbato costruisce un’ottima sceneggiatura con tanti elementi tipici delle serie più il suo personalissimo tocco, condendo il tutto con i drammi psicologici di cui è maestra. Freghieri poi conferma il suo brillante stato di forma dimostrato dalle recenti Hellnoir e lo speciale di Brendon/Morgan Lost. Un’altra buonissima storia che conferma ancora di più quanto il 2016 sia stato l’anno di Dylan Dog.

Voto: 7.5

Dampyr 201: Black Annis!

damp

Continua la lunga notte del terrore!

Neanche il tempo di festeggiare seneramente i duecento (duecento!) numeri usciti in edicola nel corso di questi sedici anni, che Harlan, Tesla e Kurjak devono ripartire per una nuova avventura. Anzi, continuare quella vecchia. Sì, perché in questa piccola trilogia orchestrata da Mauro Boselli, tutta ambientanta durante una sola notte, non c’è mai un istante di pausa. Ovvero, per i nostri eroi è giunto il momento di tirare un po’ il fiato, mentre per altre vecchie conoscenze l’orrore è appena cominciato…

Approfittando dell’assenza del Dampyr, Black Annis, alias Severa Massima, e i suoi Tylwyth Teg mettono sotto assedio la sede del “Globetrotters Club“. Il loro obiettivo è quello di catturare Zardek, Simon Fane, Tiny, Mattew Shady, Stuart, suo padre padre Ayldon e tutti i membri dell’associazione, così da poter ricattare Harlan e Amber Tremayne. Ma nonostante la disparità di forze sapranno contrattaccare colpo su colpo e giocare un brutto scherzo alla regina di Annwn! Nel frattempo, il Dampyr e i suoi amici, accompagnati da un Erlik Khan alla fine placato, dovranno scendere nei sotterranei oscuri dell’Asia Centrale per raggiungere la capitale del Re del mondo.

Mauro Boselli, questa volta accompagnato da Nicola Genzianella (di recente visto all’opera sulla seconda storia inedita del magazine sui testi di Colombo), ci mostra un’altra battaglia, apparantemente slegata e tanto lontana da quella avvenuto su numero scorso in Medio Oriente, ma in realtà molto vicina. Infatti, i nemici sono simili e gli interessi in gioco gli stessi. Solo che, in quella nebbia di Londra, si sfideranno diversi vecchi amici di cui si sentiva la mancanza e una terribile avversaria che abbiamo imparato a conoscere attraverso le storie di Taliesin il Bardo: Black Annis. In questo numero la maggior parte dello spazio è dato proprio a quei comprimari che hanno arricchito la saga del Dampyro, e a certi personaggi storici che finalmente fanno un atteso ritorno. Un numero che ci permette di ammirare un altro fronte della lunga notte del terrore che ci vivremo fino al mese prossimo.

Voto: 7

Tex 674: I quattro cavalieri

tex 674

Sulle tracce del Signore della Morte!

Continua e procede il rinnovato scontro tra i nostri ranger e il figlio del loro più celebre nemico Mefisto: Yama! Ormai è ben chiaro che Blacky Dickart non è più il pavido erede di una grande e inarrivabile nemesi, ma un avversario sorprendente, capace di scatenare entità occulte e imprevidibili. Stupisce per la sua tenacia, la sua forza, che nulla sembrano avere in comune con il personaggio che avevamo conosciuto tanti anni fa. Un terrificante avversario che possiede tanti mezzi per mettere in difficoltà i nostri eroi e bramoso di consumare una tremenda vendetta. Così forte da far tremare pistoleri che hanno viste di cotte e di crude come Kit Willer, Tiger Jack e Kit Carson… Ma non Tex, pronto ancora una volta a far cantare le sue colt per sventare i piani del loro rinnovato avversario.

I ranger, ammirando impietriti l’albero infuocato a forma di ypsilon, capiscono di avere di nuovo sulla loro strada Yama, il figlio di Mefisto. Impressione confermata dai diabolici tranelli con cui quest’ultimo attenta alla loro vita. Tex e i pards dovranno chiedere aiuto a El Morisco e al suo fedele Eusebio per cercare di svelare il mistero intorno agli oggetti sacri rubati. Ma nel frattempo, Yama svilupperà altri terribili poteri, dimostrando la sua ferocia e la pericolosità delle sue macchinazioni.

In questo secondo atto del trittico destinato a rinnovare la saga della creatura di Bonelli e Galep, Boselli rispolvera l’occulto dei tempi andati e mette in scena una minaccia mai vista prima. Le pistole e le spettacolari sparatorie vengono sostituite da magie, oscuri sortilegi e macabri sacrifici, non meno stupefacenti. E piano piano scopriamo la complessità di questo nemico, capace di creare una letale organizzazione del soprannaturale e di circondarsi di alleati che sapranno dare filo a torcere a Tex e agli altri. E Fabio Civitelli interpreta tutto alla perfezione, restituendo quelle atmosfere horror vecchio stile, quasi da film in bianco e nero, facendone trasudare l’ignoto, la paura e l’inquietudine. Inoltre, abbiamo il gradito ritorno di una figura molto amata come El Morisco.

Voto: 7. 3

Dragonero 43: L’orrore di Teoan

drgo

L’ombra di un nero destino aleggia sull’isola di Teoan…

Il passo falso de Il patto della strega  non scalfisce certo l’animo di Ian Aranill e compagni, che ripartono subito per una nuova avventura, ancora di argomento soprannaturale. Questa volta, dovranno recarsi sulla vicina Teoan per scoprire quali oscure forze sono all’opera e per cosa si sono messe in movimento…

Uno strano sogno premonitore agita il sonno del nostro Dragonero, che il giorno dopo viene convocato su un’isola che si trova di fronte a Solian: Teoan, un’altra delle quattro repubbliche indipendenti. Accompagnato dalle federe Sera, il Varlierdarto scoprirà di essere stato chiamato dal sindaco Rea Covenant, una bella donna di nobili origini, per investigare su alcuni inquietanti eventi che hanno turbato la vita della sua città. Mentre indagano insieme, tra i due nasce del tenero e, la notte stessa, un gruppo di creature umanoidi sbucano fuori dal mare e attaccano la popolazione. Ma Rea sembra essere il loro vero obiettivo. Ian dovrà cercare di svelare il mistero, facendo attenzione a non venire a sua volta controllato da alcune delle terribili entità all’opera.

Un buon numero, questo di novembre, che realizza il suo obiettivo senza troppi fronzoli e vale, come quasi sempre, il prezzo speso per acquistarlo. La vicenda, di per sé, mostra strutture narrative già usate ma non ancora esautorate completamente, arricchite da alcune buone varianti sul tema che aggiungono spessore e interesse. Certo, bisogna dire che ultimamente il buon Ian sta cercando con insistenza di strappare a Dylan lo scettro di sciupafemmine di casa Bonelli, ma ha il non ininfluente vantaggio che raramente le figure femminili delle storie svolgono funzioni di contorno, cosa invece capitata troppo spesso dalle parti di Craven Road. La sceneggiatura di Stefano Vietti è solida, scolastica e si adagia solo in apparenza su stratagemmi abituali per poi tirare fuori delle soluzioni brillanti e originali, specialmente sul finale. I disegni di Alfio Buscaglia svolgono bene il loro compito, mostrando una certa predilezione per le vignette di grandi dimensioni, caratteristica che giova alla narrazione permettendo al suo tratto pulito e preciso di esaltarsi. La sua Rea Covenant possiede un’indubbia avvenenza e una notevole regalità. Una citazione merita l’incisiva copertina di Giuseppe Matteoni, che attira subito l’attenzione del lettore.

Voto: 6.7

Orfani Juric 3: La regina è morta, viva la regina

juric 3

L’ultimo atto del mostro che ha salvato il mondo.

È dunque giunto alla fine lo spettacolare trittico di storie dedicato all’antagonista principale della prima serie tutta a colori di Via Buonarroti: la Juric. Personaggio cardine della saga, villain delle stagioni fin ora uscite, e ideatrice di quasi tutti gli eventi a cui abbiamo assistito nel corso di questi tre anni, Jsana Juric conclude degnamente il suo panegirico come solo una vera regina, o un’imperatrice, sa fare. Perché lei, la sociologa con un occhio solo diventata presidentessa di un mondo in rovina, ha dimostrato di essere diversa rispetto agli avversari che ha trovato sulla sua strada. Ha messo nel sacco combattenti come gli Orfani, Ringo e Rosa, salvato l’umanità dall’estinzione e calcolato ogni sua strategia, risultando vincitrice perfino dopo la morte. Alla fine, nessun altro fino a questo momento è stato così importante e fondamentale nella creatura di Recchioni e Mammucari come la Juric.

Jsana, sopravvissuta alla morte del padre e alle spietate torture subite durante il rapimento da parte di una banda di criminali africani, continua il suo lavoro decidendo le sorti dei governi e facendo favori a qualunque potente capace di permetterselo. Tutto cambia quando, dopo una lunga ricerca, viene ucciso il suo rapitore africano che l’ha privata dell’occhio sinistro. Così, Jsana conosce Efia, la più giovane delle sue mogli, anche lei scampata per miracolo e vittima di indicibili crudeltà. La Juric si immedesimerà tanto in quella bambina, addirittura da adottarla e a farne la sua figlioccia prediletta. Ma quando la ragazza comincerà a sfuggire al suo controllo, sarà costretta a prendere una decisione drastica, in bilico tra l’affetto materno e la necessità di preservare il proprio regno.

Come negli altri due numeri precedenti, il prologo e l’epilogo sono scritti da Roberto Recchioni e illustrati dai bellissimi bianchi e neri di Andrea Accardi. Queste pagine, nonostante la loro brevità, compiono l’ultimo atto di santificazione della Juric attraverso un paragone con Odino, il padre di tutte le divinità nordiche, e mostrandoci le conseguenze dell’uscita della biografia scritta da Émile Bogdan. Questo porta ad una letterale divinizzazione della presidentessa di Nuovo Mondo, sia grazie alle sue azioni che alle sue scelte. Una redentrice forgiata nel male, che proprio sfruttando lo stesso male che lei stessa aveva creato e perpetrato è riuscita a salvare l’umanità. In mezzo, abbiamo gli ultimi anni della Juric prima che venisse inaugurato l’acceleratore EPR, che ha dato il via alla distruzione della Terra. Ai testi c’è ancora un’inesauribile Paola Barbato, che conferma tutto il suo “amore” nei confronti del personaggio, elaborando una storia che possiede un nauseante senso del reale. Quello che vediamo è schifosamente reale, tanto che fa più paura delle sparatorie e del sangue. Ad illustrare le sue macchinazione troviamo stavolta non il magnifico Roberto de Angelis ma Luca Casalanguida, che stupisce per il taglio cinematografico delle scene. Sembra di vedere un film, uno di quelli belli, in ogni dettaglio, che ti calamita allo schermo senza lasciarti andare. Un numero sontuoso, che conferma la bontà di queste mini-stagioni in vista di quella definitiva, la sesta. Date le premesse, non vediamo l’ora che esca Orfani: Terra, scritta da Emiliano Mammucari con un copertinista d’eccezione: Gipi!

Voto: 8

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!