Tex 675: L’inferno che urla

Nel regno del Signore della Morte!

È arrivato purtroppo all’ultimo atto il trittico di storie che vede il ritorno di Yama, alias Blacky Dickart. Il figlio di Mefisto, ricomparso dopo decenni di assenza, in questa saga si è dimostrato in grande spolvero, istituendo una rete di complotti e sortilegi in cui far cadere i suoi acerrimi nemici: Tex e i fidati pards. Una serie di albi che ha concluso un ottimo 2016 per il ranger di Via Buonarroti e ha cominciato altrettanto degnamente un 2017 che si preannuncia esplosivo e pieno di sorprese. Dopo aver indagato sulla comunità di coloni indiana al porto di San Pedro, Tex, Carson e Kit Willer (al momento privi della compagnia di Tiger Jack), salvano e conoscono Shakti, una giovane indù che ha perso il fratello proprio per mano di Yama. In realtà, la donna è una spia del loro nemico, il cui compito è quello di guidarli fino al tempio di Naraka, dove li attende una terribile trappola e gli oscuri poteri dei quattro cavalieri…

Le prime due parti di questo complesso racconto che, secondo le intenzioni del curatore della testata nonché sceneggiatore dello stesso, Mauro Boselli, dovevano riportare in auge un personaggio che aveva ancora molte potenzialità da sfruttare e resuscitare quelle atmosfere occulte, quel gusto inimitabile dell’epopea magica di Mefisto, avevano messo tanta carne al fuoco. Da una parte abbiamo assistito ad una ricomparsa da manuale, eccellente, di un avversario pericoloso quanto determinato e dei suoi nuovi seguaci, dall’altra un Tex, per quanto inossidabile come sempre, affrontare momenti estremamente drammatici. C’erano dunque tutte le premesse per la piena realizzazione una storia che aveva sulle spalle un ingrato compito: coniugare il mito con il presente. Alla fine, però, la missione non è del tutto riuscita. Se infatti le le basi narrative sono solide e ben congeniate, è la risoluzione che lascia un po’ perplessi, perché appare decisamente frettolosa. Molti elementi interessanti vengono risolti in poche pagine, tante svolte sembrano liquidate senza troppa convinzione. La sensazione è che forse un quarto albo avrebbe giovato all’economia della storia. In ogni caso, L’inferno che urla propone scontri sensazionali, ambienti che vanno dall’oscurità di San Pedro alla Death Valley, meravigliosamente illustrati dal tratto pulito di Fabio Civitelli, e ciò che risalta è l’avventura condita da innumerevoli suggestioni letterarie. Nonostante abbia fatto un passetto indietro, questo albo riporta sulla scena Yama (e non solo lui…) facendoci venire l’acquolina per la storia di Boselli e dei fratelli Cestaro che dovrebbe uscire l’anno prossimo, in occasione del settantesimo compleanno di Tex.

Voto: 7

Martin Mystère – Le nuove avventure a colori 3: L’arca dell’estinzione

Sempre più Mysterioso…

Continua il rilancio del Detective dell’Impossibile di Via Buonarroti nella sua nuova veste giovanile del ventunesimo secolo. Questa volta, dopo aver affrontato collezionisti senza scrupoli, golem di pietra, nazisti vampiri e ritrovato elmi appartenenti a celebri personaggi, il nostro tuttologo dal ciuffetto biondo parte per un luogo ancor più magico e misterioso: la Sardegna. Durante una consueta battuta di caccia al cinghiale sul Mont’è Prama, un gruppo di “indigeni” un po’ allegri finisce per sparare ad un cucciolo di dinosauro. Com’è da tradizione del 2017, si fanno un bel selfie con il corpo della loro preda. Martin non si lascia sfuggire l’evento e si accorge che sulla pelle della creatura è presente il simbolo di Atlantide. Decide allora di partire per l’isola, scoprendo alcuni inquietanti collegamenti con i recenti eventi e sul caso a cui sta lavorando da una vita: la guerra tra Atlantide e Mu. Purtroppo non è l’unico ad essere interessato a quel conflitto ignoto alla storia ufficiale e dei pericolosi individui si metteranno sulla sua strada…

Sulla scia delle informazioni apprese nel precedente numero, L’elmo di Scipio, Martin e Max procedono sulla loro pista scoprendo finalmente il reale utilizzo dell’antico ciniero. Questi elementi, nonostante siano accennati con abilità all’inizio e in altre parti, tengono gli albi in una stretta continuity permettendo allo stesso tempo al team di sceneggiatori (i cosidetti “Mysteriani”) di lasciarsi uno spazio per sviluppare anche vicende autonome. Una simile linea maestra rivela tutta la sua efficacia anche in questo numero, innestando caratteristiche della serie regolare (Atlantide, Mu…) con la trama della testata a colori e dando vita ad una sinergia che, oltre a ridare linfa ai vecchi stilemi, batte strade mai calcate prima. Un “revival” che ha i meriti di convincere i lettori di lunga data e di attirarne di nuovi. In particolare, la perizia della scrittura risulta oltremodo stimolante nella scelta dei dialoghi: alle solite, bellissime, spiegazioni intellettuali ad opera del nostro si alternano ora battute frizzanti, pieni di richiami alla contemporaneità, che sembrano uscite da un film d’azione hollywoodiano. Un lavoro che non mostra segni di cedimento, sebbene sia un po’ svanito l’effetto novità dopo i primi due numeri. Prova ancora una volta della bravura e della cura dei particolari dello staff, che si fa apprezzare sempre di più per l’omogeneità dei disegni, stavolta realizzati da Sauro Quaglia, e dall’uniformità dello storyboard.

Voto: 7

Dampyr 202: Nel mondo dei maestri

La fine della lunga notte!

Avevamo lasciato Harlan Draka e compagni intenti a combattere contro le forze di Erlik Khan, mentre i membri del Globetrotters Club subivano l’assedio dei Tylwyth Teg di Black Annis e Amber Tremayne, accompagnata dal fratello Draka, otteneva finalmente la sua tanto agognata vendetta nei confronti della figliastra Severa Massima. Ora i nostri sono impegnati in una difficile missione di salvataggio nel mondo dei maestri! Sfruttando a proprio vantaggio la battaglia che vede impegnati tutti i loro nemici, Lord Marsden e Sho-Huan, grazie alla sbalorditiva capacità di ques’ultimo di viaggiare nel Multiverso, scoprono una realtà estramamente simile a quella originaria dei Maestri della Notte. Proprio qui Draka, il padre di Harlan, si è rifatto una famiglia con un’indigena del luogo, una vecchia conoscenza del Dampyr, e sta progettando di ricostruire la sua antica stirpe. Ma Marsden è intenzionato a cogliere la sua vendetta contro entrambi attirandoli in questo luogo ed è pronto a tutto per riuscirci…

Sul finire del 2016, l’inesauribile Boselli si è lanciato in due trilogie di storie per entrambe le testate sotto la sua direzione: Tex e Dampyr. Per entrambe si trattava di un momento importante dove compiere un significativo giro di boa, al fine di lanciare nuovi sviluppi narrativi e, soprattutto per il dampyro della Bonelli, di chiuderne altri di vecchia data. Missione compiuta per Harlan, che proprio in questo numero saluta alcuni nemici e si prepara a fronteggiare pericoli imprevedibili. Ancora una volta, la serie dimostra la sua vera forza nel ruolo e nello spessore dei comprimari e dei villain, mai banali e sempre capaci di calamitare su di sè l’attenzione, gente dal calirìbro di Marsden, Sho-Huan, Erlik Khan e Draka, di cui approfondiamo l’aspetto paterno. I disegni di Alessandro Bocci riescono a ritrattare perfettamente gli scenari aspri e desertici del mondo dove si svolgono le vicende, risultando particolarmente elaborati nei vari intermezzi in cui si affrontano gli infiniti corridoi del multiverso. Una bella storia che realizza senza fronzoli il suo lavoro aprendo le porte a inaspettate sorprese e colpi di scena.

Voto: 7

Tex Magazine 2017

Bad Boys e giovani eroi.

Nuovo anno, nuovo magazine! Dopo il primo numero della nuova collana, inaugurata nel 2016, sbarca ora il secondo, che vede Tex fare compagnia a tanti eroi Bonelli che hanno fatto del magazine un loro appuntamento fisso con i lettori, come Dragonero,  Nathan Never, Dylan Dog e il nuovo arrivato Dampyr. Come abbiamo già detto in precedenza, si tratta, in sostanza, degli eredi dei vecchi almanacchi, storiche pubblicazioni che presentavano racconti inediti dei personaggi accompagnati da belissimi articoli e approfondimenti sui generi di riferimento (l’horror, il west, il giallo, la fantascienza, et cetera). Ma presentano molte differenze con i suoi predecessori, a cominciare da una veste grafica totalmente rinnovata. In questo Tex Magazine abbiamo tanti pezzi che raccontano, uscendo da canoni mitici della serie, la difficile vita della frontiera, le figure più controverse di quel periodo, le esibizioni del leggendario Buffalo Bill e giovani giustizieri che hanno deciso di seguire le orme dei loro genitori. Inoltre, ci sono due storie complete del Ranger e la prima avventura in solitaria di Kit Willer!

Freedom Ranch: esiste un ranch dove neri, apaches e carcerati possono lavorare insieme, da uomini liberi. Questo luogo è stato creato dall’ex caporale Lawrence dei Buffalo Soldiers, che ha combattutto durante la Guerra di Secessione americana. Tuttavia, non molti guardano di buon occhio questa felice realtà. Soprattutto il temibile Blisset, che tenta con mezzi leciti (e illeciti) di metterci sopra le mani. Toccherà a Tex e a Carson intervenire per risolvere la situazione. Terrore tra i boschi: Kit Willer sta viaggiando sul “Woodland Flyer“, un treno che viaggia nelle foreste del Colorado, per incontrarsi col padre. Ma a causa di un malinteso viene accusato di imbroglio e di gioco d’azzardo, finendo a lavorare in una compagnia di taglialegna abusivi.

Il primo racconto, ad opera del duo Antonio Zamberletti (testi) e Walter Venturi (disegni), è un classico texiano di torti da correggere e indifesi da proteggere, dove i nostri fungono inevitabilmente da ago della bilancia. Forse fin troppo classico, visto che spesso scade nel prevedibile a livello di dialoghi e di svolte narrative, salvandosi per la presenza di ottimi scontri a base di piombo. Il secondo, invece, realizzato da Chuck Dixon (celebre sceneggiatore americano di Batman e del Punitore) e da Michele Rubini (disegnatore sempre più al centro dell’attenzione e dall’incredibile talento), presenta per la prima volta un Kit Willer (quasi) da solo, all’interno di una difficile vicenda. Nonostante la sua brevità (32 pagine), questa storia dimostra tutte le potenzialità di un personaggio come il figlio di Aquila della Notte, che forse meriterebbe di allontanarsi dall’ombra del padre per avere un po’ più di spazio. I designi di Michele Rubini confermano i suoi straordinari progressi e, data la sua presenza nell’ultimo Color Tex, è evidente che sarà sempre più coinvolto nella testata.

Voto: 7

Dragonero 44: il dio cannibale

Missione nella giungla per Ian Aranill…

Dragonero si avvia ad un 2017 che lo vedrà decisamente al centro dell’attenzione. L’attesissimo inizio della Saga delle Regine Nere, prevista per la fine dell’anno, la crescita dei lettori, le uscite mensili, gli speciali estivi e i magazine… Questa testata sta dimostrando sempre di più tutta la sua qualità, ad opera di un duo di autori di grande livello come Luca Enoch e Stefano Vietti, che invece di accontentarsi dei risultati raggiunti, già ottimi, raddoppiano la posta, pronti a portare la loro creatura su inesplorate vette di eccellenza. E questo albo di gennaio sembra confermare tutte le aspettative. Ian si trova a bordo di un velivolo imperiale, diretto nel cuore delle foreste dell’Haresamudri, nei regni meridionali. La traversata è tutt’altro che facile, ma l’equipaggio, aiutato dallo Scout Imperiale, riesce a superare ogni ostacolo. Il loro obiettivo è un tempio dimenticato, sepolto tra le fronde della giungla, che nasconde la statua di un antico dio, Mwangamizi, il “distruttore”.

L’anno nuovo comincia davvero con il botto, per Dragonero. Il dio cannibale è una storia splendida, costruita magistralmente sui particolari geniali che reggono l’impalcatura della serie. Vengono infatti approfonditi i meccanismi delle religioni, aggiungendo dettagli stupefacenti che fanno ingolosire il lettore. Questo non stupisce troppo, perchè da sempre Luca Enoch (stavolta ai testi) e Stefano Vietti hanno impostato la loro saga sulle caratteristiche del fantasy tradizionale: il puro fascino per le regole, le usanze e le dinamiche del mondo rappresentato. Il tutto condito da riferimenti letterari, avventurosi, romanzeschi, sfruttando trame quasi sempre appassionanti. Bella la prova anche dei disegnatori, Emanuale Gizzi e Francesco Rizzato, che si spartiscono le sequenze temporali della sceneggiatura riusciendo nel compito di rappresentare degnamente le oscure atmosfere della giungla.

Voto: 7. 8

Dylan Dog 364: Gli anni selvaggi

Incubi e rock ‘n’ roll.

Il trentennale, il ritorno di Tiziano Sclavi, il cambio di copertinista. Questo 2016 è stato un anno mica da ridere per l’inquilino di Craven Road. Sono tantissime le novità che hanno travolto la sua serie e ancora di più sono le uscite che hanno portato il suo nome: tra cartonati da libreria, variant, zombie box oro e argento, e gadget di ogni genere. Senza dimenticare la serie di albi uscita con la Gazzetta dello Sport, prima I Colori della Paura, poi Il Nero della Paura e ora, perfino, I maestri della Paura. Non solo: l’attenzione mediatica che gli è stata riservata da tanti quotidiani nazionali in occasione dei suoi trent’anni, il Dylan Dog Horror Day a Milano, le serate a tema con il nostro protagonista sul canale Studio Universal… Tantissimi elementi che ci confermano come questo 2016 sia stato il suo anno. E arriviamo alle storie della serie regolare, nettamente superiori rispetto alle colleghe di 12 mesi fa, sia per quanto riguarda la qualità che per l’attesa generata intorno alla loro uscita. Certo, ci sono ancora cose da sistemare, dettagli da limare, e Dylan sembra ancora nel pieno della sua rivoluzione, a metà del guado, ma i segnali sono confortanti e la sensazione è che sia solo una questione di tempo prima che il processo arrivi alla sua definitiva realizzazione. Ma ora veniamo all’incubo di Dicembre: Gli Anni Selvaggi, di Baraldi / Mari.

Un inaspettato incontro col suo vecchio amico Vincent, musicista apparentemente in disgrazia, porta Dylan a rievocare il suo passato, quando era il road manager della band chiamata Bloody Hell. Tra malinconici ricordi, tragici eventi, e un imprevedibile successo, scopriamo finalmente qualcosa sulla giovinezza del nostro eroe, di cui così poco si è parlato in questi trent’anni. Ma qualcosa è in agguato nel presente, un orrore che trae le sue radici nella musica e nel dolore. Il 364 era un albo che suscitava molto interesse, per diversi motivi. Da una parte perché appartiene a una sorta di miniciclo tematico che, dopo la storia di Sclavi (basata sul “nulla”, sul “silenzio”), presentava un racconto sul Dylan bambino, che esplorava le sue paure e le sue fantasie di cui Gli Anni Selvaggi doveva, per forza di cose, essere la cesura, il punto di arrivo di questa “metaforica” rinascita dell’Indagatore dell’Incubo. Compito realizzato solo in percentuale, purtroppo. Sì, perché i trascorsi giovanili del nostro personaggio sono narrati con il giusto ritmo, le informazioni contenute sono interessanti e, sebbene in apparenza cozzino con altre citate in numeri storici come Il numero 200 e Finché morte non vi separi (ma una rilettura conferma la loro plausibilità all’interno del mito dylaniato), riescono nell’obiettivo di dare a Dylan un passato degno di questo nome, che possa andare incontro ai gusti dei lettori più navigati e di quelli alle prime armi. Quello che invece stona è proprio il suo collegamento col presente, in cui assistiamo all’ennesimo “caso del mese” affrontato attraverso scene splatter e risolto con l’odioso spiegone finale che, per fortuna, era quasi del tutto sparito dai radar dell’Indagatore dell’Incubo. Dunque, una prova in chiaroscuro quella di Barbara Baraldi, che commette un passo indietro rispetto all’albo La mano sbagliata, scadendo in soluzioni narrative banali e prevedibili per quanto riguarda la parte conclusiva del numero, ma che dimostra anche le buone intenzioni del soggetto di partenza e nel lato che ripercorre la giovinezza di Dylan. Stupendi i disegni di Nicola Mari, che di recente abbiamo visto in forma smagliante sulle copertine di Orfani: Juric.

Voto: 6.5

Orfani: Terra 1: Dalla cenere

Figli di un mondo morente.

Giunto alla conclusione lo splendido spin-off sulla Juric, scritto dall’autrice dylaniata Paola Barbato, la prima serie a colori di casa Bonelli ci regala un’altra stagione di tre numeri, la quinta, che ci racconta gli ultimi giorni del pianeta Terra, mentre i rifugiati di Nuovo Mondo fanno i conti con la morte della loro presidentessa. Negli Stati Uniti, avviati ormai ad un declino inesorabile, Cain e suo fratello Abe lottano tra le rovine di Hollywood per la sopravvivenza, confortati dalla speranza di una vita migliore. Un giorno, i due vengono seperati e Cain verrà inviato in un campo di prigionia nel deserto, dove per poter mangiare bisogna trovare dei rottami di valore in un’immensa discarica. Qui fa la conoscenza dei suoi compagni di carcere, ragazzi come lui di nome Max, Bug, Rat e Fango. Le giornate scorrono tra il calore e i recuperi, fino a quando una misteriosa ragazza incappucciata si avvicina a Cain e ai suoi amici.

Orfani si prepara al gran finale della sesta stagione con un intermezzo che ci racconta le sorti del nostro pianeta preferito (e unico): la Terra. Ai testi troviamo Emiliano Mammucari, co-creatore della serie insieme a Roberto Recchioni, e suo fratello Matteo. Per il disegnatore romano si tratta della prima sceneggiatura che porta la sua firma, nonostante le sue doti con la penna tra le dita non siano esattamente un mistero, come si era intuito dal suo libro Lezioni spirituali per giovani fumettari. Mammucari cancella subito, fin dalle prime didascalie, i dubbi sulle sue capacità e conferma di saper raccontare a parole, oltre che disegnando. Dentro questo primo albo riesce bene nel compito di presentarci senza dilungarsi troppo nuovi personaggi e nuove situazioni, partendo dai tanti, ottimi presupposti della testata stessa. In particolare, la sua sceneggiatura risulta calibrata fin nei minimi particolari, piena di tanti riferimenti letterari e brilla per l’espressività del dialoghi, tradotti “dal romanesco”, come raccontanto dallo stesso Mammucari in diverse interviste. Molto belli i disegni di Alessio Avallone, che qui stupisce sfruttando delle trovate grafiche pregevoli, tra vignette a gabbia libera, splash page e doppie splash page, animati dal sapiente uso del colore di Giovanna Niro, che, similmente a tanti altri episodi di Orfani, crea le atmosfere giuste e accentua lo stato emotivo dei protagonisti. Un bel primo numero, che la copertina di un fuoriclasse come Gipi contribuisce a rendere ancora più intrigante.

Voto: 7

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!