La storia di una piccola e fragile distopia…

…Che non aveva alcuna trilogia di libri Young Adult, dalla sua, né alcun film, a farla conoscere in tutto il mondo. In fondo Shardlight non è altro che questo: un racconto delicato e sensibile di un futuro post-apocalittico, ancora vivo eppure soffocato da istituzioni politiche di secoli (come l’Aristocrazia) fa e dilaniato da un morbo che solo i ricchi possono permettersi di curare. In questo mondo, polveroso e radioattivo, si fa strada altrettanto di soppiatto una ragazza, Amy Wellard, che a sua volta ha sulle spalle il peso di una storia familiare ancora incompiuta.

Da queste prime righe non si capisce granché, ne siamo consapevoli, ma è a metà un tratto positivo e a metà una nostra precisa scelta. Primo: perché Shardlight trova il suo maggiore punto di forza in una trama non tanto complessa quanto piena di sfumature, pertanto apprezzabile appieno soltanto dall’interno, una volta coinvolti in essa. Secondo: perché di quella trama e di quelle sfumature, che pure cercheremo di descrivere tra i pregi di questa avventura punta e clicca vecchio stile dei Wadget Eye Games, non vogliamo dire una parola in più del dovuto.

A proposito, avete capito bene. Shardlight è un’avventura punta e clicca vecchio stile, forse ormai definibile “vecchissimo”. Dalle immagini potete osservare da soli la grafica retrò. Di buono c’è, innanzitutto, che potete giocarci (e goderne, dato che la trama è trama anche a due bit e mezzo) con il computer di vostra nonna. Di altrettanto buono c’è che un approccio simile al gioco consente di prendersi licenze di “narrazione” che altri esponenti del genere, più realistici, non potrebbero. Spieghiamoci meglio. Un gioco con grafica realistica difficilmente potrà inserire al suo interno trovate logiche e combinazioni di inventario  alla Monkey Island, perché da questo ci aspetteremmo altrettanto realismo nel comportamento di personaggio e oggetti. In Monkey Island, e in Shardlight, non ci sorprende risolvere enigmi con corde legate a frecce, usate poi come liane. E questo è solo un esempio di tanti, anche più fantasiosi.

Img. Shardlight 2

Le animazioni sono fluide, i colori ben orchestrati tra il caldo arido e la fredda desolazione. Il mondo che visitiamo ci comunicherà più volte, visivamente, la sua puzza di cadavere marcescente. Ma il genere umano, si sa, si ostina a non voler mollare e così non molliamo neanche noi insieme alla nostra protagonista: Amy Wellard, una giovane e povera meccanica destinata a grandi cose (neanche si chiamasse Rey e venisse da un pianeta sabbioso, ehm). E comunque, quest’atmosfera angoscia e claustrofobia antropologica, non ci sarà trasmessa soltanto a livello grafico, né soltanto dall’ottimo e azzeccatissimo accompagnamento musicale, ma, come già accennato più volte, dalla trama.

La storia di Shardlight è molto particolare perché se ne intuisce subito la profondità, che si estende molto oltre l’arco di tempo in cui giochiamo, in larghezza e lunghezza. Impossibile, arrivati alla fine, non chiedersi cosa succederà dopo oppure, nel mezzo dell’avventura, non chiedersi cosa sta accadendo, in altri parti del mondo (se non altro perché vi si fa riferimento spesso, nel gioco). Ogni dialogo con ogni personaggio rimanda a storie passate (come quelle su com’era il mondo, prima che “cadessero le bombe”) o speranze per il futuro, espandendo il tempo narrativo percepito. Giocando, parola di Stay Nerd, avremmo tanto voluto leggerne il romanzo. Se solo esistesse.

Img. Shardlight 3

E anche la trama “spicciola”, intesa minimamente come sequenza di eventi che accadono su schermo, non è male. Non proprio composta da colpi di scena imprevedibili (a parte un paio di buone frecciate), ma comunque molto godibile e abbastanza interessante da trascinarci, enigma dopo enigma, fino al conflitto finale. Gli enigmi sono ben bilanciati, tra difficoltà e inventiva. Niente di impossibile (tranne forse un caso, ma solo perché basato sulla lingua inglese e intraducibile), niente di facilissimo. Man mano che ci si avvicina alla fine, poi, il ritmo sale e si perde qualcosa, in fatto di interattività. Le cose da fare sono sempre meno e sempre più ovvie, ma essendo la fase conclusiva non ci farete caso e divorerete il gioco fino ai titoli di coda.

Bisogna dedicare un paragrafo anche a questi, perché Shardlight permette di scegliere il proprio finale tra tre alternative. Sapendo ciò dall’inizio della nostra esperienza, siamo rimasti tuttavia leggermente delusi dalla scelta finale (su cui non faremo spoiler, tranquilli), che in fin dei conti è, per quanto abbastanza difficile da compiere, altrettanto sottile nelle sue effettive conseguenze.

Img. Shardlight 4

Ultimo ma non meno importante: al momento della recensione il gioco è disponibile, pur con sottotitoli, solamente in lingua inglese e questo, per chi non ne mastica fluentemente, può costituire un problema. E anche se ne masticate, tenetene conto, perché c’è un enigma particolare che…

Ehi, fermi, fermi, questo articolo non è mica una soluzione!