La sessualità giapponese secondo Le Iene: come soffocare un’intera cultura nella disinformazione

In un trailer da quarantasette agghiaccianti secondi, nel pomeriggio di ieri, Le Iene hanno annunciato un servizio sulla pedofilia in Giappone, a cura della loro iena e conduttrice Nadia Toffa.
Bene, l’argomento è interessante, i nipponici hanno una sessualità molto diversa dagli occidentali e solo nel 2014 è stato dichiarato illegale il possesso di materiale pedopornografico. Sappiamo inoltre che manga e anime, in quanto immagini non realistiche di minori, sono escluse, in Giappone come in Olanda, come nella stessa Italia, da questa legge. Poteva essere un ottimo servizio, uno spunto di riflessione. Poteva.

https://www.facebook.com/staynerd/videos/775309435936863/

Il problema? Il problema si presenta al nono secondo di video. “Manga”, ci urla contro la disinformata giornalista, vuole anche dire sesso, giocattoli porno, e porno in Giappone vuole anche dire bambine. Un po’ come dire che cinema vuol dire porno, o che internet vuol dire porno, o che le edicole sono sexy shop, dal momento che nell’epoca “preinternettiana” quei chioschi rappresentavano un ricettacolo di riviste “con le signorine in déshabillé da sbirciare con la coda dell’occhio mentre fingevamo interesse per la ristampa tre stelle di Tex Willer.

Comunque, questo era solo il trailer del servizio de Le Iene, si sa che spesso quei pochi secondi di girato montato ad hoc possono dare un’idea sbagliata, e vi assicuro che ho sperato fino alla fine che il servizio si rivelasse accurato, che la polemica scatenata si sgonfiasse sotto i colpi di un reportage realizzato dopo un’ampia documentazione del fenomeno.
Ridete pure del mio inguaribile ottimismo, me lo merito.

Poteva andare peggio, poteva piovere…

Alcune abitudini giapponesi per noi sono totalmente inaccettabili sotto il profilo della morale, dice Geppi Cucciari lanciando il servizio, dimenticando forse le baby squillo dei Parioli, come se l’effetto Lolita l’avessero inventato nel paese del sol levante.
In questo articolo non mi occuperò della sessualità dei giapponesi, tema che necessiterebbe di conoscenze approfondite della psiche umana e della sociologia di un paese in cui, come giustamente ci ricorda la Toffa, c’è un’alta presenza di uomini adulti vergini; mi limiterò a lamentarmi dell’ennesimo caso di disinformazione a scapito di noi nerd.
Come già successo in passato con i videogiochi, rei di trasformare gli adolescenti in mostri assetati di sangue che saltano sul pandino del nonno armati di mazze da baseball per pestare indifese prostitute (è risaputo infatti che prima della release di GTA non esistessero atti di delinquenza al mondo), i media dimostrano una passione esagerata per il parlare di temi a loro sconosciuti e inizio seriamente a pensare che la colpa sia nostra. La cultura nerd va di moda? Dobbiamo parlarne! Nessuno della redazione ne sa un cazzo? Parliamone male, che ci vuole a parlare male di qualcosa che non conosciamo e che non conosce neanche il nostro pubblico? Dagli all’untore! Dagli all’untore!
Prendete un italiano medio, un genitore o un nonno, e mettetelo davanti a un servizio che dipinge l’intera produzione fumettistica giapponese come “deviata” e “perversa” (che è poi la traduzione letterale del termine hentai, ma ci arriveremo). Fatto? Bene, aggiungete un po’ di colla vinilica e i pregiudizi che da sempre accompagnano quei giornalini che si leggono al contrario nel nostro bel paese e avrete il servizio di stasera, arrivato dopo ore di interventi strappalacrime à la Pomeriggio Cinque sulle adozioni e un tizio che per pubblicizzare il suo film ha corso nudo con il pene coperto da un calzino dopo aver finto di andare a trans (non mi sto inventando niente, credo che il tutto sia recuperabile in streaming, personalmente vorrei che qualcuno mi restituisse le tre ore di vita che ho sprecato guardando tutto ciò). Fortunatamente per noi consumatori di manga e anime, il giovedì sera su Rai Uno va in onda il vero eroe degli italiani e, se siete fortunati come la sottoscritta, il vostro parentame sarà stato troppo impegnato a seguire le vicissitudini di Don Matteo per seguire le deliranti inchieste della Toffa. In caso contrario, potete aspettarvi che i vostri genitori vi accusino di portare in casa materiale pornografico da un momento all’altro. Poco importa che leggiate One Piece e che l’unica accusa che possa esservi mossa è quella di continuare a sperare che prima o poi Oda si decida a mettere la parola fine.

d9aafb940d083f3119c193334244c22be28bf2eb348b0b71e14b120a81534048 (1)

Fare di tutto il manga un fascio

Cerchiamo di sviscerare la non proprio sillogistica affermazione in apertura di trailer: l’ultima volta che ho controllato, esistevano gli hentai, sì, manga a sfondo sessuale tripartiti in het (rapporti eterosessuali), yaoi (omosessualità maschile), e yuri (omosessualità femminile). Ma, così come se dici romanzo, la prima cosa che ti viene in mente non è le centoventi giornate di Sodoma, anche la stretta correlazione tra manga e hentai (parola che, se non mi sbaglio, non viene mai usata nei dieci minuti di servizio) non è così stretta da consentire l’uso di una sineddoche (la parte per il tutto, il manga – appunto – per l’hentai). Ovviamente poi, come nelle categorie di YouPorn, i sottogeneri hentai somigliano a un vero e proprio giro nel castello degli orrori al luna park: c’è il guro (gore con violenza cruda ed esplicita), il koonago (che ricorda in maniera antitetica un celebre racconto di Bukowski, con donne rimpicciolite e sfruttate per atti sessuali), il famosissimo tentacle rape (sapete tutti di cosa sto parlando, non mentite) e il lolicon (che presenta anche il corrispettivo maschile, lo shotacon), ovvero, finalmente, ciò di cui parlano le iene: fumetti che trattano l’attrazione sessuale nei confronti di ragazze minorenni prepuberali.
Stiamo parlando di un sottogenere di un genere, ma Le Iene, così come il calabrone che non sa di poter volare, se ne frega di tali sottili distinzioni e decide che la parola manga è perfetta per fare di tutta l’erba un fascio.

one_piece_of_your_time_by_thecoldtrojan-d87kv2g

Parla di ciò che sai, tutto il resto inventalo

Nel corso del servizio vengono intervistate diverse maid e idol, come se si trattasse di prostitute messe in strada per accalappiare clienti. La mia idea è che, oltre a pagare il viaggio e una guida, forse, sarebbe stato utile dotare la giornalista di un’infarinatura di cultura giapponese, così, per spiegarle la differenza tra un maid café e un bordello. In ogni caso, pur riconoscendo al popolo giapponese un alto tasso di stranezze in ambito affettivo e sessuale, non riesco a prendere sul serio il servizio, se non altro perché alla seconda volta che ho sentito le parole “cartone manga”, qualcosa dentro di me si è rotto per sempre. Se state pensando che sia pignola, vorrei sottolineare l’importanza, per un giornalista di conoscere a fondo l’argomento di cui sta parlando, o almeno l’importanza di documentarsi prima della messa in onda. Questo perché ogni informazione scorretta o incompleta che viene data al pubblico verrà digerita da un vasto numero di persone che si sentirà automaticamente in dovere di proclamarsi professorone in tuttologia, avendo capito sì e no metà delle informazioni acquisite. In questo caso, ancora una volta, chi ci rimette è la cultura. Quella cultura che dovremmo difendere, quella libertà di leggere, guardare, disegnare quello che vogliamo, senza che gli analfabeti funzionali che ci stanno crescendo possano attaccare le nostre passioni, solo perché un programma di disinformazione in prima serata deve sfruttare le mode per aumentare lo share. In fondo, negli Stati Uniti hanno Spotlight, noi al massimo Un Posto al Sole, cosa ci aspettavamo. E lo sappiamo – come diceva Marilyn – di fare il vostro gioco, parlando di voi, di darvi visibilità, ma la disinformazione non si combatte stando zitti, la disinformazione si sconfigge facendo informazione. Vera informazione.

Angela Bernardoni
Toscana emigrata a Torino, impara l'uso della locuzione "solo più" e si diploma in storytelling, realizzando il suo antico sogno di diventare una freelancer come il pifferaio di Hamelin. Si trova a suo agio ovunque ci sia qualcosa da leggere o da scrivere, o un cane da accarezzare. Amante dei dinosauri, divoratrice di mondi immaginari, resta in attesa dello sbarco su Marte, anche se ha paura di volare. Al momento vive a Parma, dove si lamenta del prosciutto troppo dolce e del pane troppo salato.