In vista dell’uscita nelle sale italiane (il 18 gennaio) de Il vegetale, l’ultima fatica di Gennaro Nunziante, abbiamo preso parte ad un incontro all’interno del lussuoso Hotel The St. Regis a Roma, in compagnia, oltre che del regista pugliese, anche del protagonista Fabio Rovazzi e di Luca Zingaretti. Insieme ad altri colleghi della stampa abbiamo pertanto potuto rivolgere delle domande ai tre artisti.

Si parte subito con Fabio Rovazzi.

Fabio, ci spieghi perché nei siti, su internet, nei credits, appari sotto varie forme, come co-sceneggiatore, autore delle musiche e quant’altro? Anche su Wikipedia.
E cosa si prova a passare dai video su internet ad un film?

Rovazzi: Su Wikipedia c’è anche scritto che sono un cantante, quindi…
Ad ogni modo questa domanda è legata ad uno dei grandi problemi del web, quale il poter scrivere baggianate su tutto e tutti. Io, comunque, in questo film ho fatto l’attore e basta.
Detto ciò, passare da 7 minuti di video a circa 83′ è stato impegnativo; ho dovuto annullare il mio pensiero di linguaggio e mi sono dovuto affidare totalmente a Gennaro (Nunziante n.d.R.) per potermi adattare a questo nuovo ruolo e sono molto soddisfatto del risultato.

Il tuo pubblico è abbastanza curioso e trasversale: hai una presa mostruosa sui bambini dai 7 ai 12 anni oltre che sui 20enni. Qual è il segreto per avere questo successo?

Rovazzi: È un pubblico che non ho mai cercato ed è arrivato nella maniera più casuale, del tutto inspiegabile, ma tutt’ora mi chiedo come sia possibile.
Sono molto contento di avere questo range, ma devo ammettere che in realtà per strada mi fermano anche gli ottantenni che mi hanno visto da Fazio, quindi non è così facile delinearlo.
Comunque sono molto felice di piacere ai bambini, perché quando piaci a loro è perché provano un sentimento sincero e genuino e ciò mi riempie di gioia.

Si passa poi al regista Nunziante.

Rovazzi è stato scelto perché la sua figura si può accomunare in qualche modo a quella di Zalone?

Nunziante: No, la scelta di Fabio è nata dopo aver visto un video in cui lui è affiancato da Fabio De Luigi, e da alcune sue espressioni ho capito che l’avrei voluto con me in un film.
Ci siamo incontrati e abbiamo costruito un personaggio esattamente su di lui, come un vestito di sartoria realizzato con le sue misure.

La coppia cinematografica Rovazzi-Zingaretti non ricalca particolari esempi intravisti in precedenti commedie italiane. Com’è nato questo rapporto, sia lavorativo, che su pellicola?

Zingaretti: In effetti è vero, siamo una coppia atipica, magari è Gennaro che deve spiegarci come gli sia venuto in mente di metterci assieme.
Io posso dire che mi sono trovato totalmente a mio agio, nonostante la differenza di età, ma quando il rapporto nasce bene l’avventura cinematografia può concludersi solo nel migliore dei modi.
Spero che la gente si diverta tanto quanto ci siamo divertiti noi a recitare.

Rovazzi: Poter lavorare con Luca è stato bellissimo, e alla base c’è stato uno scambio equo: lui mi ha fatto vedere cos’è la recitazione e io gli ho insegnato ad usare le Instagram stories.

Nunziante: Innanzitutto c’è un elemento molto importante per me: io faccio una commedia a sottrarre, non mi piace mai superare quel decibel che è il cattivo gusto, e per non superare questo c’è bisogno anche del volere degli attori, perché in Italia spesso si corre il rischio che se chiedi ad un attore di portarti un chilo di zucchero lui ti porta anche miele, marmellata, e frutta varia. Pertanto bisogna lavorare con gente che ha intelligenza.
Io ho trovato in Luca una persona che, sul set, aveva una visione a 360° del film, perché il vero problema di un attore è pensare a “quella determinata scena”, mentre i grandi attori pensano a tutto il film, e in questo Luca ci è stato di grandissimo aiuto, sia a noi che a Fabio.
Tra di loro c’è stato un lavoro in comune e tale modo di concepire la recitazione l’ho riscontrato anche in tutti gli altri membri del cast.

Avete pensato anche al rischio corso nel non aver concesso al pubblico il ballo o il canto di Rovazzi, visto che magari chi va in sala si aspetta anche ciò?

Nunziante: Io penso che l’unico modo per deludere il pubblico è presentargli qualcosa che sa già. E poi, lo dico dall’ultimo gradino dell’umiltà, io non penso mai al pubblico, penso sempre a voi (giornalisti e critici n.d.R.), gente più intelligente di me.
Se pensassi al pubblico come a una creatura in base alla quale devo modellare il film, avrei fatto un altro mestiere, perché lo spettatore ha bisogno di essere stupito, grazie anche all’educazione.
Poi io, apertamente, non avevo bisogno della canzone di Rovazzi, visto che Fabio necessitava di fare altro: lui ha fatto l’attore, non doveva cantare o ballare. Ho voluto Fabio perché ho trovato nel suo volto e nella sua fisicità l’emblema di una generazione.

Rovazzi: Io sono contento che non mi sia stato chiesto di fare canzoni, anche perché è meglio differenziare le mie maschere. C’è un Rovazzi discografico e uno che si affaccia nel mondo del cinema, il quale deve lasciarsi alle spalle tutto ciò che ha fatto prima.

intervista rovazzi

Questa è una produzione Disney, ed è una specie di Cenerentola al contrario, perché tutte le persone di questa nuova famiglia, a partire dal papà, sembrano uscite da una sorta di fiaba moderna.

Nunziante: La parola fondante è “riconciliazione”. Come la situazione del paese, per potersi riconciliare c’è bisogno di stare in pace, saper superare i motivi per i quali c’è stata una divisione. Fabio li comprende tutti e li supera, e si riconcilia con la famiglia e la sua vita.
Viviamo una situazione in cui c’è divisione tra Nord e Sud, giovani e vecchi, occupati e disoccupati.
Questo ragazzo, nel film, riesce a fare quello che ad oggi sembra impossibile, supera gli ostacoli e per iniziare la sua vita parte da una riconciliazione. Questo è un piccolo lavoro che dovrà essere fatto anche dal paese per poter iniziare a respirare nuovamente aria fresca.

Fabio, tu sei nato come film maker, e la musica è stata anche un mezzo per poter fare i tuoi video e arrivare al cinema. Adesso che sei arrivato qui, pensi anche ad un futuro come regista cinematografico?

Rovazzi: Sì io nasco come video maker, ho iniziato filmando le persone in discoteca ed è una cosa veramente brutta perché loro si divertono e tu no.
Il mio interesse principale, oltre a fare l’attore, in cui poi saranno gli altri a giudicarmi, è stato anche quello di fare l’osservatore, ed in un futuro lontano, dopo aver studiato tanto senza il rischio di rovinare anche questo campo dopo aver rovinato la musica, mi piacerebbe fare qualcosa di mio, ma a piccoli passi.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.