Per fortuna (o forse no), da un po’ di tempo a questa parte, si è avviato un relativo sdoganamento dei titoli giapponesi a metà strada tra quelli classici e quelli estremi. Un esempio è questo The 7th Dragon III, che è appunto il quarto (sì, il secondo episodio era diviso in due parti, giusto per incasinare le cose ulteriormente) capitolo di una serie relativamente conosciuta nella terra del Sol Levante.

Ora seguitemi, Fedeli Lettori, per scoprire se è bello gioire di questo nuovo trend…

I draghi cattivi

The 7th Dragon III è un dungeon crawler, un po’ come Etrian Odissey IV (che abbiamo anche recensito), con la differenza che abbandona la visuale in soggettiva che caratterizza questi titoli per lasciare il passo a una più canonica visuale prospettica dall’alto. Nonostante queste piccolezze, il succo non cambia: il vostro scopo è quello di abbattere mostri in giro per diversi scenari.

Per darvi un minimo di motivazione, i realizzatori di casa Sega hanno messo in piedi una trama molto semplice e lineare. Prima che lo chiediate, il fatto che questo sia il terzo capitolo della saga, non incide minimamente (o quasi) sulla comprensione dei fatti narrati nè impone una qualsivoglia conoscenza delle altre iterazioni. Infatti qua ci troviamo a 80 anni di distanza dall’ultimo capitolo, in un periodo in cui la minaccia dei Draghi si è un po’ affievolita e la popolazione comincia a dormire un po’ troppo sugli allori. Per fortuna che alla Nodens Corporation un trio di personaggi alquanto bizzarri cerca di far fronte a questa situazione: hanno ideato 7th Encount, un gioco in realtà virtuale dove vengono segretamente testate le capacità dei concorrenti per poterli quindi scritturare nella futura battaglia contro le bestie. Infatti secondo le previsioni e alcuni segni più o meno inequivocabili, l’avvento del Settimo Drago, il più pericoloso, è imminente e bisogna essere preparati.
Ovviamente, il primo a essere scelto per le sue inarrivabili doti di combattente è appunto il nostro alter ego che sarà ingaggiato a formare la Unit 13, leggendaria squadra che aveva combattuto i draghi nel primo capitolo del gioco.

Lo scopo è quello di andare su  giù nel tempo e nello spazio per recuperare esemplari di vecchi draghi e poter quindi acquisire la conoscenza per sconfiggere il settimo Drago.

Come avete ben notato, la storia è abbastanza lineare e ha qualche risollevamento solo nella parte finale, con un discreto numero di sorprese, anche se nel complesso si attesta su un livello appena sufficiente per far interessare il giocatore ai personaggi.
Inoltre, i NPC sono tratteggiati in maniera macchiettistica e stereotipata, con reazioni talvolta quasi incomprensibili, e questo purtroppo non giova al grado di interesse e immersione che il giocatore si aspetta in un gioco di ruolo. A questo aggiungiamo un’altra caratteristica che ho trovato quasi estenuante: i dialoghi sono LUNGHISSIMI, verbosi, ridondanti… Mi è parso che per sopperire un’inadeguata struttura narrativa, gli sceneggiatori abbiano pensato bene di scrivere centinaia di linee di dialogo quasi inutili. Vi confesso che in un paio di occasioni, durante alcune sessioni notturne, mi sono quasi addormentato…

C’è un altro motivo per cui non ho apprezzato tutto il comparto narrativo ed è l’assenza di un vero protagonista. Fin da subito costruiremo quello che è il nostro alter ego, pensando di doverlo portare fin nell’empireo, ma in realtà subito dopo metteremo in piedi TUTTI i personaggi del party, diluendo l’affetto del nostro primo protagonista con tutti gli altri.
Il risultato è quello che di mancare l’effetto animale domestico, la capacità che un giocatore ha di affezionarsi al proprio alter ego digitale, tanto che alla fine diventa solo uno tra i tanti (e saranno davvero tanti!).
7th-Dragon-III-Code-VFD-E3-2016-Trailer

Caccia al Drago

Il comparto narrativo nella sua interezza, al netto dei riferimenti ai titoli passati non pubblicati in italia, è molto debole rispetto alle altre parti del gioco, anche se molti possono arguire dicendo che questo titolo non spicca perché vuole raccontare una storia, ma invece essendo un dungeon crawler, allora chi se ne frega, basta che combattiamo.

Se davvero vogliamo ridurre 7th Dragon solo a questo, allora bisogna dare atto che la parte relativa ai combattimenti è ben fatta e curata.

Nelle prime fasi di gioco, faremo la conoscenza con alcune delle classi che gli sviluppatori hanno inventato: si va dal comune e comprensibilissimo Samurai, fino all’Agent, che sfrutta le falle nei nemici per hackarli e alterarne il comportamento con debuff vari, o il God Hand che mena dei montanti sotto il mento e contemporaneamente si preoccupa di curare i compagni. Insomma, già da queste prime battute si capisce come gli sviluppatori abbiano profuso molte energie per creare qualcosa un po’ fuori dai canoni, cosa che appare ancora più evidente nelle fasi avanzate di gioco quando vengono introdotte ulteriori classi, sempre più fantasiose e ibride. Forse, se vogliamo trovare i pelo nell’uovo, queste new entry arrivano un po’ troppo tardi nell’arco narrativo, tanto che in un certo senso il giocatore potrebbe fregarsene di utilizzarle, preferendo una squadra rodata e ben evoluta.


Il sistema di combattimento è molto canonico, ma con qualche aggiunta che non guasta. Ci troviamo di fronte a un jgdr a turni, quindi in ogni incontro imbastiremo la nostra tattica, daremo i comandi a membro del party e attenderemo che tutte le animazioni arrivino a una conclusione. A questo punto, si calcolano i danni, ci si lecca le ferite se è il caso e si ricomincia. Ogni classe ha a disposizione una gran quantità di skill da utilizzare, tutte livellabili e migliorabili con appositi skill point, oltre agli item e all’attacco melee o magico di base. Come per ogni gioco di questo tipo, conoscere non solo le singole skill ma soprattutto le combinazioni con effetti propedeutici è pressoché fondamentale. Quindi studiare tutti i personaggi e ogni loro sfaccettatura è un obbligo per chiunque voglia tirar fuori il meglio da questo gioco.

La vera marcia in più del battle system di 7th Dragon III sono gli attacchi Buddy e l’aiuto dalle retrovie. Per spiegare queste due caratteristiche è bene far presente che a un certo punto della storia avrete a disposizione un party di tre amici ‘attivi’ e un gruppo più o meno nutrito che sta in disparte nello schermo inferiore del 3DS. Stare in disparte però non vuol dire fregarsene della battaglia: ciascun membro in panchina di turno in turno vedrà  un barra riempirsi un segmento alla volta per un massimo di tre. A seconda della classe del personaggio la velocità con cui si riempirà questo indicatore varierà. Quando è un solo personaggio a essere pronto, potremmo attivare il Buddy Attack, ovvero un attacco congiunto tra un personaggio attivo e uno delle retrovie. Se invece avremo la pazienza di attendere che tutti i panchinari siano pronti, allora potremo attivare l’azione dell’intera seconda (e terza) squadra: questa non si configura con un attacco ma con una serie di buff e debuff assoritti, che vanno dall’ATK+, fino alla resurrezione e alla cura di vari ailment.

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Così stratificato, il combattimento assume delle caratteristiche tecniche e strategiche molto variegate che emergono soprattutto nelle battaglie più lunghe contro i draghi e i draghi supremi… Purtroppo il comportamento di ciascuna classe non è subito manifesto, ma bisogna sperimentare in battaglia, fino a trovare il giusto mix di comprimari.


E parlando di draghi: il gioco vi chiede di falciare il maggior numero di questi bestioni e per farvi capire l’entità titanica del vostro lavoro vi avverte pure che ce ne sono oltre duecento…

Il gioco si comporta come un dungeon crawler: voi passeggiate per i le aree e un indicatore di pericolo cambia colore a ogni passo: quando raggiunge il rosso, inizia una battaglia casuale contro i minion. Per quel che riguarda i vostri nemici giurati, essi sono visualizzati sulla mappa e quindi potete decidere se ingaggiarli subito o provare ad evitarli. Certo, considerando che siete dei cacciatori di draghi, dovreste porvi qualche domanda se cercate di sgattaiolare via…

I nemici minori sono relativamente variegati, risultando poi tante varianti elementali delle stesse specie. Per quel che riguarda i Draghi, invece, ci sono un bel po’ di specie da analizzare e uccidere e da questo punto di vista il gioco risulta alquanto vario.

Certo, nonostante tutto, il livello di difficoltà tende al basso, senza combattimenti particolarmente impegnativi, tanto che nella nostra playthrough siamo morti pochissime volte, e solo per aver fatto delle pessime scelte in materia di equip e tattica. Una volta che il party poi è completamente sconfitto, il gioco semplicemente vi chiede se volete ripetere lo scontro oppure ricominciare dall’ultimo savegame. Quindi, anche a livello punitivo, il gioco è accondiscendente.

Come in ogni gioco di ruolo giappo che si rispetti, una gran cura è stata riposta nel sistema di crescita e avanzamento dei protagonisti: oltre ai classici punti esperienza e ai livelli normali, ci sono gli skill point che vanno distribuiti per attivare e migliorare le varie abilità, per rinforzare le potenzialità in battaglia di ogni singolo membro del party.

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I colori delle squame

Graficamente parlando, il gioco si attesta su una media abbastanza piacevole: c’è una buona varietà di ambientazioni, con palette di colori ben scelte. I nemici minori sono talvolta riciclati da uno stage all’altro, con modifiche di colore per rivelarne l’appartenenza elementale. Un buon lavoro è invece stato fatto con i draghi che sono grandi, imponenti e diversi, con caratteristiche uniche.

Per i protagonisti è stato invece adottato da Sega uno stile deformed, con i modelli poligonali dalla testa grossa e i piedi piccolissimi per le versioni 3D, accompagnate da una ‘fotografia’ bidimensionale caratterizzata da un accattivante lavoro di artwork che richiama i manga più moderni, con linee elaborate tratti molto marcati.
Sul versante sonoro, sottolineiamo la scelta di lasciare quel poco di parlato che c’è in giapponese, così da accontentare tutti gli otaku nostrani. Le musiche e la colonna sonora in generale meritano invece un discorso a parte: il commento sonoro è affidato a decine e decine di brani jpop, variegati e multiforme. Se vi piace questo tipo di musica allora vi sentirete a casa vostra e ne vorrete ancora e ancora, se invece non è affine al vostro orecchio, beh, allora preparatevi a abbassare il volume…

Il gioco offre una varietà di attività che fanno da contorno al mero dungeon crawling che vi terranno occupati per decine e decine di ore: si va dalla costruzione della sede di Nodens, fino ai dungeon postgame e al sistema di dating tra i personaggi e i PNG. Sicuramente di carne al fuoco ce n’è davvero tanta, preparatevi a non staccarvi tanto facilmente da questo titolo.

Eugene Fitzherbert
Vittima del mio stesso cervello diversamente funzionante, gioco con le parole da quando ne avevo facoltà (con risultati inquietanti), coltivando la mia passione per tutto quello che poteva fare incazzare i miei genitori, fumetti e videogiochi. Con così tante console a disposizione ho deciso di affidarmi alla forza dell'amore. Invece della console war, sono diventato una console WHORE. A casa mia, complice la mia metà, si festeggia annualmente il Back To The Future Day, si collezionano tazze e t-shirt (di Star Wars e Zelda), si ascolta metal e si ride di tutto e tutti. 42.