Una storia drammatica raccontata come una commedia

Tonya (I, Tonya) è un film a metà tra il biopic e il docu-film, che racconta la storia della pattinatrice olimpica Tonya Harding, la prima atleta che riuscì a compiere un triplo axel, una delle figure più complesse e pericolose del pattinaggio artistico, andando a scavare oltre la superficie del personaggio pubblico, noto alla cronache per una tremenda storia legata all’aggressione di un’altra pattinatrice statunitense, Nancy Kerrigan.

Il film si apre con un cartello che fornisce in poche righe la chiave di lettura e il tono di tutta la storia: “Tratto da interviste assolutamente vere, totalmente contraddittorie e prive di qualsiasi ironia con Tonya Harding e Jeff Gilooly”.

 

Il regista, Craig Gillespie, porterà avanti il succitato cartello come un mantra, una linea guida per tutto il film, scegliendo una narrazione non convenzionale, raccontando una storia tragica con il linguaggio della commedia e ammiccando allo spettatore in più punti, i più vistosi dei quali sono i momenti in cui la protagonista buca la quarta parete, rivolgendosi direttamente al pubblico in sala.

La trama salta su due piani temporali, principalmente: il presente, in cui vediamo le interviste ai protagonisti della storia (parliamo sempre degli attori, invecchiati per l’occasione) e il passato, in cui si svolge l’azione e la storia di dipana.
In entrambi i casi, Margot Robbie nei panni di Tonya Harding, Sebastian Stan in quelli di suo marito, Jeff Gilooly, e Allison Janney nelle vesti dell’odiosa madre dell’atleta, fanno un lavoro straordinario.
Margot Robbie riesce a scomparire nel personaggio: dimenticate la svampita Harley Quinn che avete conosciuto in Suicide Squad. L’attrice australiana sfoggia tutte le sue doti impersonando l’atleta in tutte le possibili sfaccettature; rozza perché ha dovuto adattarsi all’ambiente in cui è cresciuta, tenace durante le gare e gli allenamenti, distrutta dalle sue stesse azioni quando queste ultime prendono una brutta piega.

Sebastian Stan – che la maggior parte di noi ha conosciuto come il Soldato d’Inverno del MCU – regge il confronto con la Robbie senza particolari problemi. La sua interpretazione sa essere spassosa quanto tragica ed odiosa.

La vera dominatrice dello schermo, però, è Allison Janney (fresca di Oscar): nell’interpretare la madre dell’atleta, LaVona Harding, riesce senza alcuna difficoltà ad attirarsi l’odio del pubblico in un particolare momento e, in quello successivo, a farlo ridere di gusto. LaVona è stata sicuramente una figura centrale nella vita e nella carriera di Tonya, peccato che lo sia stata nella maniera più sbagliata. In alcuni punti dell’opera, il regista sembra quasi voler far risalire tutti i successi e tutti i fallimenti della pattinatrice in quell’ingombrante figura materna.

L’innegabile bravura del regista e il suo giostrarsi su più linguaggi, ed il cast artistico appresso a lui, riescono dunque a intrattenere lo spettatore per le due ore scarse di durata del film, facendolo ridere, emozionare e indignarsi, senza mai perdere la dovuta attenzione.

Tutto ciò non sarebbe stato possibile, ovviamente, senza una solida storia alla base: questo è uno di quei casi in cui si può lecitamente affermare che la realtà supera la fantasia.
Diventa quindi evidente l’accusa rivolta al mondo dello sport – perlomeno di quello sport – in cui il talento dell’atleta è solo una parte del giudizio complessivo. In una sequenza dolorosa del film, un giudice di gara manifesta chiaramente il pensiero di tutti i coinvolti: non conta solo quanto bene un atleta possa pattinare, quanto in alto salti o quanti tripli axel faccia in una gara, conta anche il dover rappresentare un’intera nazione alle competizioni olimpiche. E se sei cresciuta tra i redneck e ti comporti come tale, per te le porte non si apriranno mai del tutto.

Volendo allargare il ragionamento che Gillespie ci porta a fare, il film è una condanna a quella mania – tipicamente americana ma ormai diffusa in buona parte del mondo – di aver bisogno di eroi e capri espiatori da dare in pasto all’opinione pubblica. Un atto d’accusa molto forte che passa tuttavia tra le righe del non detto e il tono scanzonato dato dall’intera opera.

tonya recensione

 

Verdetto

Tonya è film che parte da un atto di cronaca per raccontare le vite dei protagonisti, le motivazioni e le pressioni che li hanno spinti a compiere atti stupidamente brutali e a raggiungere, al contempo, traguardi degni di nota. Un dramma che sfocia nella commedia, in cui lo spettatore può solo assistere impotente alla distruzione delle ambizioni della protagonista, una splendida e bravissima Margot Robbie, nei panni della pattinatrice olimpica Tonya Harding.

Felice Garofalo
Fin da quando riesce a ricordare è stato appassionato di fumetti, di cui divora numeri su numeri con buona pace dello spazio in libreria, sempre più esiguo. Ogni tanto posa l’ultimo volume in lettura per praticare rigorose maratone di Serie TV, andare al cinema, videogiocare, battere avversari ai più disparati giochi da tavolo, bere e mangiare schifezze chiacchierando del mondo. Gli piace portare in giro la sua opinione non richiesta su qualsiasi cosa abbia visto o letto. Sfoggia con orgoglio le sue magliette a tema.