Un gioco decente sui Transformers?! Ma sul serio?

Se sei un videogiocatore lo sai: i titoli su licenza sono una causa persa. Difficilmente infatti un videogame sviluppato da chicchessia (dove “chicchessia” è spesso uno studio piccolo e mal impiegato) basato su di una licenza riesce a fare breccia in modo intelligente nel cuore del giocatore ed anzi, più e più volte questa particolare fascia di prodotti videoludici è più figlia di una certa frettolosa necessità commerciale invece di una chiara volontà artistica. I titoli su licenza, insomma, sono quasi sempre una schifezza e quelli basati sul brand di Transformers hanno poi il non trascurabile “pregio” di essere sempre attorniati da una certa mediocrità. Ovviamente negli anni questo dogma è stato varie volte anche (quasi) smentito con uscite che hanno fatto breccia negli aficionados più duri e puri ma la realtà dei fatti è che un VERO gioco sui Transformers nessuno lo aveva ancora fatto finché, non si sa bene per quale allineamento astrale, non si sono incontrati Activision e Platinum Games e allora, in un meltin pot creativo quanto mai improbabile, ti viene fuori Transformers: Devastation e tu, semplicemente, piangi di gioia.

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“Storie? Dove stiamo andando non ci servono storie!”

Parlare di una trama per un gioco del genere sarebbe di per sé già un azzardo, ma visto che parliamo di un titolo Platinum Games possiamo tranquillamente archiviare la pratica nel silenzio mediatico. Ricalcando lo stile cartoon della leggendaria “Generazione 1” (tempi in cui Bumblebee era tutto fuorché una Camaro), Devastation propone una storia che sa di trito e ritrito, con Megatron sempre intenzionato a conquistare la Terra a modo suo, e con Optimus e compagni intenzionati più che mai a prendere i Decepticon a sonore cinquine robotiche. Ambientata in una città cui Platinum non si è presa la briga manco di dare un nome, Devastation non vuole compiere nessun volo pindarico nel genere della narrativa digitale, ma piuttosto fare quello che i suoi predecessori (che magari quei voli volevano anche farli), ossia proporre un gameplay solido, dinamico e divertente che fonde le mazzate metalliche con le trasformazioni in mezzi più o meno su ruote. Quindi, se siete a caccia di “storie” archiviate pure il caso gustandovi da qualche parte una delle innumerevoli serie animate (il dogma ovviamente è unico: più è vecchia meglio è), e concentratevi qui solo sul pad ed i suoi tasti su cui, come ci si aspetterebbe da Platinum, passeremo molte ore di martellante divertimento.

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Carrozzerie sferraglianti

Il gioco è dunque, e fondamentalmente, un hack and slash dall’impianto apparentemente banale ma, in realtà, come da tradizione per il team, non privo di divagazioni tecniche a partire dalle numerosissime combo mazzuolatorie che i nostri Autobot (cinque per la precisione: Optimus, Bumblebee, Sideswipe, Wheeljack e il mai troppo amato Grimlock) potranno eseguire grazie alla pressione dei due tasti tipici in questo genere di giochi: attacco leggero e potente. Non manca poi la schivata che qui va quasi a fare il verso al sistema introdotto con il bellissimo Bayonetta in cui, grazie al giusto timing nello schivare i colpi, è possibile rallentare per un secondo o giù di lì il tempo, dandoci così un vantaggio non da poco sui nemici e sui vari (e spesso enormi) boss di gioco. Il punto è che, come detto, nonostante un’apparenza molto user friendly, con un apposito selettore di difficoltà che eventualmente calibra il tutto ancor di più sulle proprie capacità, Devastation è in realtà un gioco quasi bifronte nella complessità degli scontri. Chi è pratico di hack’n’slash e, in particolare, fan del lavoro di Platinum Games lo saprà. Sotto la corteccia giocattolosa di questo titolo si nasconde in realtà un’anima di duro gameplay che però non impedisce al giocatore button masher di divertirsi lo stesso, con lo smacco – probabilmente – di avere qualche difficoltà in più. Le combo numerose e la precisa macchinazione degli scontri fisici sono infatti un pallino che Platinum ha ben trasportato nella serie e che, tutto sommato, si sposano bene anche con il brand concedendo anche al giocatore una curva della difficoltà ben bilanciata che giusto nel finale si lancia in una pericolosa impennata.

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Dulcis in fundo, visto che parliamo di Transformers, non mancano le trasformazioni in automobili con tanto dell’iconico rumore robotico. Le auto qui, oltre ad essere dei prevedibili mezzi di movimento, entrano con stile nel bel mezzo dei combattimenti grazie ad un apposito attacco che si rende disponibile, previa pressione di uno dei dorsali del pad, alla fine di una combo di almeno quattro colpi. L’attacco auto non solo è bello da vedere ed appagante da eseguire, ma è anche un’ulteriore aggiunta al tecnicismo dei combattimenti che va a rinforzare la sequela di combo che si possono imparare ed eseguire con un ultimo devastante colpo. Come nei grandi classici dell’action corpo a corpo, imparare a gestire questo attacco (come il più prevedibile “attacco speciale”, personale per ogni Autobot) nel corso degli scontri farà, sulla lunga, una bella differenza, permettendovi di sconfiggere alcuni nemici senza praticamente essere toccati. In questo ben di dio, a ben vedere, l’unica stonatura ci è sembrata quella del sistema di fuoco, ovviamente presente nel gioco per mezzo di una numerosa serie di bocche di fuoco. Orbene, seppur ci sembri logico che in un gioco dedicato ai Transformers ci siano pistolettate a go go, quel che non ci ha convinto è il sistema di puntamento e la sua legnosità che spesso si dimostra incapace di arginare il fuoco nemico e, specialmente, quello che proviene da piattaforme sopraelevate o da nemici volanti. Quasi a volerci indicare che è lo stesso team ad aver capito il problema, molte delle sezioni con scontri a fuoco contengono delle apposite coperture piazzate, guardacaso, in favore degli scontri ma la lentezza e l’inefficacia del lock-on semi manuale, uniti ad una telecamera che è palesemente studiata per l’azione forsennata, non rendono giustizia alle sparatorie. Un graffio… forse di poco conto, ma che non evita di macchiare la carrozzeria.

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Non così banale…

Analizzando il resto del titolo, quel che salta all’occhio è forse la sua brevità rispetto a quella che è la media dei titoli action. Il gioco fila via in 10 ore circa, 12 se proprio penerete in certi scontri, ma come nella tradizione Platinum è letteralmente infarcito di cose da fare. Non parliamo di alcuna complessità, ma di un nugolo di missioni aggiuntive atte ad ottenere miglioramenti, potenziamenti ed armi. Per completare il tutto (senza contare il dover cercarsi le missioni segrete), Devastation potrebbe impegnarvi anche per 20 ore di fila, tutte basate sulla vostra fascinazione per il completismo s’intende. Il gioco comunque, si prende anche la briga di cesellare a dovere il sistema di combattimento dei nostri robot, ma qual cosa comporterà spesso numerosi minuti in giro per i menù. Nel corso dei vari livelli è infatti possibile reperire diverse armi, sia a distanza che corpo a corpo. Ogni autobot, come ogni arma, ha le sue statistiche ed esse possono essere migliorate tanto con la pratica, quanto con l’utilizzo della moneta in game che potrà essere investita nella nostra base orbitante, l’Ark. L’Ark, oltre ad essere un hub in stile tremendamente anni ’80 (un tuffo nei ricordi gente), è dunque anche il luogo in cui modificare, migliorare o equipaggiare le armi, per un massimo di quattro per personaggio (tre a distanza, una corpo a corpo). Reperire un ingresso all’Ark (generalmente ce n’è sempre almeno uno per livello) ci permette inoltre di cambiare il nostro autobot cosicché, se all’inizio del gioco se ne controlleranno solo tre in modalità prestabilita, pian piano Devastation ci lascerà fare le nostre scelte e il nostro gioco.

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Il potenziamento delle armi, ma soprattutto quello degli autobot (provvisti di numerose statistiche in stile GDR) sono a dir poco fondamentali ai fini del completamento dell’avventura, poiché il semplice reperimento di armi nuove non sempre ci permetterà di fronteggiare indenni i pericoli. Al contrario una buona gestione di personaggi e inventario si rivelerà vitale, costringendosi a smanettare per i menù del gioco che permettono, tra le varie, anche di vendere o fondere tra di loro le armi che non ci occorrono. La cosa è molto gradita e dona al gioco quel tocco in più di tecnicismo e profondità che farà certamente la gioia del giocatore più smaliziato. Invero l’unica cosa che ci ha turbato di questa faccenda sono stati proprio i menù che per il loro stile retrò non sono sempre chiarissimi come uno vorrebbe, specialmente quando dopo una lunga serie di missioni, si è reperito un armamentario da santabarbara e si vorrebbe fare un minimo di ordine. Si tratta, anche stavolta, del proverbiale pelo nell’uovo, figlio di una precisa direzione artistica, ma a lungo andare il fastidio visivo si farà sentire non poco.

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Non si batte il classico!

E visto che si parla di direzione artistica, dobbiamo sinceramente complimentarci con Platinum per la scelta, non banale, di utilizzare una grafica in cel shading per riportare in vita i robot della serie classica. La non banalità non tanto nel tipo di animazione, ma ovviamente nel voler proporre proprio i robot che, ormai scalzati da anni di film e serie animate in computer grafica, sono palesemente appannaggio dei ricordi solo di una certa fetta di nerd: quelli stagionati. Non sappiamo se questo avrà un impatto sulla vendita (che poi diciamolo: il gioco viene dato via per circa 40 euro che di questi tempi non è male) ma onestamente ce ne frega, perché giocare ad un gioco decente con i robottini della nostra infanzia è un qualcosa che supera il concetto di “masturbazione”. Paroloni? Sensazioni eccessive? Non per chi, come me, è cresciuto con quelle serie e quei personaggi e sperava fortissimo di aggiungerne uno alla propria collezione. Inoltre, ma questa magari è una chicca per pochi, alcuni dei doppiatori originali della serie, tra cui Peter Cullen (Optimus) hanno preso parte al progetto rendendo il tutto ancora più amarcord. Insomma le voci, così come la qualità del cel shading, lo stile e finanche le animazioni, ovviamente sempre in gran lustro come in ogni produzione Platinum Games, rendono Devastation il gioco dei Transformers quasi perfetto nonché una coloratissima gioia per gli occhi e questo, ovviamente, è bene.

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Bello è bello, ma…

Perché allora Transfomers manca l’obiettivo di eccellenza? Semplicemente perché dietro ad una bellissima baracconata ci sono comunque due o tre magagne. Al di là dei discorsi toccati da alcuni sulla brevità del tutto (roba che, come detto, lascia un po’ il tempo che trova), a non averci convinto è parte dell’impianto esplorativo. Su tutto gli ambienti, per quanto talvolta ben costruiti, sono fondamentalmente vuoti e privi di mordente. Sì, ci sono molti collezionabili e tanti elementi che possono essere distrutti, ma in fin dei conti si tratta di una sequenza di corridoi con pochi momenti illuminati e tanta banalità. Il gioco sfrutta anche decisamente poco le velleità automobislistiche che sono l’animo del brand e benché le auto, come detto, sono parte integrante degli scontri (e non senza un minimo di ebrezza) le sezioni guidate sono noiose e mortalmente brutte e si limitano, in ogni caso, a roba davvero poco impegnativa, messa lì quasi perché “si doveva” piuttosto del perché “si poteva”. Anche l’impianto esplorativo non è proprio al massimo, cercando all’inizio di offrirci quasi un ambiente free roaming che però con l’incedere va a stringersi in situazioni sempre più “piccole” e meno esplorative. I collezionabili e le circa 50 missioni segrete non vi faranno comunque perdere il vezzo esplorativo, tuttavia è un peccato che un’idea così buona (per altro già esplorata dal brand) non abbia trovato una consacrazione o, almeno, una configurazione tale da poter dare al tutto quella marcia in più. È come se l’esplorazione restasse sempre sul “vorrei ma non posso” il che un po’ spiace e, in certi frangenti, quasi demotiva a girare l’angolo alla ricerca di chissà cosa.