Prendete una delle migliori penne dell’ultimo quindicennio (Paola Barbato) e una delle matite più squisitamente gotiche del fumetto italiano(Corrado Roi), mescolate il tutto, cuocetelo a fuoco lento e il capolavoro è servito. Stiamo, naturalmente, parlando di Ut, mini-serie evento del 2016 della scuderia Bonelli che, per la prima volta nella lunga storia della casa editrice, sarà distribuita in contemporanea nelle edicole e nelle fumetterie con tanto di sfiziosa variant, realizzata ogni mese da un artista diverso. Magari ai meno attempati sembrerà la cosa più ovvia del mondo, l’ultima delle banalità, ma sappiate che per l’azienda di Via Buonarroti è un evento storico. Infatti, da quelle parti non hanno mai visto di buon occhio i negozi specializzati nello smerciare la nona arte, soprattutto secondo il parere del grandissimo Sergio Bonelli, convinto delle necessità di privilegiare le edicole come principale canale di distribuzione. Oggi, i tempi sono cambiati e l’approdo in fumetteria è un appuntamento che nessuno può permettersi di saltare.

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La storia ha come protagonista Ut, un bizzarro personaggio che porta una maschera ancora più strana e ha come animaletto da compagnia uno dei pochi gatti rimasti sulla terra. La civiltà umana è scomparsa e il mondo è popolato da nuove specie che, apparte una vaga somiglianza con l’uomo, hanno poco in comune con gli antichi predecessori. Sono dominati solo dai loro bisogni primordiali e vivono in una realtà  dove è quasi impossibile tracciare il confine che separa il sogno dall’incubo.

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Il primo scoglio che si affronta in questo albo è quello, tanto caro al lettore stakanovista, dell’inquadratura dei generi. Ma Ut sembra sgusciare fuori da ogni tentativo di “inscatolamento”, quasi come se avesse una vita propria e facesse parte di una categoria di cui è l’unico rappresentante. Nella mente di chi legge, passa indenne tutte le possibili classificazioni che tentano di normalizzarlo. Non è un post apocalittico, perché vige ancora il concetto di “società”, non è uno steampunk perché la tecnologia è assente e, infine, non è neanche un fantasy per la totale mancanza di elementi fantastici. Anzi, si può dire senza problemi che trasuda perfino troppo di realtà, nonostante sia un opera di fantasia, e rappresenta l’umanità, sebbene il genere umano si sia estinto. L’unica indicazione che potrebbe risolvere questo dilemma viene dalle ultime pagine della storia stessa, ovvero che si tratti di una fiaba moderna, piena di significati, di messaggi e di riferimenti(nel primo numero, ad esempio, emerge “Il Gabinetto del Dottor Caligari” di Wiene). Una favola onirica prodotta dalla mente visionaria di Corrado Roi, un delirio notturno che a tratti sembra macchiarsi di horror e angoscia, mentre in altri momenti dà la sensazione di avvicinarsi più ad una commedia dark condita da forti dosi di humor nero. Qui il disegnatore lombardo si presenta a noi in una veste sorprendente, realizzando tavole con una cura grafica straordinaria. Il suo è un tratto famoso per la potenza visiva, per essere allo stesso tempo chiaro e allucinato, carico di dettagli e semplice.

Chi lo ha conosciuto prima di Ut, leggendo questo suo ultimo lavoro, potrebbe avvertire un insolito deja vu al contrario, la consapevolezza di aver già ammirato questo stile insieme al sospetto di non averlo mai visto. Perché questo è Roi, esplicitamente Roi, eppure ha qualcosa di diverso, di nuovo. Sembra di assistere quasi alla sublimazione della sua arte, una forma che arriva vicinissima ad un’ ipotetica perfezione del suo modo di disegnare. Probabilmente, essere parte attiva del testo in qualità di soggettista ha giovato al suo talento dandogli una libertà impensabile e una maggiore capacità realizzativa. Ovviamente, per raggiungere questo risultato c’era bisogno di un grande filtro in grado di portare ordine e di orchestrare il materiale. La Barbato si è prodigata di trasformare l’idea di Roi in una sceneggiatura che potesse lasciare intatta l’autonomia artistica e dare una struttura completa all’opera. Ecco, è proprio qui, in questo straordinario sodalizio creativo, che possiamo trovare la chiave di lettura di Ut. E non c’è niente da fare: di fronte ad una tale sinergia le chiacchiere stanno a zero.

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L’unica pecca di questo primo numero è una trama poco fluida, che impedisce  di mettere a fuoco la vicenda e di individuarne gli elementi centrali. In fin dei conti, si tratta di una conseguenza preventivabile se consideriamo che stiamo parlando di una miniserie la cui storia sarà approfondita in seguito. La sensazione, comunque, è che Ut ci riserverà tante soddisfazioni e che si candiderà per essere una delle novità fumettistiche dell’anno, anche perché potrebbe costituire un unicum per quanto riguarda il panorama nazionale. Di prodotti del genere, così finemente ben fatti, così splendidi e così elaborati, non se ne vedono tutti i giorni. E aspettiamo con ansia il prossimo albo.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!