Durante la tua lunga carriera hai scritto di tutto, dalle Tartarughe Ninja, ai fumetti Marvel, di fantascienza, horror… C’è un genere del quale ti piace più scrivere?

Allora a me piace scrivere in generale, però mi sto trovando molto bene con il fantasy, che in realtà è il primo genere che ho affrontato da ragazzo quando ho iniziato a muovere i primi passi e poi sicuramente la fantascienza: scrivere per tanti anni Nathan Never, o sei appassionato di fantascienza oppure non ce la fai. Fantasy e fantascienza sono i due generi prediletti.

Hai anche un personaggio preferito o uno che ti è rimasto particolarmente nel cuore?

Mi è rimasto nel cuore Nathan Never, ovviamente, anche perché ho avuto la possibilità di agire proprio sul personaggio anche a livello di trame importanti, di cose mie, perché ho messo in Nathan Never tantissimo di mio. Poi mi ricordo con particolare passione e amore il periodo di Spider-Man con “Il Giornalino”, devo dire che in quelle brevi storie di otto pagine dell’Uomo Ragno mi piaceva tantissimo e mi è rimasto nel cuore.

Parlando di Spider-man volevo arrivare al mondo dei cinecomics. Ad esempio, si è fatto tanto clamore sull’apparizione di Spider-Man nell’ultimo trailer di “Civil War”, e volevo sapere in generale una tuo opinione sui cinecomics: se ti piacciono innanzitutto, se pensi che ce ne siano troppi, se pensi che magari ci sia qualche aspetto del fumetto su cui puntare per trasportarlo nel mondo cinematografico.

Diciamo che non li seguo tutti, proprio perché ce ne sono tanti faccio le mie scelte. Mi sono piaciuti molto gli Avengers per esempio, Capitan America che è il mio personaggio Marvel preferito, e quindi adesso seguirò Civil War. Sto aspettando Dr. Strange che è un altro dei personaggi che leggevo più volentieri da ragazzino. Mah, ce ne sono tanti sì. In realtà si stanno muovendo su un mercato che è solamente loro e quindi alla fine tra loro e DC si stanno domando; e mi sembra che si stiano muovendo bene perché stanno puntando sul fattore emotivo e non solo sulle botte da orbi e di effetti speciali, un fattore emotivo gestito bene dagli sceneggiatori e secondo me è la strada giusta.

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Vista la tua esperienza, cosa ne pensi del mondo del mondo del webcomics? Dove molti artisti si stanno auto-lanciando immettendo le proprie storie su internet, facendo brevi video su youtube ad esempio. Questo nuovo modo di conciliare il mercato del fumetto lo vedi con positività? Pensi che sia una nuova direzione da cui anche il vecchio mercato può trarre ispirazione?

Per me il fumetto è un’arte narrativa e quindi a me del fumetto interessa il disegno o la storia in sinergia di conseguenza è un prodotto che va letto, secondo me, piuttosto che guardato attraverso un video. Però credo che sui webcomics siamo solo agli inizi, ci sarà un momento in cui tutto arriverà sul mercato, poi ci sarà una scelta in cui alcuni verranno lasciati perdere e poi piano piano facendo esperienza, perché quelli che li realizzano hanno bisogno di fare esperienza, cominceranno ad arrivare le idee.

Parliamo di Drago Nero. So che hai scritto un romanzo ispirato alla serie a fumetti: quanto è diverso lavorare ad un romanzo scritto piuttosto che su un fumetto?

È completamento diverso, perché con la sceneggiatura, nel fumetto, tu lavori per il disegnatore e devi emozionare il disegnatore che poi attraverso il suo disegno emozionerà il lettore. Col romanzo hai un rapporto diretto con il lettore, hai solo le parole, la prosa, per coinvolgere il lettore. Hai un lavoro molto più intimo, solitario, non devi avere sinergie con nessuno, ti rivolgi direttamente al tuo pubblico, e non tutti quelli che sanno scrivere un buon fumetto riescono scrivere un buon libro e viceversa, perché la prosa richiede proprio un approccio completamente diverso al lavoro. Io ho ci provato, Enoch anche, ed è andata bene, i romanzi sono andati bene, i lettori sono rimasti contenti e adesso vediamo di andare avanti. Sembrano collegati, sono sempre arte di scrittura, ma in realtà sono diversi.

Ricollegandoci alla risposta precedente: quanta libertà lasci al disegnatore, gli dai una schematizzazione ben precisa o lo lasci andare al suo estro?

Dipende dal disegnatore. Se sono disegnatori che stanno muovendo i primi passi a livello professionale, devi guidarli in tutto e per tutto, suggerendo inquadrature, ecc… Con il disegnatore, invece, navigato è meglio fare il contrario: lo conosci, ti affidi a lui e magari gli fai delle sceneggiatura più blande. L’unica cosa che non deve mai mancare in entrambi gli approcci lavorativi è il fattore emotivo: il disegnatore va comunque coinvolto emotivamente e quindi quando descrivi una scena in sceneggiatura devi essere sempre chiaro sull’emozione che il personaggio deve trasmettere in quel preciso momento, se sbagli lì è finita. Perché il fumetto narrato e scritto nella sinergia tra la sceneggiatura e il disegno vince quando tu acchiappi il lettore nel rapporto emotivo fra i personaggi, altrimenti puoi raccontare tutte le idee più nuove, le storie più incredibili, ma se sbagli nel fattore emotivo non vai da nessuno parte. Hai fallito nel tuo mestiere.

Tornando ai romanzi, c’è qualche altra opera che ti piacerebbe scrivere? Magari proprio Life Zero visto che stai collaborando con Checchetto…

Con Life c’era un iniziale approccio partito quasi come racconto, ma se dovessi affrontarlo a livello di romanzo, probabilmente scriverei il prequel della storia e ho già qualche idea. Su altro in realtà no, nel senso che andrò avanti con Drago Nero, ma le mie idee di possibili libri per il futuro sono veramente fuori dal discorso fantascienza, fantasy, ho delle idee di romanzi, di racconti, anche di vita di tutti i giorni, di cose mie…

Anche autobiografici?

No perché come tutti i bravi scrittori di intrattenimento seriale il discorso autobiografico te lo ritrovi, ma non è la base del tuo racconto. Noi raccontiamo di personaggi, di avventure, di eroi, e lì di autobiografico c’è poco, magari c’è la tua sensibilità nel raccontare una cosa in modo diverso rispetto agli altri. Nei personaggi ritrovi qualcosa di tuo perché quello accade sempre, però molto meno che non scrivere romanzi di un certo impegno dove di solito l’autore mette tanto di suo, anche del vissuto.

Tornando alla tua collaborazione con Checchetto, avete lavorato insieme a Spider Man e, visto che è una serie uscita anche in America, volevamo sapere se ci fossero delle differenze tra la stesura della sceneggiatura per il mercato italiano, quello europeo e americano?

In realtà no, perché scrivevo le sceneggiature che poi venivano controllate dalla Marvel, la quale poi dava l’ok. Io ho scritto come scrivo di solito, non ho cambiato il mio modo di scrivere e non ho mai avuto una nota da parte della Marvel, come a dire che anche per loro una volta che una storia funziona, funziona a prescindere di quale sia il modo in cui è scritta.

Insomma ti hanno lasciato abbastanza libertà…

Mi hanno lasciato libertà totale e io l’ho presa in maniera professionale perché non mi sono allargato più di tanto. Ho lavorato con grande rispetto per il personaggio cercando di dare un mio piccolo contributo e mi hanno lasciato fare.

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Visto che ci stiamo avvicinando alla conclusione di Life Zero, volevamo sapere se ci sarà un dopo, se continuerai a lavorare con Checchetto?

Probabilmente sì, nel senso che con la Panini c’è un approccio di “ragazzi continuate, facciamo ancora qualche cosa”. Io e Marco [Checchetto N.d.R ] una mezza idea ce l’abbiamo, probabilmente non sarà strutturata in tre albi come adesso, probabilmente si farà un albo l’anno per dire, magari più lungo perché tutti e due siamo impegnati e quindi rifare un discorso di centoventi pagine in così breve tempo è abbastanza faticoso. Però la Panini è aperta, è disponibile, anzi al Cartoomics ci hanno chiesto di pensare a qualcosa. Qualche idea ce l’abbiamo e probabilmente qualcosa faremo ancora.