Il ritorno di un mito

 

Ultimamente, per molte icone del passato sembra di vivere la tradizionale notte dei morti viventi: ritornano dalla tomba per (ri)assaggiare i cervelli dei fan.

Metafore zombesche a parte, in un certo verso pare proprio che questo secondo decennio del duemila non sia altro che un remake o un revival degli anni 80/90 (ma non solo), dove opere appartenute ai tempi d’oro fanno la loro ricomparsa sotto vesti a volte completamente rinnovate e a volte assolutamente simili. Certo, in alcuni casi si tratta di occasioni attese e necessarie per concludere narrazioni che si sono dovute interrompere anzitempo, lasciando schiere di fan bramose di averne ancora, come Twin Peaks, di recente tornata a farci compagnia… In altri, di uno spudorato quanto indigesto tentativo di spillare soldi da un progetto morto e sepolto, giocando sul sicuro e riportando in vita una storia che aveva già detto tutto quello che aveva da dire. E, finora, la bilancia pende dalla parte della seconda barricata, di cui si potrebbe tirare fuori una lista infinita di titoli, tra grande e piccolo schermo. Però, anche in questi casi può venire fuori qualcosa di buono. Questo sembra essere il caso della nona stagione di Will e Grace, popolarissima sitcom a cavallo dei due millenni che si guadagna il titolo di resuscitato di lusso dell’autunno 2017.

Per chi non l’avesse mai seguita (ma dubitiamo), la serie parla delle bizzarre vicende, in bilico tra peripezie della vita quotidiana e romanze, tra gli immensi grattacieli di New York, condita di stranezze e bizzarrie, dell’avvocato gay Will Truman che convive insieme alla sua migliore amica, Grace Adler, un’arredatrice d’interni sfortunata in amore, tanto che si dice che abbia il potere di far diventare gli uomini che frequenta omesessuali. I due affrontano gli ostacoli di tutti i giorni spalleggiandosi a vicenda e vivendo situazioni comiche, affiancati dai coprotagonisti: Jack Mcfarland, ragazzo palesemente e ostentatamente gay sempre alla ricerca di un impiego e Karen Walker, alcolizzata e cinica miliardaria dalla battuta pronta e il bicchiere di vodka in mano.

Candidata per ben 83 volte agli Emmy e vincitore di 16, Will e Grace aveva spopolato dal 1998 al 2006 trasformandosi in un cult capace di appassionare milioni di persone. La serie aveva raccontato, con ironia e battute scoppiettanti, non solo la vita degli omosessuali a cavallo tra gli anni 90′ e i primi del duemila, ma soprattutto le disavventure e le follie di un gruppo di amici legati da un fantastico legame e da un’esistenza decisamente allucinante. Terminata con un commovente e toccante finale, svoltosi nell’ultima puntata dell’ottava stagione, la notte sembrava essere definitivamente calata sulla sitcom. Almeno, fino alle elezioni presidenziali del 2016, che hanno visto il cast tornare per una piccola reunion che trattava lo spinoso confronto tra i candidati Hillary Clinton e Donald Trump. Quel piccolo spezzone, della durata di nove minuti, ha avuto una tale risonanza mediatica e social da spingere i creatori, David Kohan e Max Mutchnick, a prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di dare vita a nuove stagioni. Opportunità che la NBC non ha tardato ad approvare, concedendo il proprio benestare al progetto con grande entusiasmo, tanto che le puntate del revival sono state portate quasi subito da 12 a 16. Anzi, sembra anche che, appena poche settimane prima dalla messa in onda dell’episodio, sia già stata messa in cantiere una decima stagione. Quindi, il ritorno dell’allegra combriccola non è occasionale ma una prospettiva a lungo termine che ci accompagnerà per i prossimi anni, salvo sconvolgimenti dell’ultima ora. Ma se l’eco di questa resurrezione ha causato un autentico boom di interessi ed è stato accolto da champagne e fuochi d’artificio, all’atto pratico ci sono tante questioni spinose da risolvere.

Infatti, la serie aveva avuto, ben undici anni fa, un epilogo meraviglioso che non lasciava spazio per eventuali seguiti o possibili nuove storie. Invece, la scelta di ignorare quella magnifica conclusione è avvenuta senza troppi ripensamenti e con una facilità che lascia perplessi, oltre che un po’ arrabbiati. Li avevamo lasciati alle prese con la loro genitorialità, alle responsabilità di adulti, all’amore che finalmente era piovuto a riempire le loro vite, ai figli che poi, in un futuro lontano, li avrebbero fatti ritrovare avverando il loro sogno di riunirsi anche oltre l’amicizia e il passato insieme. Un finale non solo struggente, malinconico e profondo, ma anche perfetto, la giusta fine di un rapporto che ci aveva fatto divertire e piangere. Invece, niente di tutto questo è realmente accaduto. All’inizio della puntata, la cosa viene liquidata in fretta e furia attraverso un paio di sciocche battute che fanno veramente storcere il naso. Infatti, l’unico modo di proiettare la sitcom nel 2017 è stato quello di ignorare e annullare il finale, facendolo letteralmente scomparire in una nuvola di fumo. Il risultato è piuttosto insolito, perché ci troviamo in una trama che apparentemente non compie salti temporali di sorta (per ora solo abbozzati), né i personaggi vengono “rebootati” per calarli nella contemporaneità. I dieci anni tra il finale e questa nuova serie sono passati sul serio, perché diverso è il contesto, ma sembra che niente sia realmente cambiato: Will e Grace sono ancora single e in cerca d’amore, Jack è sempre il loro vicino di casa e Karen la stramba miliardaria che sorseggia drink a raffica nel suo lussuoso palazzo. Eppure, le 11 primavere sono trascorse, si avverte in maniera tangibile, ma i nostri protagonisti non sembrano cambiati di una virgola. Almeno per il momento, dato che, sotto sotto, pare che ci sia qualcosa di diverso, novità silenziose che un occhio attento non fatica ad individuare, aspetti che verranno sicuramente trattati più avanti e che, anzi, è necessario contestualizzare il prima possibile.

Per ora, i personaggi non appaiono per nulla invecchiati e gli attori danno la sensazione di non essere mai usciti dai loro ruoli. Certo, con un bel fermo immagine è possibile notare qualche rughetta in più sullo splendido viso di Debra Messing (Grace) e sul volto di Megan Mullally (Karen), qualche ciocca grigia tra i cappelli di Eric McCormack (Will) e Sean Hayes (Jack), ma nel complesso l’interpretazione e la presenza pare frizzante come quella di un tempo. Però, l’ambientazione e i riferimenti non sono più gli stessi, così come il sottotesto che guida la trama. Fin dal primo episodio, infatti, forse riprendendo l’inclinazione del corto uscito in occasione delle elezioni dello scorso novembre, la tendenza a parlare della contemporaneità politica e sociale pare più accentuata che in passato, con i protagonisti che si schierano apertamente e affrontano le conseguenze del loro presente, spesso scendendo a patti con le proprie convinzioni. È probabilmente in questo ambito che il revival di Will e Grace potrà giocare le sue carte migliori: la caratteristica di serie irriverente e controcorrente calata nel contesto dell’America divisa e in subbuglio post elezione. Anche perché, come saputo dalle prime battute, Karen e Stan conoscono direttamente, da bravi miliardari newyorkesi, il presidente e la sua consorte. Di sicuro, le battute sulla coppia presidenziale saranno un abitudine dello show, oltre che temi più calati nei tempi moderni (già si vedono all’orizzonte app e smartphone) e nel concitato periodo che gli USA stanno vivendo. Forse è per questo che vale la pena guardare la nona stagione ed è valsa la pena di produrla: la serie, sotto Trump, pare avere ancora moltissimo da dire.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!