“Vai e cafoneggia.”

Ogni tanto ci si pone delle domande nella vita che possono mettere in difficoltà: perché un film che fa piangere viene considerato per forza bello? Perché ci si ostina a fare film sui videogiochi? Chi ha pensato che ci volesse un nuovo xXx? Scherzi a parte, il buon Vin Diesel annunciò già nel lontano 2006 xXx: The Return of Xander Cage, terzo capitolo della saga omonima, indubbiamente una delle peggiori attorno alle quali cercare informazioni su Google, if you know what I mean.

Tra rimaneggiamenti, cambi di regia ed un casting che è passato dal celebre lottatore di MMA Conno McGregor fino ad arrivare alla stella del Barcellona Neymar Jr., D.J. Caruso (nome vero!) porta in scena un film che è esattamente quello che pensate: una splendida cafonata estrema.

La trama del film si basa su una nuova minaccia globale rappresentata da un gruppo di agenti speciali super addestrati che sono riusciti a intrufolarsi in un quartier generale segreto impadronendosi del Vaso di Pandora, una macchina capace di comandare in remoto qualunque satellite in orbita ed usarlo come un’arma, nonché decodificare qualunque codice segreto esistente. La minaccia è concreta e, dopo aver sconfitto alcuni tra i migliori agenti segreti in vita, l’unica speranza per il mondo è una delle persone più spericolate del pianeta, Xander Cage (Vin Diesel), finora fintosi morto ma costretto a tornare per salvare il mondo e vendicare la morte di uno dei suoi amici più cari.

Un inizio tutto sommato in linea con il manuale dell’action movie e che sostanzialmente fa prevedere tutto l’andamento del film, pur con alcuni interessanti plot twist ed un incipit che fa comprendere appieno lo spirito del film il quale, va detto, non si prende mai sul serio permettendo quindi alla pellicola di essere molto più digeribile del normale.

Sì, perché uno dei più grandi difetti dei film d’azione più recenti è proprio quello di cercare di essere il più verosimili possibile, cercando di aderire ad un concetto di realtà che, spesso e volentieri, porta anche a scivoloni imbarazzanti. xXx, d’altro canto, non lesina in scene spettacolari fatte di musica elettronica pompatissima, un numero di modelle da far impallidire Victoria’s Secret, esplosioni, scontri a fuoco e chi più ne ha più ne metta, sempre pronto a esagerare e aumentare la dose fino alla fine, con un’evidente voglia di forzare qualunque cliché nel modo più esagerato possibile

Il film si piega dunque all’unica regola disponibile, ovvero niente regole, riducendosi ad inanellare scene molto basilari e battute a metà tra il forzato e il banale, tranquillamente assimilabili al repertorio di un Mercenari qualunque. Resta inoltre lodevole l’assortimento del cast, decisamente ben affiatato e omogeneo, con quel pizzico di caratterizzazione che serve per rendere i personaggi interessanti per tutto il film e poi dimenticarsene in scioltezza senza lasciare traumi cerebrali.

Ad ogni modo, la pellicola scorre facilmente e con i giusti tempi, senza annoiare, anzi facendo sorridere più di una volta grazie a scene completamente nonsense e battute stereotipate ma anche per una realizzazione tecnica non sempre all’altezza, soprattutto quando la CGI si mette di mezzo trasformando sequenze teoricamente adrenaliniche in un pasticcio più esilarante che altro. Per il resto il lavoro di D.J. Caruso è più che dignitoso, nonostante l’uso smodato di bullet time e velocizzazioni figlie della già citata produzione sotto steroidi.

A chiudere il cerchio, troviamo infine una selezione musicale di classe, dove la potenza dei bassi e i BPM mai al di sotto dei 128 daranno il giusto ritmo a qualunque situazione, dando lustro a un film che, pur nella sua cafonaggine ostentata, fa quello che ben pochi film al giorno d’oggi riescono a fare: essere onesti fino in fondo.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.