“Estremo”

La serie di Yakuza è uno dei prodotti più particolari mai apparsi su PlayStation. Vuoi per il suo prenderci per mano tra le atmosfere del Giappone, che esercitano sempre un fascino particolare tra i nerd, e che non tutti possono permettersi di andare a visitare, vuoi per il suo continuo oscillare tra il serio e il faceto (anzi, l’assurdo) di storyline e missioni secondarie, è un gioco che non può far a meno di attirare l’attenzione. Se ve lo foste persi (il primo episodio è datato 2005, PlayStation 2), Sega sta facendo di tutto per farvi rimediare a questa pecca: dopo la realizzazione del prequel, Yakuza 0, arriva infatti Yakuza Kiwami, remake proprio del primo capitolo, e, notizia dell’ultim’ora, sta arrivando anche la remaster del secondo episodio. Insomma, la saga sta vivendo una sorta di reboot, del quale vi consigliamo caldamente di approfittare, oltre a proseguire con il prossimo sesto capitolo, su cui abbiamo già avuto la fortuna di mettere le mani e raccontarvi poi tutto.

Pur avendo già subito un pallido tentativo di rimasterizzazione, mai arrivato in Europa, Yakuza è stato tirato veramente a lucido da Sega, in tutti i sensi. “Kiwami” sta infatti per “estremo”, e anche se forse proprio così estremo non è, perché il gioco pur essendo invecchiato decisamente bene, è forse quello con meno appeal della saga, si presenta in gran forma e pieno di novità.

Sweet home Kamurocho

La prima e più evidente è per ovvi motivi quella grafica: il gioco è spinto dal motore di Yakuza 0, che pur cominciando a mostrare qualche annetto, regge i 60 fps e, nonostante qualche imperfezione nelle texture, l’impatto visivo è davvero buono. I riflessi delle luci al neon di Kamurocho nelle pozzanghere sono ottimi, ad esempio, e le cutscene sono sempre molto belle da vedere. Spezza un po’ il ritmo uno dei difetti storici della saga, che sembra non esserci verso di eliminare, ovvero la solita indigestione di caricamenti, per fortuna non in-game (tutta Kamurocho è esplorabile liberamente senza l’ombra di un caricamento) ma tra le varie cutscene e, ahinoi, troppo spesso anche all’entrata di un negozio, ad esempio, dove bisogna sorbirsi due caricamenti per mezza riga di dialogo.

Un altro dei cambiamenti evidenti riguarda il gameplay: Kiwami prende in prestito da Yakuza 0 il sistema di combattimenti, con i 4 stili tra cui è possibile “switchare” in ogni momento. La scelta è tra uno rapido e incentrato sul contrattacco, uno più lento mai dai colpi molto potenti, uno più equilibrato ed un ultimo chiamato “Dragon”, il più efficace, ma anche quello con meno colpi disponibili, perlomeno all’inizio.

La premessa di Yakuza Kiwami è infatti che il protagonista del gioco (e della saga), Kazuma Kiryu, ha scontato dieci anni di carcere per un crimine che non ha commesso. Un periodo di detenzione così lungo lo ha ovviamente indebolito nel suo stile di lotta principale, e lo dovrà recuperare allenandosi. E qui veniamo alla terza novità del gioco: Kiryu non si allenerà in maniera tradizionale, ma insieme ad una vecchia conoscenza, già apparsa in Yakuza 0: Goro Majima.

Il “Mad Dog” di Shimano infatti apparirà in posti casuali all’interno della mappa per sfidarvi, in questa modalità chiamata Majima Everywhere: più volte lo sconfiggerete, più abilità acquisirete. Gli altri stili di combattimento invece sono potenziabili attraverso uno skill tree, anch’esso simile a quello già visto in Yakuza 0. A differenza del prequel però, non avrete bisogno di soldi per aumentare le vostre abilità, ma semplicemente di esperienza. Più combatterete e completerete missioni principali e secondarie, più esperienza raccoglierete e più potrete diventare forti in combattimento, sostanzialmente.

Oh Brother, Where Art Thou?

Al gioco poi sono state aggiunte numerose nuove cutscene, che aiutano a far capire meglio il rapporto tra Kiryu e Nishiki, anche lui già visto nel prequel, che si vede privare del migliore amico e “sworn brother” (fratello di giuramento) e che nei dieci anni in cui Kiryu è stato rinchiuso in gattabuia è profondamente cambiato: Nishiki è adesso uno spietato boss pronto a tutto per scalare le gerarchie, stufo di vivere nell’ombra dell’amico, un aspetto quest’ultimo che era stato trattato con un po’ di superficialità nell’episodio originale, e che con i nuovi filmati presenti in Kiwami ci regala una storia più approfondita e credibile. Ad aggiungere ulteriore pepe ci pensano poi la consueta marea di subquest cui siamo ormai abituati, divertenti e surreali, e i minigiochi: dal ritorno del Pocket Circuit Racing ai Casinò, ai Club Sega, ad un bizzarro quanto divertente gioco di carte con protagoniste femminili… molto formose, mettiamola così, la longevità del gioco è come al solito molto elevata.

A dire il vero qualche difetto dovuto all’età si comincia a vedere, ma stiamo parlando pur sempre di un titolo uscito nel 2005, con tutte le imperfezioni relative all’essere un primo capitolo. Il primo Yakuza è infatti l’episodio dal ritmo forse più compassato, con una sola location esplorabile, Kamurocho, ed un solo personaggio giocabile, Kazuma Kiryu, e la sensazione di essere un titolo un po’ acerbo certe volte è comprensibile. Ma il trattamento che Sega ha riservato alla sua creatura è veramente encomiabile: è Yakuza in tutto e per tutto, arricchito di tante novità, sia a livello di gameplay che di storia, storia che è una delle più profonde e coinvolgenti mai apparse su console Sony e non. Lasciarselo sfuggire, soprattutto se non lo si è giocato in passato, sarebbe veramente un crimine. E voi ci tenete ai vostri mignoli, vero?

Verdetto:

Sega tratta con amore e rispetto la sua creatura, le confeziona un abito nuovo e le dona nuovi accessori che la valorizzino ulteriormente. Yakuza Kiwami è un lavoro riuscitissimo, che arricchisce l’esperienza di gioco del primo capitolo di una delle saghe più belle degli ultimi anni che, sebbene cominci a manifestare qualche segno fisiologico del tempo che passa, resta un titolo godibilissimo, profondo, divertente e pieno di cose da fare. Se non avete mai giocato Yakuza, recuperate il prequel, giocate Kiwami e attendete con fiducia Kiwami 2. Se lo avete già giocato… beh, uguale. È un giocone, e vale i vostri soldi, fidatevi.

Gabriele Atero Di Biase
Diplomato al liceo classico e all'istituto alberghiero, giusto per non farsi mancare niente, Gabriele gioca ai videogiochi da quando Pac-Man era ancora single, e inizia a scriverne poco dopo. Si muove perfettamente a suo agio, nonostante l'imponente mole, anche in campi come serie TV, cinema, libri e musica, e collabora con importanti siti del settore. Mangia schifezze che lo fanno ingrassare, odia il caldo, ama girare per centri commerciali, secondo alcuni è in realtà il mostro di Stranger Things. Lui non conferma né smentisce. Ha un'inspiegabile simpatia per la Sampdoria.