Vendicatori del futuro e Avengers della preistoria

Eredità. Un concetto difficile, vasto e spesso vago che è entrato prepotentemente nel dibattito contemporaneo. Cosa lasceremo in eredità a chi verrà dopo? Qual è stato il retaggio che quelli venuti prima di noi ci hanno trasmesso? Un legame che unisce le generazioni e a volte le separa, che non poteva evitare di toccare anche il fumetto. Del resto, molti personaggi storici della nona arte, da un capo all’altro del mondo, hanno dovuto guardare negli occhi il proprio passato per poter affrontare meglio il futuro. È successo dalle nostre parti, è accaduto in Giappone e da qualche tempo questo argomento ha toccato anche i comics d’oltreoceano. Entrambe le grandi Major degli uomini in calzamaglia, come conseguenza della crisi e, dall’altra parte, dell’aumento di popolarità delle loro icone, hanno dovuto fare i conti col concetto di eredità. Tematica, questa, di cui vi avevamo approfondimento parlato in un corposo speciale non molto tempo fa e di cui avevamo tirato le dovute conclusioni. Ma se per la DC (almeno sulla carta) questo passaggio è stato portato a termine col miracoloso Rebirth, la Marvel ha latitato e ha mostrato in diverse occasioni di aver smarrito la bussola. Bussola  che adesso spera di ritrovare col Fresh Start, di cui il nuovo corso di Jason Aaron sulla serie degli Avengers è il simbolo. Nuovo corso che è finalmente cominciato anche in Italia con l’attesissimo numero uno, portato in anteprima al Lucca Comics and Games 2018 pochi giorni prima dello sbarco in edicola.

Un milione di anni fa. Sulla Terra, un gruppo di super esseri tra loro agli antipodi si è casualmente riunito per rispondere ad una minaccia che, da soli, non avrebbero mai potuto fronteggiare. Sono Odino, il padre di tutti di Asgard, Lady Fenice, lo Stregone Supremo Agamotto, la prima Pantera Nera, il primo Starbrand, il primo Ghost Rider e la prima Iron Fist. Questi guerrieri non hanno niente in comune, eppure si sono alleati per proteggere Midgard dalla distruzione. Sono gli “Avengers della Preistoria”. Nel presente, la situazione è molto diversa. Dopo l’avvento dell’Hydra e gli eventi che hanno sconvolto la comunità degli eroi, i Vendicatori hanno perso importanza e faticano a ricompattarsi. Gli stessi fondatori, la “trinità” composta da Steve Rogers, Tony Stark e Thor, sono allo sbando, incapaci di ripartire dopo quello che è successo. Ma un nuovo pericolo, proveniente proprio dal passato remoto, li porterà ad un unire ancora una volta le forze per proteggere la Terra.

C’era in origine il Marvel Now! (2012) e i successivi eventi All-New Marvel NOW!(2013) e Avengers NOW! (2014), poi All New-All Different Marvel (2015), Marvel NOW! 2.0 (2016), finché non siamo arrivati al ritorno alla origini propugnato dal Legacy (2017) e adesso la ripartenza “light” del Fresh Start. 7 rilanci o presunti tali in appena 5 anni, con l’obiettivo, tanto per cambiare, di dare vita ad un forte rinnovamento, necessario per incrociare i gusti mutati del pubblico odierno, cercando però di non tradire l’appetito dei fan di lungo corso. Un compito mica da ridere, quasi un ossimoro, reso ancora più complicato dalla pressione a cui è stato sottoposto negli ultimi anni l’Universo Marvel. Il boom mediatico (ed economico) del MCU di Kevin Feige ha portato gli eroi della Casa delle Idee alle luci della ribalta, col risultato che si è cercato di convogliare parte del successo proveniente dal cinema alla carta, provando ad avvicinare le due realtà. Ecco dunque personaggi dell’una comparire anche nell’altra e iconiche figure della seconda cambiare aspetto per assomigliare a quelle della prima. Poi, una svolta ancora più epocale: far evolvere i personaggi per avvicinarli ulteriormente alla modernità, una modernità che oggi vive di multiculturalismo, globalizzazione ed è più aperta alle questioni di genere. Decisione apprezzabile sotto molto punti di vista, ma gestita male, tant’è che tempo pochi anni ed ecco la nave Marvel tirare i remi in barca e veleggiare verso i ben consolidati porti sicuri ritrattando buona parte di quanto seminato. Il senso di queste operazioni, forse, sta tutto qui: idee valide sfruttate alla peggio, troppo lontane dalla tradizione e dunque di conseguenza abiurate al primo calo delle vendite. Accantonati i fuochi d’artificio delle varie iniziative recenti, il Legacy e l’attuale Fresh Start si sono presentate agli occhi dei lettori con l’intenzione di correggere la rotta prima che sia troppo tardi. Ma con una differenza sostanziale: questi ultimi eventi sono strettamente collegati e si inseriscono in un quadro più ampio che guarda al futuro senza dimenticare le radici. Non a caso, a salvare la baracca è stato chiamato Jason Aaron, che della sacra arte di conciliare passato e avvenire è un maestro, come abbiamo visto su Thor, su Star Wars e sull’acclamato ciclo di Wolwerine e gli X-Men.

È ovvio quindi che questa visione (incarnata dal neo Editor-in-Chief C.B. Cebulski), più sfumata e conciliativa, trovi il suo ideale punto di partenza nella fresca fresca gestione degli Avengers, testata che indica meglio di altre qual è “polso” della situazione. Dopo il deludente mega-evento Secret Empire (ispirato all’originale degli anni ’70) e la parentesi del No Surrender che si è limitata di fatto a preparare il terreno, ecco finalmente arrivare Jason Aaron alla guida degli Avengers, un Aaron che non aspettava altro che lo spazio perfetto per dare sfoggio della sua versione personalissima “originale” degli Avengers, quella del 1.000.000 A.C e che ci aveva presentato pochi mesi fa nello speciale Marvel: Legacy. Lo spunto, fin dalle prime pagine dell’albo, è sintomatico di quello che deve essere il domani: il “passato“, incarnato dai Vendicatori paleolitici, che duetta a distanza col “presente” degli attuali eroi alla deriva. Meccanismo, questo del ponte tra le epoche, che lo sceneggiatore ha usato e continua splendidamente ad usare su Thor e che qui viene ampliato fino a coinvolgere l’Universo Marvel nella sua interezza. Un meccanismo che muove da una certa semplicità di fondo (non banalità) e che ha un sapore, per certi versi, tranquillizzante nonostante sia solo l’inizio di una saga che avremo modo di apprezzare meglio nei prossimi mesi. Del resto, Aaron è questo: uno che muove da spunti semplici e li sfrutta bene, non orchestra sceneggiature arzigogolate ma parte da idee chiare rendendole subito efficaci grazie alla sua spontanea tendenza alla scrittura drammatica (ed epica). Inoltre, la sua sapiente penna si innesta sempre con facilità nella complessa mitologia dei personaggi con una lunga militanza alle spalle (come quelli Marvel) e aggiunge dove serve, senza stravolgere o cercare la soluzione spettacolare ad ogni costo. Di fatto, le scelte fatte dall’autore dell’Alabama sembrano le più naturali e conseguenziali possibili, tant’è che viene quasi da chiedersi per quale motivo nessuno ci avesse mai pensato prima. Questa sua bravura, mostrata a più riprese in questo numero 1, lo inserisce a metà tra il religioso tradizionalista (vedi il ritorno dei Celestiali del Re Kirby) e il dinamico rottamatore (guardare alla voce “superbowl” di Cap), tra la conservazione del passato e l’insopprimibile bisogno di una rivoluzione. Una qualità che, in un frangente tanto delicato per la Casa delle Idee, lo incorona non solo come uomo giusto al posto giusto, bensì anche come l’uomo giusto al momento giusto. Tuttavia, questo non stupisce più di tanto. Lo stiamo vedendo su Thor, l’abbiamo visto su Star Wars, lo vedremo su Conan: ormai Aaron è una certezza.

E per questo, alla fine, non possiamo che lasciarci andare ad un cauto ottimismo, nonostante qualche sbavatura. Ad esempio, un McGuiness non sempre perfetto ma incisivo quando serve, supportato molto dai colori di David Curiel e dalle chine di Mark Morales che lo aiutano a colmare le sue lacune, alcune dovute soprattutto alla sua (ben) nota lentezza. Non a caso, nei prossimi numeri sarà accompagnato da altri artisti che andranno a porre delle pezze là dove necessario. Ma purtroppo impicci simili non sono rari alla Marvel e ormai ci abbiamo fatto l’abitudine. Tuttavia, questo non cambia la sensazione: Jason Aaron può riuscire nel miracolo di coniugare la tradizione con l’innovazione. Ha 18 albi per dimostrarlo e vogliamo dargli tutta la nostra fiducia.

Verdetto

Il primo numero degli Avengers di Jason Aaron e Ed McGuiness arriva in Italia pronto a realizzare la missione affidatagli da C.B. Cebulski: trovare l’ideale punto d’incontro tra passato e futuro. Se Aaron è l’uomo giusto al momento giusto e lo dimostra già dalle prime battute, McGuiness fatica un po’ di più, ma dopo le ultime uscite non esaltanti degli Avengers ci sentiamo di mantenere un discreto ottimismo sulle potenzialità di questa serie.

Stay Nerd consiglia…

Visto che abbiamo parlato così bene di Aaron, il consiglio è quello di recuperare la interamente sua run su Thor, di cui recentemente sono stati raccolti in volume i primi episodi. Altrimenti, se volete farvi un’idea di cosa sta succedendo nell’Universo Marvel, Secret Empire è quello che fa per voi.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!